Il Re dei torti è un libro di Grisham John, pubblicato nel 2003. Un giovane avvocato, un complotto, un complesso caso contro una delle case farmaceutiche più importanti del mondo.
“TORTO [dal Lat. torquere ‘torcere’] un fatto illecito o danno civile, che include azioni per dolo o colpa e inadempimenti contrattuali, per il quale il tribunale stabilisce un risarcimento.”
Clay Carter, avvocato di trentun anni, non ha una carriera di alto profilo. Da alcuni anni lavora all’Ufficio del gratuito patrocinio: un numero soverchiante di cause da smaltire, pochi soldi e ancora meno soddisfazioni. Anche la vita sentimentale non gli riserva molte gioie. La fidanzata Rebecca lo ha lasciato a causa delle sue indecisioni e delle sue ambizioni modeste. Improvvisamente l’imponderabile irrompe nella vita di Clay: mentre segue il caso di un omicidio all’apparenza assurdo, un enigmatico personaggio. Max Pace, gli propone un accordo. Quell’omicidio è stato ormai consumato e una prestigiosa multinazionale farmaceutica è disposta a fargli un’offerta di milioni di dollari (a lui e alla famiglia della vittima) pur di far passare sotto silenzio i veri motivi della tragedia, causata da quel farmaco maledetto. Clay non ci pensa due volte. Perché rifiutare? Accanto alla possibilità di riparare a un torto, davanti a lui si prospetta una vita fino al giorno prima inimmaginabile. Clay lascia il suo squallido ufficio, apre uno studio lussuoso e si ritrova ben presto ai vertici della celebrità, proiettato nella ristretta cerchia degli esperti in cause per danni alla collettività, avvocati di grido che si fanno pubblicità in televisione e viaggiano con il loro jet privato.
Clay non immagina nemmeno l’altra faccia della medaglia, in cui magistralmente John Grisham ci fa intravedere un aspetto terribilmente sinistro del sistema giuridico americano.
“In una città che contava settantaseimila avvocati, molti di loro erano raggruppati in megastudi legali a un tiro di schioppo dal Campidoglio, società ricche e potenti in cui agli associati più brillanti venivano offerti contratti con bonus scandalosi, a oscuri ex membri del Congresso venivano assicurati redditizi incarichi clientelari e i penalisti di grido avevano una propria squadra di collaboratori e assistenti. L’Ufficio del gratuito patrocinio stazionava nelle basse sfere della gerarchia legale. Agli ultimi posti della classifica.
Alcuni avvocati d’ufficio avevano abbracciato con spirito missionario la causa della difesa di poveri e oppressi, e per loro quel lavoro non era una tappa sulla strada di un’altra carriera. Incuranti della paga scarsa e della modestia dei mezzi a disposizione, trovavano gratificazione nella solitaria indipendenza del loro incarico e nel compito virtuoso di proteggere i meno fortunati.
Altri dicevano a se stessi che era un impiego transitorio, l’inevitabile gavetta prima di lanciarsi in una carriera più gratificante.”
Con Il Re dei torti lo scrittore offre ai suoi lettori un romanzo superbo, in cui la complessità della cospirazione sembra, fino all’ultimo, stritolare l’uomo dei giorni nostri, solo, minacciato, ma sempre alla ricerca di un valore.
Molti hanno trovato questo libro godibile, ma non ai livelli dei precedenti, qualche emozione in più nel finale sarebbe stata gradita.
1
Gli spari che piantarono le pallottole nella testa di Pumpkin vennero uditi da non meno di otto persone. Tre istintivamente chiusero le finestre, controllarono le serrature della porta e restarono rintanati nel rifugio sicuro, o almeno appartato, delle loro piccole abitazioni. Altri due, entrambi con una certa esperienza in fatti del genere, abbandonarono precipitosamente la zona correndo quanto se non più dell’uomo con la pistola. Un altro ancora, un fanatico del riciclaggio noto nel quartiere, stava frugando nell’immondizia alla ricerca di lattine di alluminio quando udì provenire da molto vicino le secche detonazioni del fattaccio quotidiano. Si buttò dietro una catasta di scatole di cartone e attese che la pioggia di colpi cessasse, poi entrò con circospezione nel vicolo, dove vide ciò che restava di Pumpkin.
E due avevano assistito quasi all’intera scena. Erano seduti su cassette di plastica per il latte all’angolo tra Georgia e Lamont davanti a una rivendita di alcolici, parzialmente nascosti da un’automobile parcheggiata. L’assassino, che prima di seguire Pumpkin si era guardato per un attimo intorno, non li aveva notati. Entrambi avrebbero raccontato alla polizia di aver visto il ragazzo infilare la mano nella tasca ed estrarre una pistola; l’arma era ben visibile, piccola e nera. Un secondo dopo avevano sentito gli spari, anche se non avevano visto con i loro occhi Pumpkin colpito alla testa. Un altro secondo e il ragazzo con la pistola era uscito correndo dal vicolo e, per qualche ragione, aveva puntato proprio verso di loro. Correva proteso in avanti, come un cane impaurito, colpevole che più di così non si poteva. Ai piedi portava scarpe da basket rosse e gialle che sembravano di cinque numeri troppo grandi e nel fuggire le sbatacchiava sul marciapiede.
Quando era passato davanti a loro impugnava ancora la pistola, probabilmente una calibro 38, e per un istante aveva avuto un sussulto, guardandoli e rendendosi conto che avevano visto troppo. Per un terribile secondo era sembrato che alzasse la pistola come a voler eliminare i testimoni, entrambi i quali si erano catapultati all’indietro dalle loro cassette di plastica in un concitato agitarsi di braccia e gambe. Poi il ragazzo era scomparso.
Uno dei due testimoni aprì la porta della rivendita di liquori e urlò di chiamare la polizia, c’era stata una sparatoria.