L’appello è un romanzo di John Grisham pubblicato nel 1994, è una disperata battaglia legale che nasconde un terribile segreto. Vent’anni dopo essere stato condannato a morte per un orrendo delitto, e poco prima dell’esecuzione, Sam Cayhall trova un giovane avvocato che vuole a tutti i costi riaprire la causa.
“Dopo esser vissuto tranquillo per dodici anni nella contea di Ford, Sam Cayhall si ritrovò di nuovo incriminato, arrestato e messo di fronte alla certezza di un processo e alla possibilità di finire nella camera a gas. Fu costretto a ipotecare la casa e i campi per pagare un avvocato.”
Greenville, Mississippi, 1967. Una bomba devasta gli uffici di un avvocato impegnato nella difesa dei diritti civili, uccidendo i suoi due figli. Nessuno sembra dubitare della colpevolezza di Sam Cayhall, noto membro del locale Ku Klux Klan. Vent’anni dopo, a Chicago, Sam Cayhall è ancora chiuso nel braccio della morte” e ha esaurito le possibilità di appello. Adam Hall, giovane avvocato di un grande studio legale, chiede espressamente di essere assegnato a quel caso per ottenere la sospensione della pena. Perché? Che cosa lo spinge a difendere un uomo la cui colpevolezza nessuno ha mai messo in discussione? Un avvincente, irresistibile legal thriller di John Grisham che terrà inchiodati i lettori dalla prima all’ultima pagina.
“Si rivolse a un abile penalista di Memphis, Benjamin Keyes. La prima mossa tattica fu presentare un’istanza perché il rinvio a giudizio venisse negato in quanto era ingiusto processarlo di nuovo dopo tanto tempo. Era
un argomento convincente, e fu necessaria una decisione della Corte Suprema del Mississippi. Con sei voti a favore e tre contrari, la Corte sentenziò che la pubblica accusa poteva procedere.
E così fu. Il terzo e ultimo processo contro Sam Cayhall incominciò nel febbraio del 1981, in un piccolo, gelido tribunale della contea di Lakehead, una zona di collina nella parte nordorientale dello stato.”
Questo libro ha uno scopo ben preciso, sensibilizzare il lettore sulla pena di morte e ci riesce, le recensioni generali sono positive, solo qualcuna accusa una leggera noia iniziale e che spesso si ripete.
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La decisione di mettere una bomba nello studio dell’ebreo radicale fu presa con relativa facilità. Nell’operazione erano coinvolti in tre. Il primo era quello che ci metteva i soldi. Il secondo era uno del posto che conosceva la zona. E il terzo era un giovane patriota fanatico, esperto di esplosivi e abilissimo nell’arte di scomparire senza lasciar tracce. Dopo l’attentato, fuggì dal paese e si nascose per sei anni nell’Irlanda del Nord.
La vittima si chiamava Marvin Kramer, ed era un ebreo del Mississippi di quarta generazione; la sua famiglia aveva fatto fortuna con l’attività mercantile nel Delta. Viveva in una casa di prima della guerra civile a Greenville, una città sul fiume con una comunità ebraica piccola ma forte, una località amena che aveva ben pochi precedenti di dissidi razziali. Esercitava la professione legale perché il commercio lo annoiava. Come moltissimi altri ebrei di origine tedesca, i suoi si erano integrati benissimo nella cultura del Profondo Sud, e si consideravano tipici Southerners che per caso professavano una fede diversa. In quella zona l’antisemitismo si manifestava molto di rado. Nella maggior parte dei casi, gli ebrei si amalgamavano al resto della comunità e si occupavano dei loro affari.
Marvin era diverso. Il padre l’aveva mandato al Nord, a Brandeis, verso la fine degli anni Cinquanta. Vi aveva passato quattro anni, e poi per tre anni aveva frequentato la facoltà di legge alla Columbia University; e quando era tornato a Greenville nel 1964, il movimento per i diritti civili aveva puntato i riflettori proprio sul Mississippi. Marvin si gettò subito nella mischia. Meno di un mese dopo aver aperto un piccolo studio legale, fu arrestato con due dei suoi compagni di Brandeis perché aveva tentato di far iscrivere alcuni negri nelle liste elettorali. Suo padre era furioso. La famiglia era molto imbarazzata, ma a Marvin non importava nulla. Aveva venticinque anni quando ricevette la prima minaccia di morte e cominciò ad andare in giro armato. Comprò una pistola per la moglie, una ragazza di Memphis, e consigliò alla cameriera negra di tenerne una nella borsa. I Kramer avevano due gemelli di due anni.
La prima causa per i diritti civili intentata nel 1965 dallo studio legale Marvin B. Kramer & Soci (a quel tempo però i soci non c’erano ancora) metteva sotto accusa una quantità di discriminazioni elettorali da parte delle autorità locali. Il processo finì sulle prime pagine dei giornali dello stato, assieme alla foto di Marvin. E il suo nome fu aggiunto dal Ku Klux Klan all’elenco degli ebrei da perseguitare. Eccolo lì il campione, un avvocato ebreo radicale con la barba e il cuore tenero, che aveva studiato al Nord con insegnanti ebrei, e adesso marciava con i negri e li difendeva nel Delta del Mississippi. Intollerabile.
Più tardi corse voce che l’avvocato Kramer pagava di tasca propria le cauzioni per i Freedom Riders e per gli attivisti dei diritti civili. Intentava cause contro i servizi pubblici e privati riservati ai bianchi. Contribuì alla ricostruzione di una chiesa di negri che era stata distrutta da una bomba del Klan. Era stato visto perfino accogliere i negri in casa sua. Teneva conferenze a organizzazioni ebraiche, su al Nord, e le esortava a partecipare alla lotta. Scriveva lettere di fuoco ai giornali, anche se ne venivano pubblicate pochissime. L’avvocato Kramer stava marciando audacemente incontro alla propria fine.
Nel 1996 dal romanzo è stato tratto un film, L’ultimo appello, per la regia di James Foley, con Gene Hackman e Chris O’Donnell.
In una prigione dello Stato del Mississippi, Sam Cayhall è in attesa si essere mandato a morte per l’assassinio di due bambini uccisi con una bomba anni prima, nel 1967. Riceve la visita di Adam Hall, giovane e inesperto avvocato che gli dice di volersi impegnare per salvarlo non solo per motivi professionali ma anche perché è suo nipote. Sam, scontroso e irascibile, sostenitore della razza bianca, si rifiuta di collaborare, e così Adam fa tutto da solo, fino a raggiungere il governatore dello Stato che all’epoca dei fatti aveva incastrato Sam ed ora dovrebbe concedere la grazia.