La caduta è un romanzo dello scrittore statunitense Michael Connelly, pubblicato in Italia nel 2014, con protagonista il detective Harry Bosch.
È difficile arrendersi al fatto che il tempo dell’azione, delle responsabilità, della vita attiva sia finito. Soprattutto per un uomo come Harry Bosch, che ha sempre considerato il lavoro una missione. E ora che davanti a sé ha solo tre anni prima della pensione, il suo attaccamento si fa ancora più intenso, tanto da fargli vivere con ansia i giorni che precedono il momento in cui, nell’unità a cui appartiene, vengono assegnati i casi. E questa volta, di casi, gliene vengono affidati ben due.
Il primo riguarda un maniaco sessuale di ventinove anni, il cui dna combacia con quello ritrovato sul cadavere di una ragazza uccisa ventun anni prima, quando lui di anni ne aveva solo otto. Come è possibile che il suo dna sia finito sul corpo della vittima? E, escludendo che il delitto sia stato commesso da un bambino, chi è il vero assassino?
Ma quella stessa mattina Bosch e il suo partner vengono convocati su una nuova scena del crimine. Il figlio di un uomo politico che in tempi passati era stato vice capo della polizia e acerrimo nemico di Bosch, è stato trovato morto sul marciapiede sotto uno dei più famosi alberghi di Los Angeles, il Chateau Marmont. Suicidio o omicidio? È quello che Bosch dovrà scoprire.
Nel corso delle indagini Bosch capirà che i due casi sono strettamente legati, come la doppia elica del dna, e che, sotto una superficie di per sé allarmante, si nascondono risvolti impensabili e raccapriccianti.
Le recensioni sono altalenanti, alcuni hanno molto gradito, per altri invece, il grande autore non raggiunge i livelli del passato, ed è stato un po’ deludente, come sempre bisogna leggere per farsi un opinione.
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Natale veniva una volta al mese all’Unità Casi Irrisolti: quando il tenente, in veste di Santa Claus, faceva il giro della stanza assegnando i casi come se fossero regali alle sei squadre di detective. I cosiddetti “casi freddi”, avvenuti in passato e rimasti senza soluzione, erano la linfa vitale dell’Unità Casi Irrisolti. Lì gli agenti non si aspettavano di essere chiamati a presentarsi immediatamente sulla scena di un crimine, quello che si aspettavano era di vedersi aggiudicare un caso freddo.
L’Unità era specializzata nelle indagini su delitti che risalivano fino a cinquant’anni prima. Era composta da dodici detective, una segretaria, un supervisore, abitualmente chiamato “la frusta”, e dal tenente. I casi che non avevano ancora trovato soluzione erano diecimila. Gli anni venivano divisi a blocchi di dieci tra le prime cinque squadre, il cui compito era quello di tirar fuori dagli archivi i fascicoli dei delitti verificatisi nel periodo di loro competenza, di valutarli e di sottoporre le prove, ormai vecchie e dimenticate, a ulteriori analisi sulla base delle nuove tecnologie. Tutti gli esami del dna erano effettuati nel nuovo laboratorio regionale dell’Università della California. Quando il dna rilevato in un vecchio caso coincideva con quello di un individuo il cui profilo genetico era contenuto in uno dei database della nazione, l’evento veniva festeggiato come un successo. Alla fine di ogni mese il laboratorio spediva per posta i referti delle analisi, che un paio di giorni dopo approdavano alla sede amministrativa della polizia, nel centro di Los Angeles. In quelle occasioni, alle otto del mattino il tenente apriva la porta del suo ufficio ed entrava nella sala detective. In mano teneva le buste gialle delle risposte, una per ogni caso. Di solito le buste venivano affidate alla squadra responsabile del caso, ma a volte capitava che gli esiti fossero troppo numerosi, o che gli agenti che dovevano occuparsene fossero in tribunale, oppure in vacanza, o in congedo. Altre volte gli esami rivelavano circostanze che richiedevano grande delicatezza o una particolare esperienza. Era a questo punto che interveniva la sesta squadra, nelle persone dei detective Harry Bosch e David Chu. A loro erano affidati i casi in soprannumero e le indagini speciali.
La mattina di lunedì 3 ottobre il tenente Gail Duvall uscì dal suo ufficio ed entrò nella sala detective, portando con lei tre buste gialle. Harry Bosch trattenne a stento un sospiro: con quelle poche risposte, era ben difficile che fosse affidato proprio a lui un nuovo caso.