Gli Eletti è un thriller scritto da Jeffery Deaver, pubblicato a luglio 2020 da Rizzoli, tradotto da Sandro Ristori. Questo romanzo è il secondo della serie che ha come protagonista Colter Shaw, un cercatore di persone scomparse.
Dopo “Il gioco del mai“, ritorna Colter Shaw con una nuova missione nelle desolate foreste dell’ovest, attraverso gli antichi e oscuri misteri del culto egizio di Osiride, contro l’omonima Fondazione.
La bussola che guida Colter è lo stile di vita che si è scelto: non fermarsi mai, dare la caccia a criminali e persone scomparse, scalare pareti di roccia, sentire il vento sulla faccia. Spingersi al limite.
“Mai sottostimare il potere della religione, nel bene e nel male.
Non era una delle regole di suo padre: a insegnargli quella verità era stato un decennio di caccia alle ricompense.”
Trama di “Gli Eletti”
Persone da ritrovare, vite da salvare. Su questo è incentrata la carriera – o meglio, l’intera esistenza – del cacciatore di ricompense Colter Shaw. Per chi lo ingaggia rappresenta un’ottima alternativa alla polizia, ma ti devi fidare dell’uomo, uno allergico alle burocrazie e capace di sovvertire le regole del buon senso. Come accade in una giornata estiva di giugno.
C’è stata una vittima, un ragazzo che Colter doveva riportare a casa e che aveva inseguito fino alla zona selvaggia nel nord dello Stato di Washington. Qui, al riparo tra le valli delle Montagne Rocciose, ha sede la Fondazione Osiride, che promette felicità a chi ha sofferto. Farsi accettare al suo interno riesce facile a Colter perché, in fondo, è vero: anche lui ha un segreto che non lo fa dormire, un ricordo che brucia. Ma ben presto scopre che, una volta entrati nella schiera degli eletti di Osiride, è quasi impossibile uscirne. O almeno, uscirne vivi.
“Un tempo Colter Shaw aveva pensato di fare l’avvocato. Quando la famiglia aveva abbandonato la Baia di San Francisco per ragioni di sicurezza e si era trasferita nella California orientale, suo padre si era portato dietro centinaia di libri, tra cui parecchi tomi giuridici. Da ragazzino, Colter li divorava. Gli piacevano in particolare i casi concreti. Gli esempi pratici. Tutti i verdetti emanati dai tribunali. Li leggeva come se fossero romanzi.
Grazie alla sue conoscenze in materia di diritto, Shaw sapeva …”
Chi è Colter Shaw
Colter Shaw non è un poliziotto né un investigatore privato, incarna lo spirito del cacciatore di taglie. È un tracker, un localizzatore, uno che per vivere cerca persone scomparse, una volta portata a termine la sua missione, incassa la ricompensa da parte dei familiari di chi è scomparso nel nulla. Non lavora per criminali, è poco incline alla violenza ed è allergico alla burocrazia.
A bordo di un furgone, viaggia da una parte all’altra degli States per aiutare la polizia a risolvere i crimini e i privati cittadini e attraverso gli insegnamenti di suo padre e il suo carattere coriaceo non si arrende davanti alle ingiustizie, spingendolo a lottare fino ad adottare soluzioni estreme. Allenato dal padre fin da bambino a contare solo su se stesso quando lì fuori si mette male, Shaw è un vero talento nel seguire gli indizi, anche i più indecifrabili. Sa come sopravvivere in ogni situazione, anche la più estrema, perché sa quali regole rispettare.
Colter Shaw è un uomo pacato, silenzioso, che sorride di rado, eppure quando lavora su un caso tende a straparlare. La bussola che guidava Colter Shaw era lo stile di vita che si era scelto: non fermarsi mai nello stesso posto, dare la caccia a criminali e persone scomparse, scalare pareti di roccia, sentire il vento in faccia sulla sua moto in corsa. Spingersi al limite. Aveva sedici anni quando, in una fredda sera d’ottobre, aveva scoperto il corpo di suo padre nella desolazione di Echo Ridge.
Un tempo Colter Shaw aveva pensato di fare l’avvocato. Quando la famiglia aveva abbandonato la Baia di San Francisco per ragioni di sicurezza e si era trasferita nella California orientale, suo padre si era portato dietro centinaia di libri, tra cui parecchi tomi giuridici. Da ragazzino, Colter li divorava. Gli piacevano in particolare i casi concreti. Gli esempi pratici. Tutti i verdetti emanati dai tribunali. Li leggeva come se fossero romanzi.
Colter Shaw era cresciuto senza Internet, senza televisione. Il cinema più vicino alla Tenuta era a trenta chilometri di distanza. Trenta chilometri di terreno difficile e ostile, tra l’altro. L’ascolto della radio era tollerato, ma non incoraggiato. Usare il ricetrasmettitore invece era proibito, tranne che per le emergenze: Ashton temeva che i segugi delle onde radio potessero mettersi sulle loro tracce. Un monito che turbava molto i suoi figli, e non tanto per la minaccia in sé: lo vedevano come l’ennesimo segno del progressivo declino mentale del genitore. Tuttavia, nel corso dei viaggi per andare a trovare la famiglia a Seattle o a Austin, Shaw aveva scoperto i film. Suo zio gli aveva fatto conoscere il noir, che presto era diventato il suo genere preferito.
Nel corso della sua carriera era stato arrestato più di una volta. Anche se non era mai stato condannato, la natura stessa del suo lavoro implicava degli occasionali scontri con la polizia, e poteva capitare che gli agenti, a seconda dell’umore e delle circostanze del momento, lo trascinassero in centrale.
Incipit di “Gli Eletti”
11 giugno, ore 14:00
Pochi secondi per decidere.
Doveva sterzare a sinistra? A destra?
O lanciare la macchina dritto nella boscaglia? Nella stretta scarpata che finiva contro la parete rocciosa?
A sinistra.
L’istinto.
Colter Shaw sterzò bruscamente e frenò, senza inchiodare: non poteva permettersi di sbandare o perdere aderenza. La Kia a noleggio, che aveva toccato i sessantacinque all’ora su quella tortuosa stradina che serpeggiava tra le montagne, si lanciò in mezzo al fogliame, evitando all’ultimo istante un impatto frontale con il masso che era rotolato giù dal ripido versante per poi fermarsi proprio in mezzo alla strada. Un enorme sasso di novanta chili dovrebbe fare un frastuono terribile precipitando in mezzo agli arbusti e ruzzolando tra la ghiaia e il terriccio, giusto? E invece no, era scivolato dolcemente. In silenzio, o quasi.
A sinistra. La decisione giusta.
Se avesse girato dall’altra parte, la macchina si sarebbe schiantata contro una sporgenza rocciosa nascosta in mezzo alla distesa marroncina dell’erba alta.
Quando doveva prendere una decisione di natura professionale, Shaw dedicava molto tempo a valutare i possibili rischi, assegnando a ogni evenienza una percentuale di plausibilità. Eppure sapeva che a volte non puoi far altro che tirare i dadi e restare a guardare.
Gli airbag non erano scoppiati. Nessuna ferita, nessun danno. Però era intrappolato dentro la Kia. Alla sua sinistra, un mare di maonia, anche conosciuta come «uva dell’Oregon». Due nomi innocui e piacevoli. E fuorvianti: la pianta aveva spine acuminate come aghi, in grado di superare senza problemi i vestiti e perforare la pelle. Da lì non sarebbe uscito di certo. Il lato del passeggero era messo meglio: c’era solo un’inoffensiva cinquefoglia, allegra e rigogliosa nello splendore di giugno, e una macchia di forsizia.
Shaw aprì a forza la portiera destra, continuò a spingere fino a che non riuscì a scacciare rami e foglie. Si accorse che il suo avversario aveva scelto bene i tempi per lanciare l’attacco. Se avesse fatto cadere il masso troppo presto, Shaw non avrebbe avuto problemi a frenare. Se avesse agito anche con un solo secondo di ritardo, invece, la Kia sarebbe passata incolume.
Era certo che fosse stata un’aggressione premeditata.
Lo Stato di Washington era colpito da terremoti e attività sismiche di ogni tipo ma nei dintorni non s’era mosso nulla, e i massi di quelle dimensioni di solito se ne stanno buoni dove si trovano, a meno che qualcuno non li sposti intenzionalmente, facendoli rotolare davanti (o sopra) a una macchina lanciata all’inseguimento di un criminale armato in fuga.
Dopo essersi levato la polvere dalla giacca sportiva a quadri marrone, Shaw si strizzò nello stretto spazio tra la portiera e il telaio. Era in ottime condizioni fisiche, come ci si poteva aspettare da un uomo che per hobby scala montagne, ma il varco che era riuscito a ritagliarsi non superava i trentacinque centimetri e ben presto rimase incastrato. Decise di allargarlo con uno spintone. Poi si tirò indietro, e giù un altro spintone. Aveva guadagnato qualche centimetro.
Sentì un fruscio nella boscaglia dall’altra parte della strada. Il tizio che aveva gettato il masso di fronte alla sua macchina stava scendendo il versante della collina, fendendo la densa vegetazione. Shaw si dimenò per liberarsi. Quell’uomo aveva qualcosa in mano. Qualcosa che scintillava. Una pistola.
Suo padre era un survivalista, e in un certo senso lo era anche Shaw. Conosceva miriadi di modi diversi per ingannare la morte. E poi era uno scalatore, un fanatico del motocross, senza contare che la sua professione lo metteva di fronte ad assassini e criminali che non si sarebbero fermati di fronte a nulla pur di non finire in galera. Il fumo della morte si innalzava attorno a lui, sempre, lo seguiva e lo avvolgeva ovunque andasse. Ma a preoccuparlo non era la prospettiva della fine di tutto. Nella morte non c’era consapevolezza. No, un infortunio catastrofico sarebbe stato molto, molto peggio. Un danno irreparabile alla spina dorsale, agli occhi, alle orecchie. Un corpo mutilato. Un mondo eternamente oscuro o muto.
Era sempre stato «quello inquieto» tra i suoi fratelli. E adesso che era cresciuto e di quell’inquietudine aveva fatto uno stile di vita, sapeva che un handicap del genere sarebbe stato intollerabile per lui. L’inferno in terra.
Continuò a spingere. A strizzarsi nel varco.
Era quasi fuori.
Forza, forza…
Sì!
No.
Proprio quando stava per evadere dalla sua prigione, il portafogli, nella tasca posteriore sinistra dei jeans neri, rimase impigliato.
Il suo aggressore si bloccò, sporgendosi in mezzo alla vegetazione, e sollevò la pistola. Shaw sentì lo scatto del cane. Un revolver.
Un revolver grosso, per la precisione. Quando sparò, la forza della detonazione fece volare le foglie verdi dai rami.
Mancato. Il proiettile atterrò poco lontano da Shaw, sollevando una nuvola di polvere.
Un altro click.
L’uomo sparò di nuovo.
E questa volta centrò il bersaglio.