Addicted è un giallo scritto da Paolo Roversi, pubblicato nel 2019. Una storia che indaga nei meandri più reconditi della psiche umana e nei suoi lati oscuri e inconfessabili: le dipendenze.
“La prima regola che dovrai tenere a mente quando interagirai con i pazienti” gli aveva spiegato la dottoressa Stark “è che ti mentiranno. Continuamente. Sono anni che lo fanno per tenere nascoste al mondo le loro addiction. E lo faranno anche con noi. Soprattutto con noi.”
Rebecca Stark è una brillante psichiatra londinese che ha messo a punto un innovativo sistema per guarire la gente dalle proprie ossessioni. Il metodo Stark è così efficace che un magnate russo, Grigory Ivanov, decide di affidarle la conduzione della Sunrise, la prima di una serie di cliniche all’avanguardia, disseminate in tutto il pianeta, che aiuteranno le persone ad affrancarsi dalle loro peggiori addiction.
Viene così lanciata una campagna pubblicitaria a livello mondiale. Il primo centro apre in Italia, in Puglia, all’interno di un’antica masseria ristrutturata, circondata da campi e ulivi. Un posto perfetto per accogliere i pazienti che, come parte integrante della cura, dovranno lavorare, cucinare e dedicarsi alle pulizie. Vivranno, insomma, come una piccola comunità isolata.
Fra le centinaia di richieste che arrivano vengono selezionati sette candidati da diversi Paesi: Lena Weber, ossessionata dalla perfezione fisica; Jian Chow, web designer e hacker voyeur; Rosa Bernasconi, una ragazza tecno dipendente; Claudio Carrara, giocatore d’azzardo compulsivo; Julie Arnaud, manager ninfomane; Tim Parker, trader cocainomane; e, infine, Jessica De Groot, autolesionista.
All’inizio della terapia tutto sembra girare nel migliore dei modi ma, ben presto, alcuni pazienti scompaiono misteriosamente. Complice una pioggia torrenziale che tiene segregati gli ospiti, impedendogli la fuga e ogni contatto con l’esterno, comincia da quel momento un macabro gioco al massacro.
“Trovandoseli davanti, tre uomini e quattro donne, si era rilassata all’istante: le era bastato un secondo per riconoscere ciascuno di loro. Aveva trascorso molte notti insonni per studiare meticolosamente i fascicoli dei pazienti selezionati fra tutti coloro che avevano fatto richiesta. Ora le sembrava di conoscerli da sempre. Li abbracciò con uno sguardo d’insieme: c’era Lena Weber, la tedesca di Stoccarda, ancora più mascolina di come appariva nelle foto della sua cartella; poi Jian Chow, il web designer di Hong Kong; quindi la piccola ma per nulla ingenua Rosa Bernasconi; Claudio Carrara, l’avvocato con cui aveva già avuto modo di parlare e che adesso le sorrideva complice; Julie Arnaud, la manager parigina vestita come una prostituta d’alto bordo; Tim Parker, il trader newyorkese infilato in un impeccabile abito Brooks Brothers; e infine Jessica De Groot, l’olandesina magra come un chiodo, spaventata più che mai e con il braccio destro fasciato da una vistosa benda.
«Benvenuti a tutti» li accolse Rebecca con un sorriso affabile.”
Questo libro mi ha tenuto compagnia per un paio di pomeriggi, la lettura è breve, appena 189 pagine, lo stile è semplice e scorrevole ed invoglia il lettore a proseguire la lettura con curiosità.
La narrazione avviene in terza persona e la trama si dipana su due piani temporali, il presente e la Germania del 1994. Ho trovato il finale un po’ troppo frettoloso, rispetto anche alla grande attesa necessaria prima dell’azione, ma è davvero sorprendente. Se siete amanti dei classici thriller forse potrebbe deludervi, non credo neppure che possa essere catalogato come giallo classico perché il lettore non viene coinvolto nella deduzione del caso, ma resta lì, aspettando che lo scrittore si decida a rivelare il mistero, non credo che sia catalogabile, l’ho trovato comunque godibile ed interessante, anche se avrei preferito una suspense ed uno sviluppo maggiore nella parte dell’azione.
Chi sono gli addicted? Sono i soggetti che soffrono di una dipendenza fisica o chimica chiamata “addiction”.
L’idea di riunire persone con ossessioni patologiche in un posto lontano dalle loro “comfort zone”, isolati anche tecnologicamente dal resto del mondo è davvero affascinate, tutti possono essere i colpevoli, quindi regola numero uno: non fidarsi di nessuno. Questo libro si presta bene ad una versione cinematografica, spero che venga realizzata.
“L’animo umano è così. Anche nelle situazioni peggiori si adatta e prevale l’istinto di sopravvivenza.”
Offenburg, Germania. 1994
Al commissario Jürgen Fischer quel nome non era sembrato mai così appropriato come durante quella vigilia di Natale: Foresta Nera. Indicava l’immenso bosco che circondava e inghiottiva con i suoi possenti abeti borghi e strade della regione del Baden-Württemberg, una zona che si estende, da nord a sud, per centinaia di chilometri. Ovviamente l’origine di quell’appellativo era da attribuirsi alla fittissima vegetazione, anche se in quel momento il colore predominante nel paesaggio era il bianco.
La notte era calata da diverse ore e la neve non aveva smesso di cadere sin dal mattino precedente.
Gli scarponi pesanti di Fischer affondavano fino alle caviglie rendendo faticosissima l’avanzata. Insieme al Polizeikommissar c’era Conrad Berger, una guida esperta che, nonostante conoscesse quei luoghi come le sue tasche, imprecava per trovare la giusta direzione. Fischer ricordava di aver letto su una delle pubblicazioni per turisti in vendita in tutte le librerie da Friburgo a Stoccarda che da quelle parti si poteva contare su più di venti chilometri di sentieri per le escursioni: un vero labirinto considerate le attuali condizioni atmosferiche. Senza contare che con il buio e con i fiocchi che scendevano fitti pareva di camminare in una landa sperduta dell’Alaska anziché in un paradiso per amene passeggiate nel cuore della Germania.
A dirla tutta, quella zona non era nemmeno di sua competenza, ma i colleghi di Friburgo, già sotto organico per via delle vacanze, erano rimasti bloccati dalla nevicata e così la rogna era toccata a lui. La chiamata gli era arrivata quando si trovava a metà strada tra Baden Baden e Offenburg, dove abitava sua sorella Adelmute. Come ogni anno si stava recando da lei per trascorrere le feste.
I suoi superiori sapevano già che avrebbe accettato: Fischer non aveva né moglie né figli, quindi lo spirito natalizio non lo contagiava e poteva benissimo lavorare anche durante la vigilia.
«Jürgen, c’è da eseguire un controllo, roba di routine. E visto che stai di strada per Offenburg sei il più vicino… Ti accompagnerà una guida esperta in modo che tu non ti perda nei boschi.»
Il poliziotto non aveva potuto rifiutare ma cominciava già a pentirsene.
La tormenta di neve non accennava a diminuire e la traccia luminosa lasciata nel cielo dal bengala che aveva scatenato tutto questo si era ormai estinta da un pezzo. Per fortuna Berger e i ragazzi del soccorso forestale avevano avuto il tempo di calcolare con una certa approssimazione il punto esatto da cui era stato sparato il razzo luminoso e ora Fischer e la guida si stavano dirigendo lì.
Non sapevano cosa aspettarsi: poteva trattarsi di tutto; un malore, nel qual caso ci avrebbe pensato Conrad a stabilizzare il paziente grazie al suo brevetto, in attesa del recupero. Se invece era successo qualcosa di diverso, be’, Fischer era lì apposta con il suo distintivo e la sua pistola…