Monte Cinque è un romanzo dello scrittore brasiliano Paulo Coelho, scritto nel 1996 e pubblicato in Italia nel 1998.
“Un bambino può insegnare sempre tre cose a un adulto: a essere contento senza un motivo, a essere sempre occupato con qualche cosa e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera.”
Il profeta Elia testimonia, con la sua vicenda umana, la volontà indomabile di chi non si rassegna a un destino prestabilito ma, a costo di sfidare la volontà divina, percorre fino in fondo la propria strada, per affermare se stesso e afferrare saldamente il comando della propria vita. L’autore, in una breve nota iniziale, dice che l’inevitabile ha sfiorato la vita di ogni essere umano su questa terra. Alcuni si sono ripresi, altri hanno ceduto. Elia decide di vivere il proprio destino senza rassegnazione. Il Signore ha ordinato tremende prove per colui che ascenderà al cielo su un carro di fuoco trainato da cavalli fiammeggianti. Per sfuggire alla persecuzione della regina Gezabele, Elia è costretto a lasciare Israele. Giunto nella città di Akbar, la vedrà messa a ferro e fuoco dall’esercito assiro e assisterà impotente alla morte della donna che ama, tra le macerie fumanti della sua casa. La volontà del profeta, che assume il colore della sfida, insieme all’innocenza del bambino che lo accompagna, lo spingeranno a superare ostacoli, paure e rimpianti. Al termine del cammino lungo le pendici del Monte Cinque, invase da una vegetazione inselvatichita e avvolte nella nebbia, egli scorgerà il profilo del regno della felicità.
“All’inizio dell’anno 870 a.C., una nazione conosciuta come Fenicia, che gli israeliti chiamavano Libano, celebrava quasi tre secoli di pace. I suoi abitanti potevano ben essere orgogliosi delle proprie imprese: poiché non erano politicamente forti, erano stati costretti a sviluppare una invidiabile capacità di commerciare, unica maniera per garantirsi la sopravvivenza in un mondo devastato da continue guerre. Un’alleanza stipulata intorno all’anno 1000 a.C. con il re Salomone di Israele aveva loro consentito di modernizzare la flotta mercantile e di espandere il commercio. Da allora, la Fenicia non aveva mai smesso di crescere.
I suoi navigatori erano giunti in luoghi distanti quali la Spagna e l’Oceano Atlantico, e secondo alcune teorie, tuttavia non ancora confermate, avrebbero lasciato delle iscrizioni nel nord-est e nel sud del Brasile. Trasportavano vetro, cedro, armi, ferro e avorio. Gli abitanti delle grandi città come Sidone, Tiro e Biblo conoscevano i numeri, i calcoli astronomici, l’uso del vino, e usavano, da quasi duecento anni, un insieme di caratteri per scrivere cui i greci avevano dato il nome di alfabeto.
All’inizio dell’anno 870 a.C., in un luogo lontano chiamato Ninive, era riunito un consiglio di guerra. Un gruppo di generali assiri aveva deciso di inviare i propri eserciti a conquistare le nazioni situate lungo la costa, sul mare Mediterraneo. La Fenicia era stata scelta come il primo paese da invadere.
All’inizio dell’anno 870 a.C., due uomini nascosti in una stalla di Gileade, in Israele, attendevano di morire nelle ore successive.”