La casa delle voci è un thriller di Donato Carrisi, pubblicato nel dicembre 2019 da Longanesi. che ci presenta per la prima volta lo psicologo Pietro Gerber. Una storia di bambini, fantasmi e malattia mentale, un nuovo mistero tutto da scoprire che risveglierà la paura in ognuno di noi.
“Gli estranei sono il pericolo. Fidati soltanto di mamma e papà.”
Trama di “La casa delle voci”
Pietro Gerber non è uno psicologo come gli altri. La sua specializzazione è l’ipnosi e i suoi pazienti hanno una cosa in comune: sono bambini. Spesso traumatizzati, segnati da eventi drammatici o in possesso di informazioni importanti sepolte nella loro fragile memoria, di cui polizia e magistrati si servono per le indagini.
Pietro è il migliore di tutta Firenze, dove è conosciuto come l’addormentatore di bambini. Ma quando riceve una telefonata dall’altro capo del mondo da parte di una collega australiana che gli raccomanda una paziente, Pietro reagisce con perplessità e diffidenza. Perché Hanna Hall è un’adulta. Hanna è tormentata da un ricordo vivido, ma che potrebbe non essere reale: un omicidio. E per capire se quel frammento di memoria corrisponde alla verità o è un’illusione, ha disperato bisogno di Pietro Gerber. Hanna è un’adulta oggi, ma quel ricordo risale alla sua infanzia.
E Pietro dovrà aiutarla a far riemergere la bambina che è ancora dentro di lei. Una bambina dai molti nomi, tenuta sempre lontana dagli estranei e che, con la sua famiglia, viveva felice in un luogo incantato: la «casa delle voci». Quella bambina, a dieci anni, ha assistito a un omicidio. O forse non ha semplicemente visto. Forse l’assassina è proprio lei.
Chi è Pietro Gerber
Pietro Gerber ha trentatré anni ed è uno psicologo, non è uno psicologo come gli altri. La sua specializzazione è l’ipnosi e i suoi pazienti hanno una cosa in comune: sono bambini. Spesso protagonisti di eventi drammatici o in possesso di informazioni importanti sepolte nella loro fragile memoria, di cui la polizia si serve per le indagini. Pietro è il migliore di tutta Firenze, dove è conosciuto come l’addormentatore di bambini.
Ciclo di Pietro Gerber
2019 – La casa delle voci
2021 – La casa senza ricordi
2022 – La casa delle luci
Incipit “La casa delle voci”
23 febbraio
Una carezza nel sonno.
Nel nebbioso confine con la veglia, un attimo prima di precipitare nell’abisso dell’oblio, il tocco leggero di dita gelide e sottili sulla fronte, accompagnato da un triste e dolcissimo sussurro.
Il suo nome.
Sentendosi chiamare, la bambina sbarrò gli occhi. Ed ebbe subito paura. Qualcuno era venuto a farle visita mentre si addormentava. Poteva essere uno dei vecchi abitanti della casa, a volte chiacchierava con loro o li sentiva muoversi come i topi, rasentando i muri.
Ma gli spettri parlavano dentro, non fuori di lei.
Anche Ado – il povero Ado, il malinconico Ado – veniva a trovarla. Però, a differenza di tutti gli altri spiriti, Ado non parlava mai. Perciò a turbarla adesso era un pensiero più concreto.
A parte mamma e papà, nessuno conosceva il suo nome nel mondo dei viventi.
Era la «regola numero tre».
L’idea di aver violato una delle cinque raccomandazioni dei suoi genitori l’atterriva. Si erano sempre fidati di lei, non voleva deluderli. Non proprio ora che papà le aveva promesso di insegnarle a cacciare con l’arco e che anche la mamma si era convinta. Ma poi rifletté: come poteva essere stata colpa sua?
Regola numero tre: non dire mai il tuo nome agli estranei.
Non aveva detto il suo nuovo nome agli estranei, né era possibile che qualcuno di loro l’avesse appreso per sbaglio. Anche perché erano almeno un paio di mesi che non vedevano qualcuno aggirarsi nei paraggi del casale. Erano isolati in mezzo al nulla della campagna, la città più vicina distava due giorni di cammino.
Erano al sicuro. Solo loro tre.
Regola numero quattro: non avvicinarti mai agli estranei e non lasciarti avvicinare da loro.
Allora com’era stato possibile? Era stata la casa a chiamarla, non c’era altra spiegazione. A volte, le travi producevano sinistri scricchiolii o gemiti musicali. Papà diceva che il casale si assestava sulle fondamenta come una signora attempata seduta in poltrona che ogni tanto sente il bisogno di mettersi più comoda. Nel dormiveglia, uno di quei rumori le era sembrato il suono del suo nome. Tutto qui.
La sua anima inquieta si placò. Richiuse gli occhi. Il sonno, col suo silenzioso richiamo, la invitava a seguirla nel posticino caldo dove tutto si dissolve.
Stava per abbandonarsi, quando qualcuno la chiamò di nuovo.
Stavolta la bambina si tirò su dal cuscino e, senza scendere dal letto, scandagliò il buio nella stanza. La stufa in corridoio era spenta da ore. Oltre le coperte, il freddo assediava il suo giaciglio. Adesso era perfettamente vigile.
Chiunque fosse stato a invocarla non era in casa, era là fuori, nella notte buia dell’inverno.
Aveva parlato con il verso degli spifferi che si insinuano sotto le porte o fra le persiane chiuse. Ma il silenzio era troppo profondo e lei non riusciva a scorgere altro suono, con il cuore che le sbatacchiava nelle orecchie come un pesce dentro un secchio.
«Chi sei?» avrebbe voluto domandare alla tenebra. Ma temeva la risposta. O forse la conosceva già.
Regola numero cinque: se un estraneo ti chiama per nome, scappa.