Il momento di uccidere è il primo romanzo di John Grisham, pubblicato nel 1989. Un legal thriller tipico di questo autore, ambientato nello stato del Mississipi nella Ford County intorno agli anni ottanta. Un caso di omicidio che infiamma gli Stati Uniti, un tribunale che deve decidere la colpevolezza di un uomo nero che ha ucciso due bianchi violenti e razzisti.
Nel 2013 è stato pubblicato il sequel, L’ombra del sicomoro, con protagonista l’avvocato Jake Brigance.
“Tu che cosa faresti, Jake?»
«Sarebbe a dire?»
«Tu hai una bambina. Immagina che sia all’ospedale, stuprata e massacrata. Che cosa faresti?»
Jake guardò attraverso il vetro della porta e non riuscì a rispondere. Carl Lee aspettava.
«Non fare stupidaggini, Carl Lee.»
«Rispondi alla domanda. Che cosa faresti?»
«Non lo so. Non so quello che farei.»
«Sta a sentire. Se fosse la tua bambina e quelli fossero due negri e tu potessi mettergli le mani addosso, che cosa faresti?»
«Li ammazzerei.»”
La trama di «Il momento di uccidere»
Una bambina nera viene violentata e picchiata da due balordi bianchi razzisti che poi tentano di ucciderla. Vengono subito catturati, il padre della bambina, Carl Lee Hailey, per vendetta, ma anche per il timore che una giuria bianca possa scarcerarli, li uccide selvaggiamente davanti a numerosi testimoni all’interno del tribunale. Omicidio o esecuzione? Vendetta o giustizia? Per dieci giorni, in un tribunale del profondo Sud americano, si discute la colpevolezza di un uomo, il colore della pelle è protagonista. Un circo mediatico nazionale scende sulla cittadina di Clanton. Anche gli estremisti, compreso il Ku Klux Klan , invadono la città, determinati a distruggere qualsiasi cosa e chiunque si opponga al loro senso di giustizia. Tutto è nelle mani del delicato lavoro dell’inesperto avvocato Jake Brigance che difenderà il padre assassino. Tutto sembra già scritto.
“Ma aveva importanza, sicuro. Certi possibili giurati erano bianchi, altri erano neri. Dal punto di vista delle percentuali, nella Ford County c’erano più bianchi che nelle altre contee circostanti. Jake preferiva i giurati neri, soprattutto nei processi penali e soprattutto quando era un nero anche l’imputato.”
Recensione
Un bel libro, più legal che thriller, forse non è un capolavoro letterario, ma l’ho trovato intrigante e pone dilemmi etici incorporati in una critica sociale. Il romanzo è raccontato da un narratore onnisciente, si apre con lo stupro della piccola Tonya ed è la parte più cruda ed inquietante, con immagini così forti che sembrano scritte apposta per non portele mai dimenticare durante la lettura. Poi prosegue con l’allestimento del processo, che si svolge nelle ultime 100 pagine ed a questo punto si è totalmente coinvolti conoscendo bene gli avvocati che seguono i casi. Da notare che, oltre la tematica razzista tra bianchi e neri, l’autore ha creato un clima sessista, infatti la maggior parte dei membri della comunità che svolgono un ruolo importante nel romanzo sono maschi, le donne non svolgono ruoli decisionali nel processo, fino all’ingresso di Ellen Roark, una studentessa di legge e attivista contro la pena di morte, che si offre volontaria per la difesa del caso, entra in scena quasi alla fine del romanzo e anche qui resta un personaggio secondario. Forse molte descrizioni dettagliate potevano essere dimezzate, anche se a me piacciono molto, mi fanno immergere nell’atmosfera. Lo consiglio a chi piace il genere.
Incipit di “Il momento di uccidere”
Billy Ray Cobb era il più giovane e il più piccolo dei due teppisti. A ventitré anni ne aveva già passati tre nel penitenziario di Parchman. Possesso di droga a scopo di spaccio. Era un piccolo punk, magro e ossuto, sopravvissuto in carcere grazie a un puntuale rifornimento di droghe da vendere o magari regalare ai negri e alle guardie in cambio di protezione.
Nell’anno passato dal rilascio aveva continuato a prosperare, e il suo piccolo traffico di stupefacenti l’aveva innalzato alla posizione di uno dei malavitosi più ricchi della Ford County. Era un uomo d’affari, con dipendenti, impegni, accordi… tutto, tranne le tasse. Alla concessionaria della Ford di Clanton era conosciuto come l’ultimo che, in tempi recenti, aveva pagato in contanti un camioncino nuovo. Sedicimila dollari, tutti e subito, per un pickup giallo canarino con quattro ruote motrici, una fuoriserie di gran lusso. I cerchioni cromati e le gomme da gara li aveva ottenuti in una transazione d’affari. La bandiera dei ribelli della Confederazione appesa al lunotto posteriore era stata rubata da Cobb a un ragazzo ubriaco d’una lega studentesca
durante una partita di football dell’Ole Miss. Il pickup era la cosa più preziosa che Billy Ray possedesse. Adesso era seduto sulla sponda posteriore e fumava uno spinello mentre guardava l’amico Willard che se la spassava con la negretta.
Willard aveva quattro anni più di Cobb ma, dal grado di maturità, ne dimostrava una dozzina di meno. Era generalmente un tipo innocuo, che non aveva mai avuto guai seri ma neppure un lavoro serio. Magari qualche scazzottata e una notte in guardina, ma niente di più. Diceva d’essere un taglialegna, ma quasi sempre i dolori alla schiena lo tenevano lontano dalle foreste. S’era fatto male quando lavorava su una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico, e l’azienda gli aveva pagato un risarcimento cospicuo, che aveva perso totalmente quando l’ex moglie l’aveva ripulito. La sua vocazione principale era fare il dipendente part-time di Billy Ray Cobb, che non pagava molto ma non lesinava sulla droga. Per la prima volta dopo tanti anni Willard riusciva sempre a mettere le mani sulla roba. E ne aveva bisogno, da quando s’era fatto male alla schiena.
La bambina aveva dieci anni ed era piccola per la sua età. Stava appoggiata sui gomiti, bloccati con una corda di nylon gialla. Le gambe erano allargate in modo esagerato, con il piede destro legato a una giovane quercia, il sinistro al paletto storto e marcio di una recinzione abbandonata. La corda aveva tagliato la carne delle caviglie e il sangue le scorreva fra le gambe. Il viso era insanguinato e gonfio, un occhio tumefatto e chiuso, l’altro semiaperto che le permetteva di vedere l’altro bianco seduto sul camioncino. Non guardava l’uomo che le stava sopra e ansimava, sudava e bestemmiava. Le faceva male.
Quando l’uomo ebbe finito le diede una sberla e rise, e anche l’altro rise. Cominciarono a ridere ancora più forte e si rotolarono sull’erba accanto al camioncino, come due pazzi, gridando e continuando a sghignazzare. La bambina girò la testa dall’altra parte e pianse sommessamente, cercando di non farsi sentire. Poco prima l’avevano schiaffeggiata perché piangeva e urlava. Avevano promesso di ucciderla se non fosse stata zitta.
I due si stancarono di ridere e si issarono sul cassone. Willard si pulì con la camicia della negretta, ormai intrisa di sangue e di sudore. Cobb gli passò una birra fredda presa dal frigorifero e notò che l’aria era molto umida.
Guardarono la bambina che singhiozzava e si lasciava sfuggire strani suoni soffocati, fino a che stette zitta. La lattina di birra di Cobb era semivuota, e non era più fredda. La scagliò contro la bambina. La lattina la colpì allo stomaco, la spruzzò di spuma bianca, poi rotolò in terra accanto ad altre lattine, tutte uscite dallo stesso frigorifero. Una ad una le avevano tirato addosso tutte le lattine di due confezioni da sei e avevano riso. Willard faticava a centrarla, ma Cobb era abbastanza preciso. Non erano tipi da sprecare la birra, ma le lattine più pesanti colpivano meglio e poi era divertente vedere la spuma che schizzava dappertutto.
La birra tiepida si mescolò al sangue scuro, scorse lungo il viso e il collo della bambina e formò una pozza dietro la testa. Lei non si mosse.
Nel 1996 ne è stato tratto anche un film Il momento di uccidere, regia di Joel Schumacher, con Sandra Bullock, Matthew McConaughey, Samuel L. Jackson, Kevin Spacey, Chris Cooper.
Il film mi è piaciuto molto e logicamente non si perde in descrizioni inutili, dà più spazio al personaggio di Ellen, ho apprezzato l’arringa finale dell’avvocato rispetto al libro. In generale il libro supera il film, come spesso accade, ma anche il film non è male.