Pazze di me è un romanzo scritto da Federica Bosco, edito dalla Mondadori, pubblicato nel 2012 e fa parte del genere narrativa rosa. Con il suo inconfondibile stile, sospeso tra romanticismo e ironia, ci regala una storia d’amore toccante e divertente ma anche il racconto del percorso di un trentenne che vuole diventare un uomo. Perché solo se sei te stesso, puoi amare fino in fondo.
“Eravamo degli esseri destinati alla solitudine, perché non potevamo in nessun modo pensare di riuscire a rendere felice qualcuno, tantomeno noi stessi.”
“La vita è una nave meravigliosa che, se impari a dirigere appena un po’, ti porta a vedere posti incredibili.”
Andrea è un trentenne precario che vive con la madre, le sorelle, la nonna e la badante. Il padre se n’è andato una notte come un ladro, così lui è rimasto prigioniero di un gineceo di cui si sente responsabile. E talmente avvitato nei suoi sensi di colpa che non è mai riuscito a farsi una vita, tutte le sue relazioni a un certo punto sono finite proprio perché era sempre troppo disponibile nei confronti della famiglia. Di fatto conosce talmente bene le donne e talmente le teme che non riesce a crescere ed emanciparsi. Finché incontra Giulia, una veterinaria a cui porta il cane di casa: se lui è femminile, lei è un vero maschio. Una donna diversa da tutte quelle che ha conosciuto fino a ora, forse quella che lo costringerà a crescere una volta per tutte e diventare un uomo.
Se c’è una cosa che detesto sono i proverbi.
Quello che odio più di tutti in particolare è: “C’è sempre una prima volta”.
Sì, è vero, una prima volta c’è sempre, ma di solito non è un granché.
Sono molto più importanti le ultime volte.
In realtà, la vita è solo un’incredibile collezione di “ultime volte”.
L’ultima volta che ti cantano una ninna nanna, l’ultima volta che esci dal cancello della tua scuola, l’ultima volta che baci la persona che ami, l’ultima volta che ti addormenti senza bisogno del Valium.
Ma non c’è mai nessuno ad avvertirti che quella che stai vivendo è l’ultima volta, anzi, di solito non te ne accorgi nemmeno.
Il fatto è che quando sei piccolo credi che tutto ti sia dovuto e che tutto rimanga esattamente come quando hai tre anni: i parenti che ti fanno le foto, i regali e sono ossessionati dal fatto che tu dorma, mangi e caghi, ed è tutto un sorridere, battere le mani e fare facce stupide.
Poi, però, arriva un giorno in cui puoi essere morto soffocato nel tuo vomito e a nessuno importa più un fico secco, così ti trovi da solo a gridare: “Hei! C’è nessuno?” e allora capisci che, o ti fai andare bene tutto quello che arriva dopo, o puoi spararti un colpo in testa.
Cinico?
No, realista.
Ma forse è il caso che io cominci dall’inizio.
Era il 24 dicembre del 1987 e avevo cinque anni.
Sì, la maggior parte di voi penserà che i miei ricordi siano deformati dai racconti degli altri e dalle foto, ma giuro che ce l’ho in mente come fosse oggi.
2 commenti
Non mi stimola moltissimo questo titolo. In ogni modo lo cercherò la prima volta che vado in libreria per sfogliarlo un po’. Magari cambio idea.
Ormai penso di conoscerti quel poco per dire che non credo sia un libro che ti possa piacere, poi non so, mi posso sempre sbagliare.