Bar Sport è il primo libro di Stefano Benni, pubblicato nel 1976. Considerato un classico della narrativa umoristica, descrive in modo surreale e ironico la realtà dei bar italiani di provincia, anche se il libro ha compiuto 40 anni, molte situazioni narrate le possiamo ritrovare anche ai nostri giorni.
“Al Bar Sport non si mangia quasi mai. C’è una bacheca con delle paste, ma è puramente coreografica. Sono paste ornamentali, spesso veri e propri pezzi d’artigianato. Sono lì da anni, tanto che i clienti abituali, ormai, le conoscono una per una.”
Non c’è una trama, non c’è una storia, vengono illustrati alcuni personnaggi, quasi mitologi, che si ritrovano nel tipico Bar Sport italiano.
Il Bar Sport è quello dove non può mancare un flipper, un telefono a gettoni e soprattutto la ‘Luisona’, la brioche paleolitica condannata ad un’esposizione perenne. Il Bar Sport è quello in cui passa il carabiniere, lo sparaballe, il professore, il tecnnico (con due n), che declina la formazione della nazionale, il ragioniere innamorato della cassiera, il ragazzo tuttofare. Nel Bar Sport fioriscono le leggende, quelle del Piva (calciatore dal tiro portentoso), del Cenerutolo (il lavapiatti che sogna di fare il cameriere), e delle allucinazioni estive.
“Il tavolo è perfettamente orizzontale, almeno nei primi giorni, poi tende a stabilizzarsi in uno dei seguenti tipi:
“Biliardo lento, o che non corre”. Molto spesso la sua lentezza è dovuta a macchie di friggione, tabacco, vino e sputi che distruggono il panno verde, dando origine a un terreno di tipo arido-desertico. Su questo biliardo le bocce procedono con grande fatica, sollevando polvere e sterpi, e solo giocatori di grande forza riescono a fare più di due sponde.
“Biliardo veloce”. L’uso ha trasformato il panno verde in una specie di vetro duro. Le bocce raggiungono velocità sui 340 chilometri orari, e spesso devono essere abbattute a fucilate nell’impossibilità di fermarle.”
L’autore riesce ad equilibrare realtà e fantasia, trascinandoci in una lettura leggera e brillante che induce anche alla riflessione. I personaggi sono ben caratterizzari e gli anedotti sono sapientemente caricaturati. Mi ha fatto sorridere parecchio e lo consiglio, ma devono stare attenti quelli un po’ più in là con gli anni, potrebbe verificarsi nostalgia.
“La briscola. Gioco molto semplice. L’avversario sbatte sul tavolo una carta, e voi dovete sbatterla più forte. I buoni giocatori rompono dai quindici ai venti tavoli a partita. È opportuno, prima di sbattere la carta sul tavolo, inumidirla con un po’ di saliva. Le carte prendono così la caratteristica forma a cartoccio, e la durezza di un sasso. In molti bar, per mescolare un mazzo di carte da briscola, si usa un’impastatrice.”
Benni nel 1997 pubblica il séguito, Bar Sport Duemila, nel 2011 è stato distribuito il film Bar Sport tratto dal romanzo, per la regia di Massimo Martelli, con un cast composto da Claudio Bisio, Antonio Catania, Giuseppe Battiston, Bob Messini, Antonio Cornacchione, Gianluca Impastato, Alessandro Sampaoli, Cristiano Pasca, Angela Finocchiaro, Lunetta Savino, Teo Teocoli, Stefano Bicocchi (Vito) e altri.
L’uomo primitivo non conosceva il bar. Quando la mattina si alzava, nella sua caverna, egli avvertiva subito un forte desiderio di caffè. Ma il caffè non era ancora stato inventato e l’uomo primitivo aggrottava la fronte, assumendo la caratteristica espressione scimmiesca. Non c’erano neanche bar. Gli scapoli, la sera, si trovavano in qualche grotta, si mettevano in semicerchio e si scambiavano botte di clava in testa secondo un preciso rituale. Era un divertimento molto rozzo, e presto passò di moda. Allora gli uomini primitivi cominciarono a riunirsi in caverne e a farsi sui muri delle caricature, che tra di loro chiamavano scherzosamente graffiti paleolitici. Ma questo primo tentativo di bar fu un fallimento. Non esistevano la moviola, il vistoso sgambetto, il secco rasoterra, il dribbling ubriacante e l’arbitraggio scandaloso, e la conversazione languiva in rutti e grugniti.