Non è la fine del mondo è un romanzo scritto da Alessia Gazzola, pubblicato a maggio 2016, una commedia romantica nello stile Chick Lit.
“Un giorno di qualche mese fa, nello stesso giorno, un mascalzone mi scippò per strada e un temporale fulminò la parabola annullando per tutta la sera il segnale di Sky. Recuperai il portafoglio perché era vuoto e il ladro non sapeva che farsene, ma cadendo mi sono rotta il mignolo della mano sinistra. In quella circostanza ho appreso che, pur essendo in sé il mignolo un dito abbastanza inutile, quando si rompe fa un male cane.
E forse, quel giorno, ne ho dette troppe sulla sfortuna e mi sono chiamata addosso un anatema molto più forte, come se la sorte volesse insegnarmi che bisogna lamentarsi solo quando ce n’è vera ragione.
Quel giorno che mi è parso così tremendo non era poi la fine del mondo.
Quella sarebbe arrivata dopo.
Mi chiamo Emma De Tessent, e questa è la mia storia.”
Trama del libro “Non è la fine del mondo”
Emma De Tessent. Eterna stagista, trentenne, carina, di buona famiglia, brillante negli studi, salda nei valori (quasi sempre). Residenza: Roma. Per il momento, ma solo per il momento, insieme alla madre.
Sogni proibiti: il villino con il glicine dove si rifugia quando si sente giù. Un uomo che probabilmente esiste solo nei romanzi regency di cui va matta. Un contratto a tempo indeterminato. A salvarla dallo stereotipo dell’odierna zitella, solo l’allergia ai gatti.
Il giorno in cui la società di produzione cinematografica per cui lavora non le rinnova il contratto, Emma si sente davvero come una delle eroine romantiche dei suoi romanzi: sola, a lottare contro la sorte avversa e la fine del mondo. Avvilita e depressa, dopo una serie di colloqui di lavoro fallimentari trova rifugio in un negozio di vestiti per bambini, dove viene presa come assistente.
E così tutto cambia. Ma proprio quando si convince che la tempesta si sia finalmente allontanata, il passato torna a bussare alla sua porta: il mondo del cinema rivuole lei, la tenace stagista.
Deve tornare a inseguire il suo sogno oppure restare dov’è? E perché il famoso scrittore che Emma aveva a lungo cercato di convincere a cederle i diritti di trasposizione cinematografica del suo romanzo si è infine deciso a farlo? E cosa vuole da lei quell’affascinante produttore che continua a ronzare intorno al negozio dove lavora?
Le recensioni sono molto controverse, chi ha dato un voto bassissimo paragonandolo ad un semplice Harmony, mentre ad altri è piaciuto trovandolo fresco, leggero e frizzante. Come spesso accade in questi casi la migliore recensione è la nostra, quindi non rimane che leggerlo.
Incipit del libro “Non è la fine del mondo”
1.
La tenace stagistaPremetto che sono una persona ambiziosa e ho il carattere di un’anziana pechinese sterilizzata. È però l’unione delle due cose che mi ha permesso di sopravvivere alla Fairmont Holding Italia, filiale della casa di produzione cinematografica americana. Ho iniziato con uno stage subito dopo la laurea e ho fatto in modo di non andare più via. Qualcuno mi aveva ribattezzata “tenace stagista”, e non in termini lusinghieri, ma forse ormai sarebbe più adatto definirmi “l’eterna stagista” dato che il mio contratto viene annualmente rinnovato a una risibile cifra sempre uguale a se stessa, anzi forse con qualche euro in meno.
Condivido l’ufficio con un’altra stagista e, trattandosi di una compagnia americana, a volte sembra di lavorare negli States, perché un Mac personale è considerato un diritto inalienabile e il caffè lungo un livello assistenziale minimo.
Non è facile. I soldi sono davvero pochi a fronte di promesse collocate in un futuro che sembra sempre prossimo, ma poi non lo è mai. Manzelli, il mio capo, sull’argomento è un po’ volatile e poiché si tratta solo all’apparenza di una persona molto distinta perché, in realtà, quando gli prendono i cinque minuti diventa una specie di belva, parlarci talvolta è complicato.
Ma se tutto va come deve, questa è una fase transitoria. Ho un obiettivo che sfavilla come un’insegna a Las Vegas. Anche se non ho sempre avuto chiaro cosa volessi fare, adesso so che il mio obiettivo è il settore dell’acquisizione e cessione di diritti. E l’ho capito da quando conduco una trattativa (molto privata, diciamo pure segreta) con Tameyoshi Tessai.
Proprio lui, lo scrittore italo-giapponese che da un anno vive in un bosco, che ha venduto un milione di copie solo in Italia e che finora si è sempre caparbiamente rifiutato di cedere i diritti del suo bestseller Tenebre di bellezza per qualunque genere di trasposizione cinematografica.
“Emma, Manzelli ti ha detto niente del nostro contratto?” mi chiede Maria Giulia, l’altra stagista, una cara ragazza con un unico difetto: usa un profumo, in auge negli anni ottanta, che per i miei recettori dell’olfatto è fatale e a cui non mi sono abituata nonostante le lunghe giornate rinchiuse in un cubicolo con finestra sul pozzo luce.
Il contratto cui MG allude è il nostro, quello di entrambe, che scadrà tra dieci giorni. Ci è stato promesso però che non saremo più stagiste ma che ci verrà proposto un vero contratto da vere dipendenti. Persino con le ferie! Glielo ricordo con dolcezza, perché MG è fatta così, è molto ansiosa, le devi dire di continuo che va tutto bene o va in tilt.
“Ci tengono qui come stagiste a novecento euro al mese da tre anni. Lo stage non si può più rinnovare per legge. Devono farci un contratto!”
“Certo, hai ragione. È che quest’anno… con tutte le spese per il matrimonio… non potrei proprio perdere questo lavoro.”
“Perdere? Fantascienza pura. Perché dovresti perderlo?”
“Manzelli non mi apprezza. E poi la compagnia non naviga in buone acque. Lo sappiamo tutti…”
“Sì, certo. Ha risentito della crisi. Ma è florida più di tante altre. Ti devo ricordare il trionfo al botteghino di quella schifezza a Natale?”
“Sì, hai ragione… ma altri progetti non sono andati proprio bene. Insomma, mi dico sempre che, in caso di tagli, noi saremmo sacrificabili. La nostra posizione – la mia e la tua, intendo – è precaria.”
Be’, sì, è precaria solo formalmente, perché è un contratto del cavolo, ma in realtà io qui sono attaccata più tenacemente della muffa al soffitto e non contemplo ipotesi alternative. E ho anche ragione di credere che Manzelli abbia davvero bisogno di me. Chi le ha messo in testa questa storia dei tagli? Che stress…
“Non avvilirti, Maria Giulia. Né tu né io saremo sacrificate da nessuno. Non gira alcuna voce di tagli. Lo sapremmo. Manzelli è quel che è, ma non arriverebbe a tanto.”
MG appare confortata. Gli occhi, che erano diventati rotondi e acquosi come quelli di un gattone desideroso di coccole, tornano a concentrarsi sul monitor del computer.
Per conto mio, torno a lavorare al progetto Tessai. Nel pomeriggio ho un appuntamento via Skype e lui è una persona talmente imprevedibile che ogni volta potrebbe essere quella giusta.