Let it snow. Innamorarsi sotto la neve è un libro pubblicato nel 2008, in Italia da Rizzoli nel 2015, scritto da John Green, Maureen Johnson e Lauren Myracle, affermati autori per adolescenti, che regalano tre racconti che s’intrecciano tra loro durante le magiche vacanze natalizie.
“Le sue labbra hanno toccato le mie, e uno scampanellio ha risuonato dentro di me, allegro, argentino e puro. Probabilmente era solo la campanella sulla porta”
È la Vigilia di Natale a Gracetown, e tutto sembra perfetto. La neve cade leggera, i regali sono già impacchettati sotto l’albero e le luci di Natale danzano sulle strade, come se il mondo avesse deciso di prendersi una pausa dalla frenesia. Ma, come sempre, quando pensi che finalmente la magia sia nell’aria, arriva la tormenta. E allora ecco che il piano perfetto diventa un caos. Potresti ritrovarti bloccato su un treno, in mezzo al nulla, con la neve che ti spinge a fare i conti con il freddo, la solitudine e un intrigante sconosciuto che ti fa domande che non avevi mai pensato di farti. Oppure salire in macchina, sperando che una festa memorabile ti faccia dimenticare il resto del mondo, solo per scoprire che l’amore è più vicino di quanto pensassi, ma non nel modo che ti aspettavi. O magari ritrovare una persona che pensavi persa, ma dopo una giornata che sembra una serie di disastri, ti accorgi che il vero miracolo è tutto lì, davanti a te, tra un imprevisto e un sorriso. Natale, dopotutto, è anche questo: un viaggio tra il caos e la meraviglia.
Let it snow. Brevi racconti
Questi racconti di Natale sono perfetti per un pubblico adolescente, il primo racconto è decisamente quello che colpisce di più, il più divertente, mentre l’ultimo, però, risulta un po’ più piatto e noioso. L’idea di collegare i racconti, facendo diventare il personaggio secondario di uno il protagonista di un altro, è simpatica.
Primo racconto
Jubilee Express di Maureen Johnson, traduzione di Francesco Gulizia.
È la Vigilia di Natale, ma per Jubilee non c’è nulla di festoso nell’aria. L’idea di passare le festività dai nonni le fa accapponare la pelle, e il treno che la porta lontano da casa sembra essere l’ultimo posto dove vorrebbe trovarsi. Il destino, però, ha altre intenzioni. Una nevicata improvvisa blocca il treno in una località che nessuno sembra conoscere, e Jubilee si ritrova a fare i conti con l’imprevedibile.
Accanto a lei c’è Jeb, un ragazzo che ha conosciuto in viaggio, anche lui intrappolato nell’incubo del Natale in solitudine. E come se la situazione non fosse già abbastanza bizzarra, un gruppo di cheerleaders – sì, cheerleaders, di quelle con i pompon – fa la sua comparsa, trasformando la scena in un mix tra un film di Natale e una sfilata di Halloween.
La soluzione, a quanto pare, è una Waffle House. Un rifugio contro il gelo e le stranezze del mondo. Ma una volta dentro, tra uno strofinamento di mani e l’attesa che il freddo vada via, ecco che appare un ragazzo. E non un ragazzo qualunque: strano, enigmatico, di quelli che ti fanno pensare che forse, in fondo, non è solo il Natale a essere fuori posto.
“Era la sera della vigilia di Natale.
Anzi, per essere più precisi era il pomeriggio della vigilia di Natale. Ma prima che vi conduca nel cuore pulsante dell’azione, chiariamo subito una cosa. So per esperienza che se saltasse fuori più avanti, ne sareste così distratti da non riuscire più a concentrarvi sul resto di ciò che vi dico.
Il mio nome è Jubilee Dougal. Fermatevi un momento per abituarvi all’idea.
Visto? Ad affrontarlo in questo modo, non è poi così tremendo. Ora, immaginate se nel bel mezzo di una lunga storia (come quella che sto per raccontarvi), vi buttassi lì: «Ah, a proposito, io mi chiamo Jubilee». A quel punto, non sapreste più come reagire.
Il nome Jubilee fa un po’ spogliarellista, lo so. Forse pensate che abbia anche sentito il richiamo del palo, ma non è così. Se mi vedeste, capireste quasi subito che non sono una spogliarellista (almeno, credo). Ho i capelli neri a caschetto. Per metà del tempo porto gli occhiali e per l’altra metà le lenti a contatto. Ho sedici anni, canto in un coro e partecipo alle Olimpiadi di matematica. E gioco a hockey su prato, attività che non ha niente a che vedere con quella grazia sinuosa e oleata che per le spogliarelliste rappresenta lo strumento del mestiere. (Non ce l’ho con le spogliarelliste, nel caso qualche spogliarellista stesse leggendo. È solo che io non lo sono. In tema di spogliarelli, ho giusto qualche perplessità sul lattice. Penso che il lattice possa danneggiare la pelle perché non le permette di respirare.)
La mia obiezione è che Jubilee non è un nome, al massimo è una festa. Nessuno sa di che tipo, però. Avete mai sentito di qualcuno che ne organizzava una? E se anche fosse, voi ci andreste? Io no. Sembra tanto una di quelle occasioni in cui si noleggia un grande gonfiabile, si appendono i festoni e si predispone un piano complicato per la raccolta dei rifiuti.
A pensarci, dev’essere un po’ come chiamarsi Quadriglia.
Il mio nome ha molto a che fare con questa storia e, come vi ho detto, era il pomeriggio della vigilia di Natale. Era uno di quei giorni in cui senti… che la vita ti sorride. Gli esami erano finiti, la scuola era chiusa fino a Capodanno. Ero a casa da sola e mi sentivo al caldo e al sicuro. Mi ero messa un completo nuovo per quella sera, comprato con i miei risparmi: gonna nera, collant, una sfavillante maglietta rossa e nuovi stivali neri. Stavo bevendo uno zabaione al latte fatto da me. I regali erano impacchettati e pronti a prendere il volo. Tutto procedeva verso il grande evento: alle sei sarei andata a casa di Noah – Noah Price, il mio ragazzo – per il tradizionale Smorgasbord, il buffet della Vigilia organizzato dalla sua famiglia.”
Secondo racconto
Un cheertastico miracolo di Natale di John Green, traduzione di Stefania Di Mella.
Tre amici – Tobin, JP e il Duca (il soprannome della misteriosa Angie, unica ragazza del trio) – si ritrovano a passare la Vigilia insieme, seduti sul divano, a guardare i film di James Bond. I genitori di Tobin sono bloccati a Boston a causa di una tempesta di neve che non sembra voler finire mai. Quindi, niente Natale in famiglia, ma niente paura: è il momento di lanciarsi in un’avventura diversa dal solito. Tobin, più che tranquillo, si fa avanti, proponendo ai suoi amici di sfidare la tormenta e raggiungere il Waffle House, dove li aspettano le cheerleader. Una notte di Natale speciale, lontano dalle convenzioni. E così, con lo spirito del Natale che non conosce pause, si caricano in macchina, pronti a rischiare tutto per un po’ di divertimento.
Ma la neve, come sempre, sa come metterti alla prova. La macchina slitta, pattina sull’asfalto gelato, e un’incertezza inquietante riempie l’aria. Sembra proprio che il destino voglia scherzare con loro. Finché l’auto si ferma, e lì, in quel momento, si accorgono di loro. I rivali: i gemelli più “grossi” della scuola, pronti a superarli. Ed è così che inizia una corsa verso il Waffle House, piena di ostacoli, risate, e adrenalina. Una battaglia, ma anche una sfida di cuore. E proprio mentre la neve li avvolge, Tobin inizia a guardare il Duca con occhi diversi. Perché a volte, le tempeste più forti sono quelle che ci fanno capire davvero chi abbiamo accanto.
“Eravamo al quarto film della nostra maratona James Bond, io, JP e il Duca, quando mia madre ha telefonato. Non ho guardato neanche chi era. Sapevo che era lei. Il Duca ha alzato gli occhi al cielo, seccata, e messo in pausa.
«Ma qual è il punto, crede che tu vada da qualche parte? C’è la bufera fuori.»
Io ho scrollato le spalle e risposto al telefono.
«Niente da fare» ha detto mamma. In sottofondo si sentiva il ronzio di una voce che ribadiva l’importanza della sicurezza nazionale.
«Mi dispiace, mamma. Che sfiga.»
«È assurdo!» è sbottata lei. «Non possiamo prendere un aereo per nessun posto, e men che meno per tornare a casa.» Eranobloccati a Boston da tre giorni. Un convegno di medici. Questa storia di dover passare il Natale a Boston la sconfortava. Come se Boston fosse una zona di guerra. Io ne ero piuttosto elettrizzato, invece. Una parte di me ha sempre amato i drammi e gli inconvenienti scatenati dal maltempo. Peggio è, più mi piace.
«Eh, sì, sfiga» ho detto.
«Dovrebbe smettere in mattinata, ma è tutto bloccato. Non possono neanche garantirci che saremo a casa domani. Papà sta cercando di affittare un’auto, ma ci sono file lunghissime. E comunque non arriveremmo prima delle otto, le nove di domattina, anche se viaggiamo tutta la notte. Ma è Natale, non possiamo passare il Natale separati!»
«Tranquilla, andrò dal Duca» ho detto. «Isuoi genitori mi hanno già invitato. Starò lì con loro, aprirò tutti i miei regali, gli racconterò che i miei mi trascurano e magari il Duca mi passerà qualcuno dei suoi regali, straziata dal poco bene che mi vuole la mia mamma.» Ho guardato il Duca, che mi ha fatto un sorrisetto.”
Terzo racconto
Il santo patrono dei maiali di Lauren Myracle, traduzione di Giulia De Biase.
La Vigilia di Natale, Abbie la sta passando nel peggior modo possibile. È lì, sul divano, con una tazza di cioccolata calda che ormai si è raffreddata, il telefono in mano e la testa che le scoppia. Jeb. Di nuovo Jeb. Un anno fa, proprio quel giorno, si erano fidanzati. Oggi, un anno dopo, lei si ritrova con il cuore in frantumi, proprio come se il tempo non fosse passato, come se tutto fosse rimasto sospeso in quell’attimo. Ha cercato di recuperare. Ci ha provato davvero: un incontro da Starbucks, niente di più. L’idea era di sistemare le cose, di spiegarsi, di ritrovare un po’ di quella magia che avevano avuto. Ma lui non si è presentato. Niente. Silenzio. E ora Abbie è là, a domandarsi se l’abbia perso per sempre, se ogni speranza sia davvero vana.
Poi, però, c’è Dorrie e Tegan, le sue amiche, quelle vere. Quella che ti chiamano anche se non lo vuoi, che ti fanno ridere anche quando non c’è nulla da ridere. Non è la stessa cosa, ovviamente. Non è Jeb. Ma, alla fine, ti basta un po’ di affetto, un abbraccio, e una battuta stupida per far sì che la solitudine della Vigilia non sembri così insopportabile. Perché, alla fine, nessuna Vigilia di Natale può davvero distruggerti quando hai intorno chi ti vuole bene.
“Essere me era uno schifo. Esserlo proprio in una sera bellissima come quella, poi, con la neve che si accumulava silenziosamente in mucchi di mezzo metro fuori dalla finestra della mia stanza, era uno schifo anche doppio. Se ci mettete il fatto che era il giorno di Natale, lo schifo diventava triplo. Per non parlare della triste, dolorosa, devastante assenza di Jeb… e ding-
ding-ding! La campanella sulla punta dello schifometro squillava all’impazzata.
Altro che jingle bells e campanellini di Natale. Per me solo campane a morto. Che allegria.
Speravo tanto che Dorrie e Tegan si spicciassero a venire. Mi sentivo come un piatto di figgy pudding natalizio, che non so nemmeno con che è fatto ma che comunque è quella cosa che sta a guardarti da un angolo del buffet, intatta e abbandonata a se stessa perché nessuno la vuole. Ecco, quella ero io. Fredda, sola e già un po’ indurita.
Grrr. Odiavo commiserarmi, ed è per questo che avevo chiamato Tegan e Dorrie, supplicandole di venire da me. Ma loro non erano ancora arrivate e, comunque, commiserarmi era l’unica cosa che mi andava di fare.
Perché Jeb mi mancava da morire.
Perché se ci eravamo lasciati – da appenauna settimana, per cui la ferita era ancora aperta e sanguinava di brutto – era tutta colpa mia, stupida che non sono altro.
Perché avevo scritto a Jeb una (patetica?) mail in cui gli chiedevo per favore per favore per favore se potevamo vederci da Starbucks per parlare il giorno dopo, ovvero la Vigilia. E lui non si era fatto vedere. Non aveva nemmeno chiamato.”
Recensione
Le recensioni su questo libro sono per lo più positive, e la mia lo è, ma solo se si ha ben chiaro cosa si sta per leggere. Parliamo di tre racconti lunghi, scritti da tre autori diversi, tutti con una solida esperienza nel mondo della narrativa per adolescenti. L’idea di intrecciare le storie è un colpo di genio: personaggi che in una trama sembrano quasi trasparenti, nell’altra diventano i veri protagonisti. Se siete quelli che si fanno coinvolgere dalle atmosfere natalizie, be’, preparatevi a una buona dose di cliché del Natale in stile americano. Se vi piace quel tipo di magia, questo libro fa al caso vostro. Non aspettatevi una lettura che vi faccia riflettere o vi scombini: è un libro leggero, ben strutturato, ma talvolta un po’ surreale. Ma se ci pensiamo, è anche questo il bello del genere: storie d’amore adolescenziale che si avvolgono in una calda coperta di atmosfera natalizia. E per chi cerca un regalo natalizio per una giovane ragazza, potrebbe essere la scelta perfetta.
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Let it snow. Il film
Nel 2019 è stato tratto l’omonimo film del regista di Luke Snellin, con Odeya Rush, Kiernan Shipka, Isabela Moner, Shameik Moore, Joan Cusack. (Netflix)
Tre storie romantiche si consumano durante la vigilia di Natale quando una bufera di neve si abbatte sulla cittadina di Gracetown. Jubilee, bloccata dalla tempesta su un treno, finisce per passare la vigilia con Stuart, un ragazzo appena conosciuto.
Tobin si avventura con un gruppo di amici in mezzo alla neve per raggiungere un locale, attirato da un gruppo di cheerleader, ma scoprirà che il suo vero amore è una vecchia amica,
Angie. Addie si occupa di un maialino nano, pensando alla fine del suo amore con Jeb.