Dove sei? è un libro di Levy Marc, pubblicato in Italia nel 2002, traduzione di Benedetta Pagni Frette, Una grande storia d’amore tra New York e l’Honduras, che ci porta, con i suoi protagonisti, alla scoperta e alla realizzazione di sé.
“Lui sognava un amore ideale … lei, più semplicemente, lo amava”.
Adolescenti, Susan e Philip rappresentano tutto l’uno per l’altra. Promettono di amarsi per sempre. Lei a vent’anni decide di entrare nei Corpi di Pace e di partire per l’Honduras. Da quel momento in poi i loro contatti saranno prevalentemente epistolari e una volta l’anno si incontreranno all’aeroporto di New York per fare il punto della loro vita. Lui continua gli studi per diventare designer. Due vite, aspettative, sogni completamente diversi. L’infanzia di Susan è segnata da una tragedia che la lascerà orfana. Durante gli anni si allontaneranno fisicamente sempre di più, ma li legherà sempre la promessa che si sono fatti. Philip un giorno decide che aspettare non ha più senso e incontra Mary. Lei sa di Susan, e nonostante la sua presenza continua nella testa e nel cuore di Philip, decide di accettare la sua proposta e sposarlo. Dal loro amore nasce Thomas. Tutto sembra andare per il verso giusto finché un giorno suonano alla porta e la famiglia si trova davanti la piccola Lisa, la figlia di Susan, con una lettera.
“Partire non significa per forza abbandonare, è anche un modo per conservare quello che si è vissuto, se si sa andare via prima che sia troppo tardi.”
Un testo particolare, il racconto si svolge in forma epistolare, una storia d’amore non convenzionale che si scontra con la lontananza, con le attese e le diverse crescite personali. L’ho trovato poco scorrevole ed ho fatto fatica ad arrivare alla metà del libro, poi decisamente il ritmo migliora, fino ad arrivare al dolce finale. La storia è piena di cliché e come al solito Levy racconta storie che rasentano il surreale. Però nonostante il tanto tempo trascorso dalla sua lettura lo ricordo con tenerezza e alla fine sono contenta di averlo letto.
«Susan, quanto tempo resterai li?»
«Adesso devo andare, stanno imbarcando. Tu resti qui?»
Philip si alzò senza rispondere lasciando un dollaro sul tavolino. Riprendendo il corridoio, Susan appoggiò il viso all’oblò della porta e guardò le sedie vuote dove erano stati seduti. In un’ultima lotta contro l’emozione del momento, cominciò a parlare più velocemente che poté.
«Fra due anni, quando tornerò, mi aspetterai qui, verremo di nascosto. Ti racconterò tutto quello che ho fatto e anche tu mi racconterai quello che hai fatto, ci siederemo a questa stessa tavola, perché sarà nostra; e se io sarò diventata una Florence Nightingale dei tempi moderni e tu un famoso pittore, un giorno vi incolleranno una targhetta di rame con i nostri nomi.»…
Lui la prese tra le braccia e sussurrò: «Prenditi cura di te». Lei gli appoggiò la testa contro il petto per rubargli ancora un po’ del suo odore e lasciargli un po’ del suo. Porse il biglietto alla hostess, lo baciò un’ultima volta, inspirò a pieni polmoni, gonfiando le guance per lasciargli come ultima immagine quella di un pagliaccio. Scese i gradini che portavano alla pista, corse lungo il percorso delimitato dagli agenti a terra, salì la scaletta e s’infilò nell’apparecchio…
Philip rimase un attimo con gli occhi rivolti al cielo, poi volse lo sguardo verso la sedia dove lei era seduta pochi istanti prima. Fu invaso da un profondo senso di solitudine. Si alzò e se ne andò con le mani in tasca.