Mina Settembre è un personaggio nato dalla penna di Maurizio de Giovanni, autore di altre famose serie di gialli come “I Bastardi di Pizzofalcone” e “Il commissario Ricciardi“. Come gli altri pure questo personaggio si è fatto conoscere anche da chi non ha mai preso un libro in mano, grazie l’adattamento televisivo Rai diretto da Tiziana Aristarco, che sta entusiasmando i telespettatori.
Gelsomina Settembre, detta Mina, assistente sociale che lavora in un consultorio dei Quartieri Spagnoli di Napoli, sensibile e determinata, decisa a fare di tutto per aiutare i deboli e che non si sottrae mai alle richieste d’aiuto, neppure se è costretta a fronteggiare la temuta famiglia che governa mezza città, è un personaggio affascinate che ritroviamo in due racconti e in tre romanzi ed anche se ci sono delle differenze tra gli scritti e la fiction, lei ed i personaggi che l’accompagnano piacciono in entrambi i casi.
Le differenze principali tra i libri e la serie sono queste:
La serie è meno ironica e più dramma romantico rispetto ai libri. I due casi narrati nei racconti sono presenti anche nella fiction, ma la serie contiene anche altri casi scritti dagli sceneggiatori per comporre i 12 episodi. I libri sono ambientati nei Quartieri Spagnoli, mentre la serie è girata nel Rione Sanità.
L’età di Mina (interpretata da Serena Rossi) nei libri ha 42 anni e nella serie 38, anche i tratti fisici sono differenti, come l’enorme seno che la imbarazza e tenta di nascondere con abiti larghissimi, nei libri è disordinatissima e lo dimostra anche la sua macchina sempre sporca e piena di cianfrusaglie, mentre nella fiction sembra molto più perfettina.
Domenico Gammardella «chiamami Mimmo», bello come Robert Redford, non ha decisamente i tratti somatici di Giuseppe Zeno che lo interpreta nella serie ed il loro incontro nei libri non avviene per la strada mentre sta per essere investita dal ginecologo alla guida di un motorino, ma si incontrano al consultorio ed anche se lei sente subito attrazione verso di lui lo tratta spesso con scortesia, altezzosità e arroganza, mentre lui è sempre molto gentile.
“Aveva pianto anche lei, fino a quando era arrivato il sostituto, il dottor Domenico Gammardella, chiamami Mimmo. Mimmo si presentò una mattina di primavera, giovane e stazzonato il giusto, i capelli spettinati e impettinabili a incorniciare occhi nocciola chiaro, un velo di barba bionda, denti forti e bianchi che balenavano in improvvisi sorrisi, spalle larghe e dita lunghe e sottili. Perfino la fossetta sul mento, aveva. Mina, una volta richiusa la bocca, aveva esibito un’estrema e raggelante professionalità difensiva che aveva ricondotto il sorriso di Domenico chiamami Mimmo a dimensioni molto più contenute. Le utenti del consultorio si erano moltiplicate come polli in batteria, e alcuni fidanzati a scanso di equivoci avevano preso ad accompagnare le proprie donne alla visita; il fatto era socialmente positivo nell’ottica della responsabilità di coppia, e Mina ne era stata contenta. Il problema era che, per chissà quale carsica rotta dei sentimenti, non poteva fare a meno di essere sempre molto brusca quando si rivolgeva al dottor Domenico, chiamami Mimmo, che al contrario era con lei cordiale al limite dell’affettuoso; e che per di più, disorientandola gravemente, invece di guardarle il seno le rivolgeva sguardi dolcissimi color nocciola. Il loro rapporto viveva così una fase di stasi, con una tensione sessuale che si tagliava col coltello tra la formale gentilezza di lui e la barriera di ingiustificata freddezza di lei.”
Nei racconti non sono presenti le amiche e nemmeno il generale, non esiste neppure la storia sul padre di Mina e la sua misteriosa amante.
Nei Libri non è Claudio (interpretato da Giorgio Pasotti) che ha tradito Mina, ma Mina che ha tradito Claudio con un collega siciliano.
“… a seguito di un’animata discussione e qualche cocktail di troppo, era finita a letto con un collega, siciliano e molto affascinante. La cosa non aveva lasciato strascichi, ma aveva spiegato a Mina molto più efficacemente di una serie di lezioni di psicologia quanto la sua vita fosse insoddisfacente. Con onestà ne aveva parlato a Claudio, il marito, che pur assumendo un’aria sofferente e offesa le aveva detto che avrebbe perdonato e dimenticato l’episodio. Il problema, gli disse Mina, è che non ho intenzione di dimenticarlo io. Per cui si separarono. Mina, suscitando l’orrore del Problema, ritenne dignitoso lasciare al marito l’integralità dei beni che peraltro aveva pagato lui, inclusa la casa, e rinunciò a qualsiasi forma di assegno. Mi mantengo da sola, disse. E così aveva fatto.”
E’ presente in entrambi la madre, che nei libri si chiama Concetta e nella serie Olga (Interpretata da Marina Confalone), fedele al suo bel caratterino.
“Il motivo le si manifestò mentre prendeva in fretta il caffè in cucina, scottandosi le labbra pur di uscire di casa prima di incontrare il Problema. Il Problema, come lo chiamava tra sé, si palesò tuttavia prontamente, annunciando il proprio arrivo, al solito, col ben noto cigolio nel corridoio.
Dopo la separazione, due anni prima, Mina era tornata per necessità economiche ad abitare con sua madre, e con la di lei badante moldava, Sonia. Da quel momento, l’unica occupazione della signora Concetta (detta «il Problema», appunto) era una stigmatizzazione costante e articolata della vita della figlia, che invece di tendere a procurarsi un uomo purchessia si perdeva dietro a inutili inezie quali il lavoro di assistente sociale, il bene del mondo e la lotta contro il degrado. Il cigolio della sedia a rotelle alla quale la signora Concetta era costretta da forti dolori reumatici che non ne miglioravano certo il carattere ricordava l’intro di I will survive”
Ritroviamo in entrambi anche il portiere Rudy Trapanese (interpretato da Nando Paone) che nei libri è molto diverso, si sente irresistibile e l’ammirazione che prova per Mina è molto fisica infatti quando le parla sembra rivolgersi con lo sguardo solo al suo seno.
“Il portiere dello stabile, Trapanese Giovanni detto Rudy, poteva avere sessanta quanto centoventi anni; il volto era un reticolo di rughe, la corporatura sottile e minuta era innalzata da un paio di scarpe dotate di zeppe fino al metro e sessanta. I capelli e i baffi, curati al limite della mania, erano tinti con un improbabile color noce che Mina riteneva sottratto in grandi quantitativi a un mobilificio.
L’uomo aveva la sgradevole abitudine di dialogare con Mina senza staccarle gli occhi dal seno. La cosa conferiva alla conversazione un che di surreale, come se la donna fosse ventriloqua.”
Un altro personaggio che ritroviamo è la signora Ammaturo con il figlio Kevin che non va a scuola e chissà quello combina. E poi la conduttrice Susy Rastelli, che nella fiction è la donna con cui Claudio ha tradito Mina, mentre nei libri è solo un’amica del magistrato, anche se tra i due c’è molto feeling e fa anche la giornalista.
“Questa cura per la giornalista infastidì irrazionalmente Mina, ma la sua eventuale sarcastica risposta fu resa pleonastica dalla chiusura della comunicazione. Andò allo scassatissimo computer che decorava pressoché inutilmente la scrivania e si mise a cercare un filmato con questa Rastelli. Assunta, detta Susy, pensò. Figuriamoci. Sarà una terribile tamarra.
Con tempi geologici di caricamento venne tuttavia fuori una serie incredibile di spezzoni di trasmissioni tv dalle quali emergeva una gran bella donna, spiritosa e spigliata, più o meno coetanea di Mina ma molto, molto elegante. I capelli biondi fluenti, le labbra piene e gli occhi azzurri, la figura sottile fasciata da abiti alla moda e tagliati evidentemente su misura, simpatica e sorridente, perfettamente in grado di fronteggiare anche la più spinosa delle situazioni in diretta.
Mina la odiò subito e inequivocabilmente.”
Un giorno di Settembre a Natale, è un racconto pubblicato da Sellerio nel 2013 e contenuto nell’antologia Regalo di Natale.
Gelsomina Settembre, assistente sociale che lavora in un consultorio dei Quartieri Spagnoli di Napoli, fa qui la sua prima apparizione. Quarantadue anni ben portati, divisa tra un ex marito ancora innamorato di lei, una madre che non le risparmia critiche e un collega troppo timido per corteggiarla, Mina è dotata di una straordinaria sensibilità sociale ed è determinata a proteggere i deboli dalle prevaricazioni. È per questo che anche la vigilia di Natale è scrupolosamente nel suo ufficio, «quel buco cadente in un palazzo cadente in un vicolo cadente».
A bussare alla sua porta è una prostituta d’alto livello, in cui mai Mina avrebbe potuto riconoscere la piccola Nanninella, «una bambina del Bronx, come gli stessi abitanti chiamavano il terribile quartiere devastato dallo spaccio», che aveva aiutato anni addietro a prendere il diploma nonostante il terribile degrado in cui era costretta a vivere. Un motivo in più per non sottrarsi alla disperata richiesta d’aiuto della giovane, anche se la questione, piuttosto delicata, coinvolge i Luongo, la temuta «famiglia che governava il quartiere e mezza città», e anche se per aiutarla è costretta a contravvenire ad una serie di regole e magari a commettere qualche reato.
Ma si vede subito, Mina Settembre ha un cuore grande e un senso della giustizia tutto suo, e i lettori impareranno a conoscerla e ad amarla proprio per questo.
“Gelsomina Settembre aveva un’unica, incrollabile fede: le Giornate di Merda.Ci pensava proprio così, con le maiuscole: anzi, la consuetudine con cui si presentavano nella sua vita l’aveva portata a individuarle con le sole iniziali, GdM, un acronimo confidenziale, un timbro mentale da apporre per qualificarle con brevità.Con quello che vedeva succedere ogni santo giorno, aveva imparato fin troppo bene che non c’erano elementi sufficienti per poter credere in una divinità provvidente; e che il caso, il fato o il destino erano comode soluzioni, rifugi ai quali rivolgersi per nascondere l’incapacità di affrontare con le proprie forze le avversità. Né il suo innato senso pratico le consentiva soluzioni spirituali e animistiche, con spiriti sorridenti a vegliare sull’esistenza o acrobatiche reincarnazioni in animali o piante.In compenso, era assolutamente certa che quando una giornata iniziava storta, storta continuava fino alla fine, quando, finalmente appoggiato il capo sul cuscino, avrebbe potuto apporre il famoso timbro di GdM per sperare in una rapida e indolore archiviazione. Per quanto riguardava il riconoscimento, si poteva stare tranquilli: la GdM avrebbe saputo come manifestarsi.Quella mattina, per esempio, Mina ebbe il primo sentore della qualità delle ventiquattr’ore che l’aspettavano già davanti allo specchio, appena alzata. I capelli bianchi erano passati da quattro a otto.”
Un telegramma da Settembre è il secondo racconto pubblicato da Sellerio nel 2014 e contenuto nell’antologia La scuola in giallo.
La dottoressa Gelsomina Settembre, detta Mina, lavora in un consultorio di Napoli. Quarantenne divorziata, una madre che gliene dice di tutti i colori, un collega così bello da sembrare uscito da una fiction pomeridiana sugli ospedali, il portiere dello stabile che non toglie mai lo sguardo dal suo seno, l’unica caratteristica davvero memorabile della sua persona. Mina Settembre ha faticato per anni, eppure le sembra di non aver raggiunto nulla. La madre di un ragazzino che da mesi non si presenta a scuola (e ha di meglio da fare), riassume in poche parole, crudeli ma veraci, tutto il suo destino: «Quanto ci avete messo, dottore’? Quanto avete dovuto studiare, per arrivare ad avere una targhetta così? Ventidue, ventiquattro anni? Per avere questo bell’ufficio, in mezzo ai Quartieri Spagnoli, in un palazzo che se ne sta cadendo, con l’ascensore rotto?».
E invece non è detta l’ultima parola…
“Mina sospirò. Col suo maglioncino grigio, l’assenza di trucco e gli occhiali si sentiva un personaggio di un vecchio film in bianco e nero, capitato per caso nel bel mezzo di un technicolor cafonissimo degli esecrabili anni Settanta.
«Signora, lo sapete bene perché vi abbiamo convocata. Il ragazzo, vediamo il nome…» si interruppe per consultare una lista e fece un altro sospiro, «Ammaturo Kevin, è vostro figlio, vero?».
La gentildonna fece nell’ordine un palloncino col chewing-gum, si grattò un’ascella e diede un cenno d’assenso.
«Sì, è il mio quinto figlio. E allora? Che ha fatto?».
«Niente ha fatto, signora. È questo, il punto. La scuola è cominciata, e lui pur iscritto regolarmente, e non potrebbe essere altrimenti perché ci deve andare per forza, non si è presentato. E siccome è passato un mese, noi…».
La dama di fronte a lei scosse il capo con un largo sorriso che mise in mostra un ulteriore baluginio d’oro.
«Ah, è questo! Uh Madonna, e mi avevate fatto spaventare! Chissà che mi credevo! Lo so, che Kevin a scuola non ci va. È naturale, con tutto quello che tiene da fare. Dovete avere un poco di pazienza, appena il fratello esce da dove sta e riprende il posto suo, il ragazzo a scuola ci torna. Non vi preoccupate».”
Dodici rose a Settembre è il primo romanzo con questa protagonista, pubblicato da Sellerio nel 2019.
Una nuova detective Mina Settembre. L’assistente sociale che indaga nei Quartieri Spagnoli di Napoli affronterà il misterioso Assassino delle Rose.
«Mi chiamo Flor, ho undici anni, e sono qui perché penso che mio padre ammazzerà mia madre».
Gelsomina Settembre detta Mina, assistente sociale di un consultorio sottofinanziato nei Quartieri Spagnoli di Napoli, è costretta a occuparsi di casi senza giustizia.
La affiancano alcuni tipi caratteristici con cui forma un improvvisato, e un po’ buffo, gruppo di intervento in ambienti dominati da regole diverse dall’ordine ufficiale. Domenico Gammardella «chiamami Mimmo», bello come Robert Redford, con un fascino del tutto involontario e una buona volontà spesso frustrata; «Rudy» Trapanese, il portiere dello stabile che si sente irresistibile e quando parla sembra rivolgersi con lo sguardo solo alle belle forme di Mina; e, più di lato, il magistrato De Carolis, antipatico presuntuoso ma quello che alla fine prova a conciliare le leggi con la giustizia.
Vengono trascinati in due corse contro il tempo più o meno parallele. Ma di una sola di esse sono consapevoli. Mentre Mina, a cui non mancano i problemi personali, si dedica a una rischiosa avventura per salvare due vite, un vendicatore, che segue uno schema incomprensibile, stringe intorno a lei una spirale di sangue. La causa è qualcosa di sepolto nel passato remoto.
Il magistrato De Carolis deve capire tutto prima che arrivi l’ultima delle dodici rose rosse che, un giorno dopo l’altro, uno sconosciuto invia.
Mina decise che era troppo per un inizio di giornata, e si risolse a spostare con fermezza la sedia di quattro gradi a ovest per guadagnarsi la strada verso il bagno. La Gaynor emise un breve lamento a settantotto giri.
La madre le urlò dietro:
«Io lo dico per te. Ti resta poco. Pochissimo, ricorda. Un uomo ce l’avevi, e l’hai perduto perché sei cretina, il che va bene se sei pure zoccola. Essere cretina senza essere zoccola è inutile, e…».
Amputando la fine del sillogismo, Mina chiuse la porta del bagno ritrovandosi però di fronte al secondo nemico: lo specchio.
Nella sua urticante violenza verbale la madre metteva in campo un ragionamento che, in altri termini e senza ammetterlo nemmeno a se stessa, Mina in parte condivideva in forma di vaga preoccupazione. Primo: a quarantadue anni era sola, e viveva ancora nella cameretta di quand’era ragazzina. Un matrimonio fallito alle spalle, una passione sociale che aveva fortemente voluto diventasse una professione che peraltro non le avrebbe mai consentito una brillante carriera né tantomeno l’indipendenza economica che aveva millantato in precedenza. Tra sé e sé dava a Concetta un nome: il Problema. Ma era evidente che il Problema era tutto suo.
Troppo freddo per Settembre è il secondo romanzo con Mina Settembre, pubblicato da Einaudi nel 2020.
Cacciarsi nei guai, poi, quando tutto sembra perduto, risolvere la situazione con un colpo di genio e una buona dose di follia: non fa altro Gelsomina Settembre, detta Mina, tanto coscienziosa quanto incantevole – e suo malgrado provocante – assistente sociale presso il Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest (per inciso, del Consultorio Est non c’è traccia). Sempre per una buona causa, però, per correre in aiuto di chi è stato meno fortunato di lei, cresciuta fra gli agi dell’alta borghesia, senza problemi a parte una madre e un fisico «ingombranti». Poco importa se, come accade in questo freddo gennaio, ciò significa mettersi contro una famiglia dal nome pesante, di quelle che nei vicoli della città vecchia decidono ogni cosa. Mina non si tira indietro, anzi, trascina con sé – in una missione di soccorso che corre parallela alle indagini della magistratura, condotte da una sua vecchia conoscenza – le amiche più care. E due uomini resi temerari solo dall’adorazione che hanno per lei.
Un anziano professore viene ritrovato senza vita una mattina d’inverno; nella sua morte c’è qualcosa di sospetto. Dormiva in una soffitta, nessuno si occupava di lui tranne la nipotina. I vecchi e i bambini. Chi li guarda i vecchi e i bambini?
Il percorso per raggiungere il posto di lavoro era da sempre, per Mina, un’occasione di profonde riflessioni sulla vita, sul mondo e perfino sul destino. Ciò per due motivi.
Il primo era che la durata del tragitto era assimilabile a una puntata alla roulette. Poteva durare da un minimo di quindici minuti – in caso di fortunata coincidenza fra il passaggio dei mezzi pubblici e l’assenza di traffico in superficie, evento verificatosi due volte in undici anni – a un massimo di due ore in caso di impedimenti eccedenti l’ordinario: manifestazioni di lavoratori socialmente utili, errata sincronizzazione dei semafori, uccisione di vigili urbani… La seconda eventualità, data la creatività cittadina, era assai frequente. Ragion per cui Mina si anticipava, preferendo una sessione di lettura o di solitario al telefonino in ufficio piuttosto che un’affannosa corsa in salita degli ultimi duecento metri.
L’altro motivo era che quel momento di solitudine forzata interveniva al mattino, quando bisognava programmare giornate, settimane e perfino mesi. E non c’era migliore opportunità di una lunga riflessione sui massimi e sui minimi sistemi.
Una sirena a settembre è il terzo romanzo con Mina Settembre, pubblicato da Einaudi nel 2021.
Accadono due fatti. Due fatti che appaiono chiari, eppure a Mina i conti non tornano. Un’anziana viene scippata, cade e finisce in coma. Sin qui nulla di strano, purtroppo; è la soluzione del caso, il modo in cui arriva, a non convincere. E convince poco pure il secondo episodio, una scena di povertà estrema mandata in onda da una televisione locale: un bambino che si contende del cibo con un cane fra montagne di spazzatura. No, a Mina i conti non tornano proprio. Cosí, con l’aiuto dell’innamoratissimo Mimmo Gammardella, il ginecologo piú bello dell’universo, e a dispetto del suo caustico ex marito, il magistrato Claudio De Carolis, decide di indagare. Solo che deve stare attenta, perché di mezzo, in questa vicenda, ci sono parecchie sirene, e le sirene, si sa, incantano. Per fortuna, a far da guida tra inganni e malintesi, c’è la Signora, straordinario personaggio che attraversa tutto il romanzo, una delle invenzioni piú poetiche nate dalla fantasia di Maurizio de Giovanni.
“Una delle croci che la dottoressa Settembre Gelsomina doveva trasportare in cima al monte era senz’altro il tragitto per arrivare al Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest, dove impavida e sprezzante del pericolo prestava il proprio servizio in qualità di assistente sociale. Il motivo principale era che non aveva le physique du rôle. La realtà era che Mina aveva un’anima e una mente rinchiuse, per un qualche errore di fabbrica o per la divertita perfidia del Celeste Architetto, nell’involucro sbagliato. Passione civile, istanze sociali, un senso della giustizia che rasentava l’ossessione, una determinazione feroce a osteggiare qualsiasi sopruso; e un corpo e un viso di fronte ai quali si scatenavano i piú bassi istinti, e che non accennavano, nonostante il passare degli anni, a sottostare alla legge di gravità.”