Tutto per una ragazza è un romanzo scritto da Nick Hornby e pubblicato nel 2008, un romanzo di formazione, tra fughe, salti nel tempo e colpi di scena, è un viaggio senza freni tra le curve dell’adolescenza, serio e scanzonato, spassoso e commovente.
“Era un po’ come se avessimo avuto davanti a noi un piatto strapieno e avessimo mangiato tutto in un lampo, e non era avanzato niente. Forse è così che le coppie resistono: evitando di abbuffarsi. Sanno che quel che hanno davanti deve durare a lungo, e così lo centellinano. Anche se spero che la ragione non sia questa. Spero che, quando due persone stanno bene insieme, sia come se qualcuno continuasse a riempirgli il piatto.”
Sam ha quasi sedici anni e vive a North London con la mamma, una mamma giovane, single moderna e che non ostacola la grande passione del figlio per lo skateboard. Superato il periodo dei litigi fra i suoi genitori, superati i problemi a scuola con l’odiata matematica, Sam da un po’ sta uscendo con Alicia, che ha conosciuto a una festa, ed è una di quelle ragazze di cui ci si innamora esattamente dopo due secondi. Forse questo significa che per Sam è arrivato il momento fatidico di fare sesso, ma lui sa che «fare sesso a quindici anni è una cosa grossa, se tua mamma ne ha trentuno». La sfida allora diventa sfuggire al destino beffardo che incombe sulla sua famiglia, in cui «tutti inciampano sempre sul primo gradino », insomma sembrano destinati a fare una scemenza e a passare il resto della vita a cercare di rimediare. Ci riuscirà?
A sostenerlo nell’ impresa c’è un amico straordinario in tutti i sensi, anzi un Eroe: Tony Hawk, «il J.K. Rowling degli skater». Solo con lui – anzi, con il suo poster, che tiene appeso in camera – Sam può confidarsi quando la sua vita inizia ad assomigliare sempre meno a quella che aveva in mente, e diventa un incubo da cui si può solo cercare di fuggire. Tony non lo deluderà mai, anzi, con i suoi poteri speciali, riuscirà a fargli «vedere il futuro» e, forse, affrontare il presente.
Secondo me bisognerebbe dividere i romanzi di Hornby in due categorie: quelli in cui i protagonisti sono proiezioni dell’autore (Febbre a 90, Alta Fedeltà, Un ragazzo) e quelli in cui situazioni e personaggi sono “invenzioni” letterarie. Inutile dire che i libri migliori, a mio avviso, sono i primi. Tutto per una ragazza rientra senz’altro nella seconda categoria, è un libro che sa divertire, scritto con la solita verve di Hornby, ma si sente che non c’è più lo spunto dei primi tre romanzi. In ogni caso sono e rimango una fan del buon vecchio Nick e aspetto fiduciosa il prossimo suo romanzo.
Dunque, tutto procedeva piuttosto bene. Anzi, direi che da un sei mesi succedevano praticamente soltanto cose belle.
– Per esempio: la mamma si era tolta dai piedi Steve, il suo strazio di fidanzato.
– Per esempio: dopo una lezione, la Gillett, la prof di arte e design, mi aveva preso da parte per chiedermi se pensavo di studiare arte all’università.
– Per esempio: improvvisamente, dopo aver fatto per settimane la figura del cretino in pubblico, avevo imparato due nuovi trick di skate. (Scommetto che non andate tutti sullo skate, quindi mi sa che devo chiarire subito una cosa, tanto per evitare terribili equivoci. Skate = skateboard. Noi non diciamo mai skateboard, quindi sarà l’unica volta che userò questa parola in tutta la storia. E se continuerete a immaginarmi fare lo scemo su un paio di schettini, mettiamo, o di pattini o quel che è, la colpa sarà soltanto vostra.)
Tutto questo, e in più avevo conosciuto Alicia.
Stavo quasi per dire che forse dovreste sapere alcune cose di me, prima che parta spedito a raccontare di mia mamma, Alicia e tutto il resto. Se mi conosceste un po’, in effetti potrebbero interessarvi. Ma, riletto quel che ho appena scritto, mi sa che ne sapete già molto, o almeno avrete già indovinato un bel po’ di cose. Tanto per cominciare avrete forse indovinato che mia mamma e mio papà non vivono insieme, a meno che non crediate che mio papà sia tipo da fregarsene che sua moglie abbia dei fidanzati. Be’, non è tipo. E forse avete indovinato che vado sullo skate e anche che a scuola la mia materia forte era arte e design, a meno che non mi crediate uno che tutte le prof di tutte le materie prendono da parte per dirgli di andare all’università. E magari litigano fra loro per me: «No, Sam! Lascia perdere l’arte! Fai fisica!» «Macché fisica! Pensa che tragedia per il genere umano, se abbandonassi il francese!» E giù botte.
Ecco, no. Sono cose che a me non succedono. Vi do la mia parola: io una rissa tra i professori non l’ho mai scatenata.
E non bisogna essere Sherlock Holmes o non so chi per capire che Alicia era una ragazza che per me contava qualcosa. Mi fa piacere che alcune cose non le sappiate e non possiate indovinarle, cose pazzesche, che in tutta la storia del mondo sono capitate soltanto a me, a quanto ne so. Se foste in grado di indovinarle tutte grazie a quelle poche frasi iniziali, comincerei a temere di non essere la persona complessissima e interessantissima che sono, ah-ah.
Questo periodo in cui tutto procedeva piuttosto bene risale a un paio di anni fa, quindi avevo quindici, quasi sedici anni. Non vorrei sembrare patetico, e non voglio assolutamente che vi rattristiate per me, ma questa sensazione di vivere una vita accettabile mi era nuova. Era una sensazione che non avevo mai avuto e in realtà da allora non è mai più tornata. Non voglio dire che prima fossi infelice. Ma per un motivo o per l’altro c’era sempre stato qualcosa che non andava, qualcosa di cui preoccuparmi. (E come vedrete ne ho avute, di preoccupazioni, dopo di allora, ma ci arriveremo.) Per esempio, i miei genitori stavano per divorziare e litigavano. Oppure avevano divorziato ma litigavano lo stesso, perché dopo il divorzio continuarono a litigare per un pezzo. Oppure non andavo benissimo in matematica – odio matematica – oppure volevo mettermi con una che non voleva mettersi con me… Tutti problemi che si erano dissolti di colpo, senza che me ne accorgessi, in realtà, un po’ come succede a volte con le nubi. E in più quell’estate giravano più soldi. Mia mamma aveva un lavoro e mio papà non era arrabbiato con lei, e questo significava che ci dava quel che avrebbe dovuto darci fin dall’inizio. Così, insomma… i soldi miglioravano la situazione.
Se voglio raccontare questa storia come si deve, senza cercare di nascondere niente, c’è una cosa che devo confessare, perché è importante. Eccola. So che sembrerà stupido, e di solito non sono il tipo, davvero. Non credo assolutamente in cose tipo gli spiriti, la reincarnazione o robaccia del genere, ma… niente, è una cosa che cominciò a succedere e… Comunque, adesso lo dico e potrete pensare quel che vi pare.
Io parlo con Tony Hawk e Tony Hawk risponde.
1 commento
Concordo pienamente con te.
Nei tre romanzi citati le pagine prendono vita. C'è una tale brillante freschezza sia nei dialoghi che nelle parti descrittive da catapultare il lettore dentro la storia.
Ancora complimenti a te Galatea per la lucida e attenta critica.
Sam Stoner