Sono passati più di 30 anni dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuta il 26 aprile 1986, che ha portato morte e abbandono delle terre, molte persone perirono nei primi giorni dopo il disastro e migliaia di persone si ammalano e morirono nei decenni successivi.
Nel 2011 il governo di Kiev ha aperto la zona rossa ai visitatori, credo che nessuno avrebbe previsto che dopo questo tempo lo scenario post-apocalittico si presentasse com’è oggi, le vie sono state inghiottire dalla foresta ed insieme alle foto “congelate nel tempo” di luoghi abbandonati, oggetti rimasti lì a testimoniare una lontana presenza dell’uomo, ci fosse una forte presenza di animali selvatici, lupi, orsi, volpi, lini, cinghiali e cavalli, non si hanno dati sulla salute di questi animali, ma si può osservare che la natura si è ripresa quei luoghi ed è così florida da essere quasi paragonata ai parchi naturali protetti.
Tutto questo potrebbe far pensare che le radiazioni siano quasi un bene, NO, non è questo che viene fuori, ma deve farci riflette sul fatto che l’uomo spesso è più dannoso e pericoloso delle radiazioni per la nutura, questo la dice lunga, solo accettando questo nostro limite possiamo rimediare e prevenire il danno che arrechiamo con la nostra presenza.
Tra i vari animali che si sono salvati ed hanno continuato a vivere a Chernobyl ci sono i cani e la progenie di quelle povere creature, che vivono oggi in quei luoghi, sono radioattivi, la loro pelle contiene particelle radioattive. La storia di questi animali è raccontata in un breve documentario da titolo “The Puppies of Chernobyl” del regista Drew Scanlon, ed un progetto portato avanti da Clean Futures, associazione no profit, sta attuando un piano di sterilizzazione per i cani e i gatti cresciuti nella zona.
Scoprire che la prensenza dell’uomo è dannosa come un esposione nucleare per la natura è sconvolgente!