Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un’aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia.
Stasera, all’infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo piu’ perfetto –
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me piu’ naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
Poesia pubblicata nell’estate del 1961 nel “Critical Quarterly” e inclusa in Crossing the Water.
Sylvia Plath (27 ottobre 1932 – 11 febbraio 1963), una poetessa e scrittrice americana, famosa per le sue poesie e il romanzo semi-autobiografico “La campana di vetro”, pubblicato con lo pseudonimo di Victoria Lucas.
Attorno la suo personaggio fi creato un piccolo mito, soffrì durante tutta la sua vita adulta per una grave disturbo psichiatrico, una forma di depressione che le fu diagnosticata quando studiava all’università, durante il penultimo anno fece il primo tentativo di suicidio, cui seguì il ricovero in un istituto psichiatrico, il McLean Hospital, dove le verrà diagnosticato il disturbo bipolare.
Uscita dall’ospedale si laurea, ottenendo la lode nel 1955. Sylvia Plath ottenne una borsa di studio Fulbright per l’università di Cambridge, dove continuò a scrivere poesie, pubblicando a volte le sue opere sul giornale studentesco Varsity. A Cambridge conobbe il poeta inglese Ted Hughes. Si sposarono il 16 giugno 1956.
Vissero per un breve periodo a Londra ed in seguito si stabilirono a North Tawton, piccola città commerciale nel Devon. Nel febbraio 1961 abortì, diverse poesie fanno riferimento a questo evento. Il matrimonio si incrinò e i due si separarono poco dopo la nascita del loro secondo figlio. La loro separazione traumatica fu dovuta alla relazione che Hughes aveva iniziato con Assia Wevill, moglie di un amico poeta.
Ritornò a Londra con i figli, Frieda e Nicholas e cominciò il procedimento legale per la separazione. L’inverno tra il 1962 e il 1963 fu molto duro, intorno a questo periodo scrisse il romanzo.
L’11 febbraio 1963, dopo un mese dalla pubblicazione del romanzo, Sylvia Plath si tolse la vita, sigillò porte e finestre ed inserì la testa nel forno a gas, non prima di aver scritto l’ultima poesia intitolata “Orlo” ed aver preparato pane e burro e due tazze di latte da lasciare sul comodino nella camera dei bambini.
Secondo Al Alvarez e altri studiosi, in realtà non aveva intenzione di uccidersi, ma soltanto di rivolgere all’esterno un’estrema richiesta d’aiuto, ella sapeva, infatti, che quella mattina sarebbe passata in visita una ragazza australiana, e aveva lasciato inoltre un biglietto con scritto un numero di telefono del suo medico, e le parole: “Per favore chiamate il dottor…“.