La vita che volevo, racconti di Lorenzo Licalzi editi da Rizzoli nel 2009, una serie di racconti legati tra loro da un unico filo conduttore
“Io di vite ne avrei potute fare almeno cinque o sei. Come tutti del resto. E non parlo di ipotesi campate in aria – tipo la rockstar – ma di possibilità concrete che non si sono verificate in seguito a scelte precise. Tutte vite che avrei voluto. Ma è sempre così: comunque vada, per quanto ti piaccia la tua vita, ce n’è sempre un’altra che avresti voluto fare e non hai fatto.”
Alzi la mano chi può rispondere di sì. Chi non ha mai rimpianto un’occasione mancata o una decisione che non ha preso. E non ha mai fantasticato un’altra vita; la vita che, forse, voleva davvero. E’ quel che succede ai personaggi di questo libro lieve e imprevedibile: Laura che credeva di aver fatto pace con gli uomini e non sa che la guerra è appena cominciata; Maddalena che ha sbagliato incrocio e ha perso la sua unica chance; Lorenzo che, grazie a uno sguardo, finalmente apre gli occhi; Patrizia e Carla, casalinga l’una, donna in carriera l’altra, che fanno i conti con la stessa “assenza di fondo”, mentre i mariti giocano a un tavolo di poker il loro “ultimo giro”. Uomini e donne che si guardano indietro, o allo specchio, e scoprono, con sorpresa, curiosità o spavento, che come dice Lorenzo: «Io di vite ne avrei potute fare almeno cinque o sei».
Perché le vie del destino sono infinite, e se è vero che Dio ha inserito nelle nostre esistenze la variabile “caso” per movimentare un po’ la situazione, è anche vero che a volte del caso nemmeno ci accorgiamo, perché fa capolino nelle cose più piccole: una sveglia che non suona, un numero di telefono sbagliato, un caffè preso in un bar diverso dal solito. Ma non c’è motivo di disperare: forse, sembra suggerire Licalzi con il tono scanzonato di sempre, tutte le vite che avremmo voluto le stiamo vivendo, proprio ora, in altri universi, in cui altri noi sono alle prese con altre storie.
“Di fatto ogni piccola decisione che prendiamo cambia la storia del mondo, e comunque il punto è sempre quello: quando ti va di sfiga lo sai, invece quando ti va di culo no!”
Scherzando, ma non troppo, con caso, destino e altri imperscrutabili dèi del quotidiano, Lorenzo Licalzi ci regala dei racconti profondi, giocosi, commoventi, un vero romanzo fatto di storie intrecciate, attraversate da una filosofia luminosa e indulgente. E soprattutto, ci fa fare un sacco di domande su quello che siamo, che avremmo potuto essere e che, pazienza, non saremo mai. Un libro che consiglio di leggere piano piano, magari alternandolo con altre letture, per poterlo ricordare e metabolizzare meglio.
La vita che volevo
È il 2 settembre 1996. Sono in macchina, inchiodato nel traffico. Il semaforo è verde ma non ci si muove di un millimetro. L’incrocio è bloccato. I soliti imbecilli che appena scatta il verde si infilano nell’ingorgo ma dopo qualche metro sono costretti a fermarsi perché il semaforo successivo non ha ancora smaltito la coda. Intanto scatta il verde per le macchine che si immettono dalla strada laterale, dieci metri e sono ferme anche loro. Ora il traffico è definitivamente paralizzato. Naturalmente non c’è l’ombra di un vigile.
Sono al telefono con Mauro, uno dei miei due soci, un amico fraterno.Per la cronaca: eravamo i titolari di una casa di riposo. Due medici, loro, e uno psicologo, io. Loro si occupavano della parte sanitaria, io della gestione del personale, all’incirca una trentina di dipendenti. Tutto il resto lo facevamo insieme. Era stata ed era una grande avventura, iniziata, con molto coraggio e pochissimi soldi, quasi dieci anni prima, poco dopo la laurea. Un’avventura non priva di insidie e difficoltà, ma anche ricca di soddisfazioni, rese ancor più significative dal cementarsi della nostra amicizia. E alla fine avevamo vinto, avevamo costruito qualcosa di importante, di impegnativo ma importante. In ogni caso avevo davanti un luminoso futuro di psicologo-imprenditore-della-sanità, e se quel giorno mi avessero detto che nel quarantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna sarei stato il-primo-uomo-a-mettere-piede-su-Marte o uno-che-ha-pubblicato-sette-libri, avrei risposto il-primo-uomo-su-Marte.