Falange armata è un romanzo giallo di Carlo Lucarelli, pubblicato nel 1993 da Einaudi, il primo con protagonista l’ispettore Marco Coliandro, poliziotto bolognese, imbranato e testardo, che è diventato il protagonista di una serie TV di successo con Giampaolo Morelli.
“Io lo odio, il calcio. Cioè, ne parlo un po’, al bar, perché qualcosa bisogna dire, leggo Stadio ogni tanto, qualche sera vedo Il processo del lunedì… ma è inutile, non ci capisco un cazzo. La Formula Uno, invece, mi piace, quella la guardo sempre. Ho anche il berrettino della Ferrari. E il portachiavi, bestiale!”
Prepotente, arrogante, colmo di pregiudizi, imbevuto dei miti più beceri della cultura di massa (dall’ispettore Callaghan ai giornaletti porno), il sovrintendente Coliandro è un eroe degradato per tempi degradati. Un giorno, lungo le strade di una Bologna per nulla paciosa e ridente, Coliandro inizia a inciampare in una serie di “coincidenze” sotto forma di cadaveri. È una scia di sangue dietro la quale, in realtà, si nascondono i killer neonazisti della spietata Falange Armata. Fiutata la “pista nera”, memore di Clint Eastwood e spalleggiato dalla riluttante Nikita, il sovrintendente si impegna allo spasimo per debellare l’organizzazione eversiva di estrema destra. Perché Coliandro, ancor prima che involontario paladino della democrazia, è un poliziotto testardo e capace. E mentre le pallottole fischiano a ritmo di rap, mica può lasciar perdere…
“È un po’ di tempo che non riesco più a dormire. Fino a un mese fa era per il caldo, ma adesso, che è iniziato settembre e fa fresco, possibile che resti tutte le notti con gli occhi aperti come una civetta a fissare il soffitto? Boh…
Metto le gambe fuori dal letto e muovo la testa sulle spalle, con il collo che crokrokrokkia, fastidioso. Devo tornare in palestra, penso, mentre guardo i manubri da dieci chili appoggiati al muro, sul pavimento, illuminati dal riflesso di un lampione della strada, e quasi quasi mi viene l’idea di fare un po’ di esercizio. “
Questo è uno dei tanti casi in cui un libro passa inosservato, tranne per gli amanti del genere, fin quando si decide di portarlo sullo schermo, ed allora il successo, tutti vogliono sapere tutto del protagonista e si rispolverano i libri creatori.
La somiglianza degli eventi narrati con il celebre caso della Uno Bianca è palese, come accenna anche Lucarelli stesso nell’introduzione che fa nella nuova edizione del romanzo.
La storia è narrata in prima persona, il sovrintendente Coliandro è un poliziotto particolare, una vera merda, come lo giudica Lucarelli stesso, poiché è pieno di difetti che lo portano spesso a fare figuracce, è maschilista, razzista, borioso, pigro e pure sfortunato, ma leggendo si scopre che poi non è tanto male, dalla sua ha l’onestà. Tutto questo lo rende un personaggio, almeno per me, simpatico.
Fortunatamente viene affiancato da Nikita, una studentessa universitaria ribelle che, con difficoltà, lo aiuta a superare le sue lacune intellettuali e portarlo al successo delle indagini.
“La vicenda della Uno bianca, quella vera, si è conclusa con una serie di arresti sensazionali e di sensazionali scoperte. Credo la conoscano tutti in questo pianeta, ma siccome ha a che fare con il finale del mio libro e non si sa mai che arrivi qualcuno da Marte per leggerlo, non ne parlerò. Voglio solo dire questo: io ho scritto Falange armata nel 1992. Nel 1994 la Banda della Uno bianca è stata scoperta e in un certo senso sembrava di leggere parte del mio libro. Cosa che mi ha procurato molta pubblicità con articoli tipo «Un giallista aveva scoperto tutto prima della polizia», e un periodo di strani fischi e interferenze nel mio telefono di casa. Be’, non era vero. Non sapevo niente di particolare. In realtà io non avevo anticipato proprio nulla. Era successo soltanto quello che succede sempre con i noir, o anche i gialli (che come dice Glauser «sono un ottimo mezzo per dire cose sensate»).”
dalla prefazione di Carlo Lucarelli
Le recensioni sono molto controverse, alcuni sono delusi, si aspettavano di più da Lucarelli, per altri invece è stata una piacevole scoperta. Molti si lamentano per il fatto che Coliandro sia troppo una caricatura, mentre a me piace molto proprio questo aspetto, sembra uscito da un fumetto. Un giallo noir che si mescola ad una narrazione divertente che lo rende unico e da leggere.
Prologo
Il manganello disegnò un semicerchio, fischiando, e finì dritto sulle labbra di Marchino con uno schiocco secco, tuc!, che gli fece sentire il sapore amaro della plastica prima ancora di quello dolciastro del sangue. Marchino fece tre passi indietro, sbattendo la schiena contro la rete di metallo che divideva in due la curva sud, aggrappandosi alle maglie per non cadere, si passò la lingua sotto le labbra gonfie e gli sfuggì un gemito quando si graffiò con un dente rotto. Allora aprì gli occhi e se lo vide davanti, il celerino, con il casco, la visiera alzata e il manganello, che tendeva la mano guantata per prenderlo, e quando lo afferrò per la manica del bomber, proprio sulla celtica con sotto scritto Italia Skinhead, Marchino si abbassò svelto, tirò fuori il coltello dalla tasca e lo spinse in avanti, mentre la lama usciva di scatto, nel fianco grigio. Il celerino aprì la bocca, in un sospiro corto troncato da un singhiozzo, e cadde in ginocchio sul cemento caldo dello stadio, con un contraccolpo che gli fece scendere di schianto la visiera.
— Cazzo fai, sei matto?! — urlò Chivas, e lasciò subito la poliziotta che gli aveva appena strappato la sciarpa rossa e blu dalla bocca, e urlò anche lei “cazzo fai?!’’ fissando Marchino con gli occhi sgranati, e poi “quello! Quello! È stato lui!” agli agenti che arrivavano di corsa.
Marchino scosse la testa, tenendo il coltello con due dita, come se scottasse. Lo lasciò cadere, poi fece un giro su se stesso, smarrito, guardò il poliziotto a terra che perdeva sangue dalla bocca e schizzò via, senza neanche sapere dove.