Un tè a Chaverton House, il nuovo romanzo di Alessia Gazzola, pubblicato il 15 marzo 2021 da Garzanti. La storia di Angelica e i suoi sogni infranti che ci trasporta in un viaggio alla scoperta dell’antica dimora di Chaverton House con un piccolo mistero di famiglia da risolvere.
“Da un mese la mia sveglia suona alle tre e mezzo.
Quando ho pensato che fosse più semplice avevo la testa infarcita di film tipo È complicato, in cui Meryl Streep racconta di aver trascorso un magnifico anno a Parigi come apprendista panettiera. E siccome io mi faccio sempre indicare la strada dalle suggestioni più irrazionali, mi sembrava proprio una buona idea farlo anch’io, anche se non a Parigi – ma del resto, ho pensato, andare a Parigi fa tanto cliché, rimanere a Milano è il vero coraggio.”
Mi chiamo Angelica e questa è la lista delle cose che avevo immaginato per me: un fidanzato fedele, un bel terrazzino, genitori senza grandi aspettative. Peccato che nessuna si sia avverata. Ecco invece la lista delle cose che sono accadute: lasciare tutto, partire per l’Inghilterra e ritrovarmi con un lavoro inaspettato. Così sono arrivata a Chaverton House, un’antica dimora del Dorset. Questo viaggio doveva essere solo una visita veloce per indagare su una vecchia storia di famiglia, e invece si è rivelato molto di più. Ora zittire la vocina che lega la scelta di restare ad Alessandro, lo sfuggente manager della tenuta, non è facile. Ma devo provarci. Lui ha altro per la testa e anche io. Per esempio prepararmi per fare da guida ai turisti. Anche se ho scoperto che i libri non bastano, ma mi tocca imparare a memoria i particolari di una serie tv ambientata a Chaverton. La gente vuole solo riconoscere ogni angolo di ogni scena cult. Io invece preferisco servizi da tè, pareti dai motivi floreali e soprattutto la biblioteca, che custodisce le prime edizioni di Jane Austen e Emily Brontë. È come immergermi nei romanzi che amo. E questo non ha prezzo. O forse uno lo ha e neanche troppo basso: incontrare Alessandro è ormai la norma. E io subisco sempre di più il fascino della sua aria da nobiltà offesa. Forse la decisione di restare non è così giusta, perché io so bene che quello che non si dovrebbe fare è quello che si desidera di più. Quello che non so è se seguire la testa o il cuore. Ma forse non vanno in direzioni opposte, anzi sono le uniche due rette parallele che possono incontrarsi.
“Ho una laurea in lingue e letterature straniere e una specie di ossessione per i classici inglesi, e ho sempre creduto che in un modo o in un altro ne avrei fatto il mio lavoro, ma, in un momento in cui desideravo più che mai cambiare radicalmente la mia vita, ho pensato di votarmi a una professione artigianale in cui ho sempre mostrato un certo talento. Ma una cosa è fare i cornetti nella cucina di casa la domenica pomeriggio, altro è consacrare loro il proprio ritmo circadiano.”
Da questo romanzo mi aspetto un atmosfera british, sofisticata, un po’ alla Downton Abbey, tra tè e passeggiate immersi in giardini verdi impregnati dell’umidità di una pioggia da poco finita, che rende il colore della natura ancora più intenso.
“In assenza di un’attività definita e di una direzione, le mie giornate – dapprima tanto piacevoli – iniziano a diventare tutte uguali e ripetitive e io comincio a sentirmi un po’ Bill Murray in Ricomincio da capo, impegnata a panificare senza freni inibitori nella mia modesta cucina, nonostante la temperatura in salita man mano che giugno avanza.”
Nel reparto maternità di uno storico ospedale di Milano, attorno alla culla della piccola Angelica Bentivegna si radunarono tre fate.
Ciascuna scelse per la neonata un dono di cui andava molto fiera: la prima il buonumore, la seconda la docilità di temperamento e infine la terza, nell’intento di diversificare, regalò alla piccola il talento infallibile con i lievitati.
Le fu subito obiettato che a una qualità così inutile fosse preferibile la bellezza. Al che lei rispose: «I tempi sono cambiati: alle bambine servono talenti veri, altro che docilità di temperamento».
La seconda fata si sentì punta sul vivo. «Il buon carattere non ha epoca. Essere docili rende felici e non fa venire l’insulino-resistenza.» Indifferente alla frecciatina, e pur Glifo decorativo con funzione di separazione
Nel reparto maternità di uno storico ospedale di Milano, attorno alla culla della piccola Angelica Bentivegna si radunarono tre fate.
Ciascuna scelse per la neonata un dono di cui andava molto fiera: la prima il buonumore, la seconda la docilità di temperamento e infine la terza, nell’intento di diversificare, regalò alla piccola il talento infallibile con i lievitati.
Le fu subito obiettato che a una qualità così inutile fosse preferibile la bellezza. Al che lei rispose: «I tempi sono cambiati: alle bambine servono talenti veri, altro che docilità di temperamento».
La seconda fata si sentì punta sul vivo. «Il buon carattere non ha epoca. Essere docili rende felici e non fa venire l’insulino-resistenza.» Indifferente alla frecciatina, e pur intimamente convinta che i carboidrati fossero in effetti la felicità, la terza fata continuò ad argomentare sul fronte docilità di temperamento, che proprio non le andava giù. «Vuoi dire che per essere felici si deve essere arrendevoli? Povere noi! Quella che dici tu non è felicità, è farsi andare bene tutto perché non si hanno idee migliori. Perché non regalarle la determinazione allora? Quella sì che poteva servire.»
«Così che si accanisca su obiettivi non realistici?» fece la fata, scuotendo il capo. «La docilità è una virtù sottovalutata.»
«Ma…» stava per obiettare la guerrafondaia delle tre, prima di venire interrotta dalla più anziana.
«Ormai è fatta. I doni non si possono ritrattare. Sbrighiamoci, ci sono altri 382.708 bambini nati oggi nel mondo: se ti sembra così importante, la determinazione la regalerai alla prossima.»
E così la determinazione fu il dono destinato alla bambina avvolta in una copertina gialla e azzurra lavorata a crochet due culle dietro Angelica – assieme all’orecchio musicale e alla bellezza, che aveva saltato un paio di turni e alle fate risultava inconcepibile. Quella bambina un giorno avrebbe vinto un talent show e venduto milioni di dischi con particolare successo in America Latina.
Ma questa non è la sua storia.