I love shopping per il baby è il quinto romanzo della serie I love shopping della scrittrice britannica Sophie Kinsella, pubblicato nel 2007, con protagonista Rebecca Bloomwood in dolce attesa.
«Ciao» dico forte rivolta al monitor, la voce rotta dalla commozione. «Ciao, figlio!»
E ora non riesco a trattenere le lacrime. Avremo uno splendido maschietto. Lo vestirò con deliziosi jeans, gli comprerò un’automobilina a pedali, Luke potrà giocare a cricket con lui, e potremo chiamarlo…
Oddio, come lo chiamiamo?
Mi chiedo se a Luke piaccia Birkin, così potrei comprargli una Birkin come borsa portapannolini.
Becky Bloomwood è più felice che mai. Il suo matrimonio va a gonfie vele. Luke, suo marito, sta per concludere l’affare più importante della sua carriera che li farà diventare miliardari.
Becky è personal shopper in un elegante negozio appena aperto a Londra. E, soprattutto, è incinta!
Ogni cosa deve essere perfetta per la nascita del bambino. La neofamiglia deve trovare una casa adatta, possibilmente con una cucina dotata di macchina per il sushi, una terrazza con il barbecue e un guardaroba su misura per le scarpe. E poi bisogna far fronte a tutte le possibili esigenze del futuro baby Brandon. Non può certo mancargli una minuscola vestaglia Ralph Lauren, una tutina da sci, un vestitino rosa da fata con tanto di ali, nel caso fosse una femminuccia, una culla con un sistema per il controllo della temperatura e un proiettore con ninnananna incorporato… Ma Becky non si perde d’animo. In fondo lo shopping la aiuta a superare le nausee mattutine.
E come se non bastasse, per affrontare nella maniera più responsabile questa delicata fase della sua vita, la neomamma non può fare a meno di avere un appuntamento con la dottoressa Venetia Carter. É lei la ginecologa delle star, la più richiesta del momento, solo lei può seguirla fino al parto tra massaggi thai e fiori di loto. Becky deve riuscire a incontrarla a tutti i costi.
Quando finalmente ci riesce e tutto sembra sotto controllo, iniziano i guai. Gli affari di Luke cominciano ad andare male, il negozio dove lavora Becky non riesce a decollare e, soprattutto, la straordinaria Venetia Carter altro non è che un’affascinante ex fidanzata di suo marito… e le cose si complicano.
“Il piccolo sarà il suo unico nipote.
Avrà anche il suo sangue nelle vene.
Oddio, e se assomiglia a Elinor? Mi colpisce una raccapricciante immagine di un bebè in carrozzina, in tailleur beige Chanel, che fissandomi commenta: “Proprio non sai vestirti, mamma“.”
A chi piace questo genere le recensioni sono molto positive, io resto sempre della stessa opinione del primo romanzo: ho letto tutta la saga per puro masochismo, dicendomi “La protagonista è una cretina, la gente così andrebbe curata, non può andarle sempre tutto bene. Non è possibile!”. Fortunatamente non è uno di quei libri da cui si può estrarre una morale, ma se si potesse sarebbe: sii oca, irresponsabile e spendacciona, combinane di tutti i colori, tanto per una strana convergenza astrale tutto si sistemerà e il mondo intero ti amerà.
CAPITOLO PRIMO
Okay, niente panico. Andrà tutto bene. Naturalmente.
Naturalmente.
«Le dispiace sollevare la maglietta, signora Brandon?»
L’ecografista, una donna, mi guarda con rassicurante aria professionale. «Devo applicarle un po’ di gelatina sull’addome prima di iniziare l’ecografia».
«Certo!» esclamo senza muovere un muscolo. «Il fatto è che… sono lievemente nervosa».
Distesa su un letto del Chelsea & Westminster Hospital, mi sento in totale apprensione. Da un momento all’altro Luke e io vedremo sul monitor il nostro bambino per la prima volta da quando era un minuscolo grumo. Stento a crederci. Anzi, per la verità non sono ancora del tutto sicura di essere incinta. Tra diciannove settimane io, Becky Brandon, nata Bloomwood… sarò madre. Madre!
A proposito, Luke è mio marito. Siamo sposati da poco più di un anno e questo è al cento per cento un vero figlio del viaggio di nozze. Abbiamo visitato tutti i quattro angoli della terra per la luna di miele, ma io sono persuasa di averlo concepito in quello splendido resort nello Sri Lanka, l’Unawatuna, tutto orchidee, piante di bambù e panorami mozzafiato.
Unawatuna Brandon.
Ehm… non so come la prenderebbe la mamma.
«Mia moglie ha avuto un piccolo incidente nel primo periodo della gravidanza» spiega Luke dalla sua sedia accanto al lettino. «E quindi è un po’ in ansia».
Mi stringe la mano a mo’ di incoraggiamento, e io stringo la sua. Il mio libro sulla gravidanza, Nove mesi della tua vita, sottolinea la necessità di far partecipare il proprio partner a ogni aspetto della gestazione per evitare che provi un senso di dolorosa esclusione. Così lo coinvolgo il più possibile. Ieri sera, per esempio, ci siamo messi a guardare insieme il mio nuovo DVD, Tonificare le braccia in gravidanza. All’improvviso, però, si è ricordato di una telefonata d’affari e si è perso gran parte del filmato, ma l’importante è che non si senta tagliato fuori.
«Ha avuto un incidente?» L’ecografista ha smesso di digitare sulla tastiera del computer.
«Sono caduta in montagna mentre cercavo mia sorella, perduta in una tormenta» spiego. «All’epoca non sapevo di essere incinta, e temo di aver fatto del male al bambino».
«Capisco». Mi lancia un’occhiata gentile. Ha i capelli brizzolati raccolti sulla nuca, trattenuti da una matita. «Sa, non ha idea della resistenza di questi piccolini. Comunque, sempre meglio controllare».
Eccoci. Il momento che pavento da settimane. Mi affretto a sollevare la maglietta e abbasso gli occhi sul ventre che sta aumentando di volume.
«Le dispiace scostare le collane?» aggiunge. «Ne ha una bella collezione, direi!»
«Sono ciondoli speciali». Li raccolgo rumorosamente. «Questo è un simbolo azteco della maternità, questo un cristallo della gestazione… poi c’è un campanellino per tranquillizzare il bambino… e una pietra del parto».
«Pietra del parto?»
«La si preme in una zona precisa del palmo della mano e allevia le doglie» spiego. «I Maori la usano fin dall’antichità».
L’ecografista inarca un sopracciglio e mi spreme sul ventre della gelatina trasparente. Con espressione seria appoggia la sonda ad ultrasuoni sulla pelle, e all’istante compare sul monitor una sfocata immagine in bianco e nero.
Resto senza fiato.
Quello è il nostro bambino. Dentro di me. Lancio un’occhiata a Luke che fissa lo schermo ipnotizzato.