Ascolta la mia ombra è un romanzo scritto da Marc Levy, pubblicato in Italia nel 2011, traduzione di Valeria Pazzi. Levy torna alle atmosfere magiche di Se solo fosse vero per celebrare la forza del primo amore e ci regala una storia romantica, emozionante, palpitante di umanità e di irresistibile tenerezza, le mille sfaccettature dell’amore saranno tutte presenti e ci faranno commuovere ad ogni pagina.
“Ho avuto paura della notte, paura delle forme che si delineavano nelle ombre della sera, che danzavano nelle pieghe delle tende, sulla carta da parati di una camera da letto. Con il tempo sono svanite. Ma mi basta pensare alla mia infanzia per vederle riapparire, terribili e minacciose.
Un proverbio cinese dice che un uomo cortese non cammina sull’ombra del vicino: non conoscevo quel detto, il giorno in cui sono arrivato nella nuova scuola. Eccola, la mia infanzia, in quel cortile per la ricreazione. Volevo scacciarla, crescere, ma mi stava incollata addosso su quel corpo esile e troppo basso per i miei gusti.”
Esistesse qualcuno capace di catturare la nostra anima, svelandone ogni segreto, ogni ferita, quando capisce di possedere questo formidabile dono, lui è ancora un bambino, timido e isolato dagli altri. Sono le ombre la sua sola compagnia: la parte nascosta e più fragile di ciascuno di noi, ma anche la più trasparente, la più pura. Le ombre lo seguono, lo circondano, sempre pronte a sussurrargli all’orecchio frammenti di ricordi e di verità perdute. Ruba le ombre di coloro che incontra: amici, nemici, amanti – Luca, il figlio del panettiere, Marquez, suo grande rivale, Elisabetta, la ragazza più bella della classe … e ciascuna di queste ombre gli affidano un segreto, intuisce e sogni, speranze e dolori di ogni altro. Cosa fare con questo strano potere che imbarazza e lui non osa parlare, nemmeno a sua madre che la ama così tanto? Capisce presto che può utilizzare per aiutare la sua famiglia a trovare la strada per la felicità, lui impara a riconoscere la sua vocazione, quella di aiutare le persone in carne e ossa, curandole dai loro malanni e insieme restituendo loro desideri e risposte che credevano smarriti per sempre.
Durante le vacanze estive, incontra Clea, Clea che è riuscito a scrivere le parole in aria con un aquilone. Che rivelerà l’ombra di Clea, così diverso dagli altri?
Qualche anno più tardi, il “ladro Shadows”, ormai medico affermato, dopo anni trascorsi a cercare di guarire le vite altrui, non decide di prendere in mano la propria. Mettendosi sulle tracce dell’unica donna che per lui abbia contato davvero.
Una storia surreale, ma infondo è questa la caratteristica di Marc Levy, un racconto avvincente dove non mancano i colpi di scena, consigliato a chi ama le storie piene di buoni sentimenti.
«Vedrai, andrà tutto bene.»
Riapertura delle scuole. Appoggiato a un platano, guardavo formarsi i gruppi. Non appartenevo a nessuno di essi. Non mi spettava nessun sorriso, nessun abbraccio, neanche un minimo cenno della gioia di ritrovarsi alla fine delle vacanze. Non avevo nessuno a cui raccontare le mie. Chiunque abbia cambiato scuola ha conosciuto le mattine di settembre in cui, con un nodo in gola, non sai cosa rispondere ai genitori che ti assicurano: «Andrà tutto
bene». Come se ricordassero qualcosa! I genitori hanno dimenticato tutto: non è colpa loro, sono soltanto invecchiati.
La campanella suonò sotto il portico e gli scolari si disposero in file davanti ai professori già pronti a fare l’appello. Eravamo solo in tre a portare gli occhiali. Io ero stato assegnato alla classe 6C e, tanto per cambiare, ero il più piccolo. I miei genitori avevano avuto la pessima idea di farmi nascere a dicembre ed erano ben felici che fossi in anticipo di sei mesi: un fatto di cui mamma e papà si vantavano, mentre io lo maledivo a ogni inizio di
anno scolastico.
Essere il più piccolo della classe significava: pulire la lavagna, sistemare i gessetti, mettere a posto i tappetini in palestra, riporre i palloni da basket su un ripiano sempre troppo alto e, come se tutto ciò non bastasse, dover posare solo soletto, seduto a gambe incrociate in prima
fila, nella foto di classe. Non ci sono limiti alle umiliazioni, quando si va a scuola.
Eppure in qualche modo avrei potuto sopportare la situazione se non ci fosse stato, nella classe 6C, un ragazzino di nome Marquès: un incubo, il mio opposto in tutto e per tutto.
Io ero andato a scuola con sei mesi di anticipo e i miei genitori ne erano orgogliosi; Marquès era in ritardo di due anni e i suoi se ne infischiavano completamente. Il figlio era parcheggiato a scuola, mangiava in mensa e ricompariva solo a fine giornata: per loro era più che sufficiente.
Io portavo gli occhiali. Marquès aveva una vista da lince. Io ero dieci centimetri più basso dei bambini della mia età, Marquès dieci più alto, e questo comportava un’enorme differenza di statura fra lui e me. Io detestavo il basket, a Marquès bastava sollevare un braccio per infilare la palla nel canestro. Io amavo la poesia, lui lo sport (non che le due cose siano incompatibili, comunque…). A me piaceva osservare le cavallette sul tronco degli alberi, Marquès si divertiva a catturarle per strappare loro le ali.
Eppure avevamo due punti in comune, o meglio uno solo: Élisabeth! Eravamo innamorati di lei, che non degnava di uno sguardo nessuno dei due. Questo avrebbe
potuto creare una sorta di complicità fra Marquès e me, invece purtroppo fu la rivalità a prendere il sopravvento. Élisabeth non era la ragazzina più bella della scuola, ma di certo era quella con più fascino. Aveva un modo particolare di legarsi i capelli, i suoi gesti erano semplici e aggraziati: bastava un suo sorriso per illuminare le più tetre giornate d’autunno, quando la pioggia cade senza fine e le scarpe fradice fanno cic ciac sull’asfalto, quelle giornate in cui i lampioni illuminano mattina e sera la via di scuola.
Eccola, la mia infanzia infelice, in una cittadina di provincia dove aspettavo disperatamente che Élisabeth mi degnasse di uno sguardo, dove aspettavo disperatamente di crescere.
2 commenti
Come le rovine antiche ecco che una pietra si riaffaccia nel tuo blog, devo dire che oramai sei diventata una vera artista nel costruire il tuo blog,bello e interessante,che tocca temi diversi,e che cmq mettono in risalto la tua sensibilita e il tuo interessamento a tutte le tematiche, ma questo già lo sapevo, complimenti , e continua così, perchè a differenza di molti blog quì si può trovare il calore siciliano e l’intelligenza femminile.
Ciao, un abbraccio affettuoso
come una pietra preziosa dire 😀 grazie per i complimenti, sai che ci tengo alla tua opinione.