Baci da Polignano è un romanzo di Luca Bianchini, pubblicato il 26 maggio 2020, da Mondadori. Ritornano i protagonisti pugliesi tanto amati in Io che amo solo te e La cena di Natale, che continuano ad amare e sbagliare, tra panzerotti e lacrime, viaggi a Mykonos e tuffi all’alba, sotto il cielo di una Polignano che ha sempre una luce unica e inimitabile.
“In fondo, Mimì aveva sempre sognato la libertà, ma alcuni sogni sono belli solo se non si realizzano.”
Ninella e don Mimì si sono sempre amati, anche se le loro vite hanno preso da molto tempo strade diverse. Da giovani le loro famiglie si erano opposte al matrimonio, a sposarsi invece sono stati i rispettivi figli Chiara e Damiano. Gli anni passano e davanti a don Mimì Ninella resta sempre una ragazzina. L’arrivo di una nipotina, anziché avvicinarli, sembra averli allontanati ancora di più, anche perché Matilde, l’acida moglie di don Mimì, fa di tutto per essere la nonna preferita, viziando a dismisura quella che tutti chiamano semplicemente “la bambina”.
La situazione cambia all’improvviso quando Matilde perde la testa per Pasqualino, il tuttofare di famiglia. Mimì decide così di andare a vivere da solo nel centro storico di Polignano: è la sua grande occasione per ritrovare Ninella, che però da qualche tempo ha accettato la corte di un architetto milanese. Con più di cento anni in due, Ninella e Mimì riprendono una schermaglia amorosa dall’esito incerto, tra dubbi, zucchine alla poverella e fughe al supermercato. Intorno a loro, irresistibili personaggi in cerca di guai: Chiara e Damiano e la loro figlia che li comanda a bacchetta; Orlando e la sua “finta” fidanzata Daniela; Nancy e il sogno di diventare la prima influencer polignanese; la zia Dora, che corre dal “suo” Veneto per riscattare l’eredità contesa di un trullo.
“Ninella si era svegliata entusiasta: aveva perso un chilo. Poche cose rendono felice una donna più di un «ti vedo dimagrita». Anche se lei, anziché pesarsi, indossava una vecchia gonna e a seconda di quanto le stringeva capiva se era in forma o meno, senza rimuginare su quei due o tre etti in più che mandavano in crisi le altre. Quindi il suo chilo perso era puramente indicativo. Andò in cucina e apparecchiò il tavolo con tante gallette e un cornetto crema e amarena per sua figlia: che poi lei non se la spiegava questa faccenda di aggiungere l’amarena alla crema, la trovava nauseante. Aprì la finestra e si affacciò a guardare il mare, che invece non la stancava mai, perché ogni giorno era diverso e le raccontava una storia nuova. Quella mattina era quasi piatto, minimale, come certi abiti giapponesi che aveva visto su un giornale.”
Il libro è uscito da poco quindi le recensioni che circolano sono minime, ma tutte positive. Bianchini con leggerezza e semplicità riesce a far amare i suoi personaggi, regalando anche molte riflessioni sull’amore. Non vedo l’ora di leggerlo.
L’alba giunse su Polignano come una carezza.
Dopo una notte senza vento, il cielo sembrò accendersi di colpo, passando dal nero all’azzurro al giallo. Un regalo che la natura riserva a pescatori, panettieri, agricoltori, medici, dee-jay, baristi e innamorati.
Se poi sei insonne, il sole che nasce placa per un attimo la tua inquietudine, soprattutto quando l’estate è all’orizzonte e il mondo pare un luogo felice.
Quella fu la prima alba che don Mimì vide dalla sua nuova casa, “sopra i mour”, in una delle poche zone abitate del centro storico: lì non esistevano bed and breakfast, alberghi o cantine condonate. Era una sorta di bolla urbana all’interno di un villaggio da fiaba. Aveva ristrutturato quell’appartamento per Orlando, il suo figlio minore, che invece si era trasferito a Bari.
Mimì non avrebbe mai pensato di spostarsi lì, ma aveva deciso di lasciare sua moglie Matilde e il palazzotto di famiglia dove avevano vissuto da quando si erano sposati. Dopo ’u fatt aveva prima alloggiato qualche mese in un residence, un po’ in incognito, giusto il tempo di capire se la situazione si potesse risolvere. Sua moglie però non aveva mostrato particolari ravvedimenti, lui non aveva fatto alcuno sforzo, e infine aveva traslocato una volta per tutte. Tornava nel quartiere in cui era nato suo nonno, quando faceva il contadino, prima di diventare un piccolo imprenditore. Finalmente solo, finalmente libero, finalmente in un posto dove comandava lui.
Matilde, che per anni lui aveva dato per scontata, si era presa una sbandata per Pasqualino, il tuttofare di famiglia, l’uomo di fiducia incaricato di sbrigare le faccende degli Scagliusi: impianti elettrici, manutenzione dei sanitari, potatura delle piante, mobili da spostare, verdure fresche da consegnare. E alla fine di una lunga e onorata carriera, come premio, si era portato via la moglie del capo.
In effetti, erano un po’ troppe le volte in cui la signora aveva voglia ora di cime di rapa, ora di carote viola, e naturalmente i rubinetti a fotocellula non funzionavano mai e «chiamo Pasqualino?» era la domanda più frequente.
Don Mimì, pur di non sentirla, aveva delegato sempre più il tuttofare alla complessa gestione della loro casa, soprannominata “il Petruzzelli” – come il leggendario teatro di Bari – perché aveva le mura esterne rosso carminio in mezzo a un paese bianchissimo.