Sono cose da grandi è un libro scritto da Simona Sparaco, pubblicato a gennaio 2017, non è un romanzo, ma una lettera scritta al figlio. È possibile spiegare a un bambino l’esistenza del male? Con voce intensa, precisa, intima, una madre guarda dentro di sé per cercare una risposta.
“Questa lettera ha inizio d’estate, l’estate dei tuoi quattro anni. Quando le mie paure si sono schiuse davanti alle immagini di una strage. Poco dopo la Terra ha cominciato a tremare. E anche io sono stata contagiata da quel tremore, perché l’ho avvertito dentro di te.
Queste parole sono rivolte al tuo sguardo rotondo, pieno di fiducia, bisognoso di un poi.”
Un giorno, davanti alla televisione, per la prima volta Simona riconosce negli occhi del figlio la paura. E non è la paura catartica delle fiabe, è quella suscitata dalla violenza del mondo. La frase usata fino ad allora per proteggerlo «sono cose da grandi» non funziona piú. Cosí decide di rivolgersi a lui, con semplicità, per dirgli ciò che sulla paura ha imparato. Ma anche per raccontargli la dolcezza di una vita quotidiana a due, tra barattoli pieni di insetti e scatole magiche dove custodire i propri desideri. Scrivendogli scopre la propria fragilità, e in questa fragilità, paradossalmente, una forza. In questo tempo incerto e minaccioso, una madre prova a decifrare il mondo per suo figlio, reinventandolo attraverso i giochi e le storie che crea ogni giorno per lui.
“Ho inventato con te la scatola dei desideri non solo per riempire di sogni e fiducia le nostre giornate, ma anche perché è il contraltare di un’altra scatola, non meno importante, quella del dolore.”
«Sono cose da grandi», questa frase è stata detta almeno una volta da un adulto nella vita di bambino, è una frase che ci leva dagli impicci, ci scarica la responsabilità di rispondere e di confrontarci con noi stessi, l’autrice con coraggio affronta le sue paure, quelle che ogni madre ha, ma direi che ogni adulto ha, cercando di proteggere il figlio dalla paura di avere paura, non lo fa però nascondendo la verità di una società violenta, ma con semplicità, accompagnando il bambino quando ha paura e facendolo sentire meno solo.
Nella scatola magica si depositano la cose belle della vita, come i desideri, la fiducia e la speranza, ma la nostra vita è fatta anche di dolore e ci vuole anche la scatola del dolore, le due scatole camminano insieme ed un giorno verranno aperte insieme ai nostri cari per ripercorrere il nostro cammino e se questo è fatto di condivisione sarà meno doloroso aprire la scatola del dolore.
Consigliatissimo!
Ricorderò sempre quel che è accaduto. Davanti a un televisore acceso. La paura che si insinua nei tuoi occhi. È stato un attimo, un battito d’ali, ho riconosciuto un tremore che prima non c’era.
Fino a quel momento avevo avuto la prontezza di cambiare canale ogni volta che la violenza di una scena irrompeva dallo schermo.
– Sono cose da grandi, – ti dicevo, quando tu, vispo e curioso, mi chiedevi di tornare indietro. Sembravi guidato da un istinto ingordo e avevi il distacco dello scienziato. Il mondo è per te un luogo da scoprire. Non provi ribrezzo quando prendi in mano uno scarafaggio e giochi con le sue zampette che si agitano nell’aria, non hai paura che ti punga o che possa nascondere un veleno letale.
Ma quel giorno l’insetto che avevamo davanti era l’immagine di un camion bianco che si getta sulla folla investendo adulti e bambini. Era la voce del giornalista che descriveva l’orrore di chi ha visto un padre o un figlio morire, su una strada, la Promenade des Anglais di Nizza, che fino a quel momento tu non avevi mai sentito nominare. Eppure era vicina. Tra le immagini del disastro c’era un passeggino identico al tuo. Una scarpa da ginnastica uguale a quella di tua cugina, ma insanguinata. Un peluche non tanto diverso da Bibi, l’orsetto che dorme con te da quando sei nato.