Leonardo. Il romanzo di un genio ribelle è una biografia romanzata, scritta da Massimo Polidoro, pubblicata da Piemme nel 2018.
Attraverso le memorie “immaginarie”, ma scrupolosamente documentate, di Francesco Melzi, amico e allievo prediletto del Maestro, l’autore ci conduce in un incredibile viaggio nella turbolenta Europa di cinquecento anni fa e ci fa camminare accanto a Leonardo, permettendoci di seguire gli stupefacenti sviluppi del suo ingegno, di vederlo affrontare gioie e delusioni, trionfi e sconfitte.
“non posso che guardare al mio maestro come a un uomo che si è svegliato nel cuore della notte, troppo presto, mentre intorno a lui tutti ancora dormivano. E, a cinquant’anni di distanza, sembra che tutti ancora dormano. Posso ormai solo sperare che, un giorno, il tempo sappia rendergli giustizia.”
Trama di “Leonardo. Il romanzo di un genio ribelle”
E’ l’alba del XVI secolo. L’Italia è divisa in una miriade di regni litigiosi e incapaci di opporsi alle mire delle grandi potenze. Tra quelle corti soggette ai capricci della guerra si aggira un personaggio bizzarro e affascinante, che sembra uscito dalla penna di uno scrittore.
È un pittore e scultore che come nessun altro riesce a catturare l’anima di ciò che raffigura. È un inventore in grado di concepire monumenti di prodigiosa bellezza, architetture così ardite da superare ogni immaginazione, macchine belliche che sembrano provenire da un futuro lontano. È uno scienziato che di ogni fenomeno dell’universo vuole indagare i meccanismi profondi: il moto dei pianeti, dell’aria e dell’acqua, il volo degli uccelli, il corpo umano. Quasi non esiste disciplina in cui non dimostri una maestria senza pari.
Si chiama Leonardo da Vinci. Intorno al suo nome fioriranno leggende, miti, storie fantastiche. Eppure, sono ancora molti gli enigmi e le zone d’ombra nella sua biografia. Servirebbe una macchina del tempo o lo sguardo di un testimone oculare, per poter finalmente risolvere il rompicapo di colui che da secoli rappresenta, nell’immaginario comune dell’umanità, l’incarnazione del Rinascimento. La prefazione del libro è di Piero Angela.
«Quando qualcuno mi chiede se c’è una persona che vorrei intervistare, se avessi la bacchetta magica, rispondo sempre: Leonardo.» Piero Angela
Recensione
Ho letto questo libro dopo la visione della serie “Leonardo” andata in onda su Rai1, non ho intrapreso la visione impreparata, visto che la mia curiosità mi aveva, in anni passati, già fatto fare scorta di documentari sulla vita di Leonardo, e proprio per questo ho storto il naso e non sono stata la sola, infatti intorno a questa serie si è creata una giustificata polemica.
Premetto che ho trovato questa serie gradevole e ben fatta, ho apprezzato la regia, la fotografia, il giallo storico raccontato e il modo in cui gli eventi hanno portano alla rivelazione finale, ma non ho gradito per niente l’uso del nome e della vita di Leonardo per realizzare questo giallo. Avrei tanto preferito che oltre al racconto giallo anche il protagonista fosse stato un pittore di fantasia.
Non trovo giusto falsificare la biografia di un personaggio e introdurre eventi inventati, con l’aggravante di una pubblicità ingannevole volta a far credere che si trattava della vita vera di Leonardo, nascondendosi dietro la parola “romanzata”. Bisognerebbe far chiarezza su cosa significhi romanzare e su quella di raccontare eventi storici mai accaduti o personaggi mai esistiti. E’ stata un’occasione persa per celebrare questo straordinario uomo la cui figura è stata stravolta da questo progetto televisivo.
“Così dicendo aprì il taccuino e mi mostrò un disegno che univa i volti dei due commensali in una scena grottesca che, con sorpresa, trovai affascinante al tempo spesso. Era proprio vero, come diceva Aristotele, che è possibile realizzare il bello anche imitando con maestria ciò che è repellente. O, come spiegava Plutarco, che nella rappresentazione artistica il brutto imitato rimane tale ma riceve come un riverbero di bellezza dalla maestria dell’artista.
Anche se forse, più semplicemente, pure il bello può venire a noia persino all’uomo che ha fatto della sua capacità di rappresentarlo uno dei suoi talenti più meravigliosi. «La grande bruttezza negli uomini» mi disse infatti a conclusione di quella mattina «è altrettanto rara e straordinaria quanto la grande bellezza, soltanto la mediocrità non suscita interesse.»”
Questo libro è l’esempio della parola “romanzare”, dove immaginando il ritrovamento di un memoriale scritto da Francesco Melzi, realmente amico e allievo, che visse per tredici anni fino alla morte accanto a Leonardo, viene racconta la vita documentata di questo magnifico personaggio.
Ciò che è inventato viene dichiarato, ciò che è reale viene documentato, ed è questo che dobbiamo pretendere quando ci viene raccontata la storia di un qualsiasi personaggio storico. Un libro frutto di un rigoroso lavoro di ricerca che ci consegna una biografia attendibile e appassionata, ma che si legge con la gradevolezza di un romanzo.
“Non volevo però scrivere un romanzo di finzione. Tutto quello che è contenuto in queste pagine è documentabile storicamente (compreso il Polidoro Calchi, mio improbabile antenato da cui tutto ha inizio, che fu realmente possessore di alcuni codici leonardeschi) e le frasi di Leonardo sono al 99% sue, recuperate dai suoi scritti, anche se ogni tanto sono rese in un italiano leggermente più moderno.
Sono dunque debitore nei confronti dei grandi studiosi e storici che a Leonardo hanno dedicato la propria vita.” Massimo Polidoro
Lo stile è elegante, preciso e fluido. Il libro è diviso in quattro parti che facilitano l’orientamento cronologico, vista la mole di informazioni che ci accompagnano anche attraverso le complicate situazioni politiche di quel periodo. E’ stato un viaggio nel tempo e tra le più belle città come Firenze, Milano, Roma, Mantova, Venezia, Bologna fino in Francia. Ho fatto la conoscenza di tanti altri personaggi, amici e non di Leonardo.
Mi ha regalato la sensazione di aver assistito alla creazione delle sue opere più famose. Mi ha fatto percepire la sua bellezza fisica e quella geniale senza mai dimenticare di raccontare l’uomo, nascosto dietro la sua stessa leggenda. Ho scoperto che come qualsiasi uomo la sua vita è stata anche piena di delusioni, frustrazioni e fallimenti, ma che solo i grandi uomini sanno trasformarli in ricchezza, ho scoperto la sua sensibilità, un cuore generoso e anticonformista, e soprattutto la curiosità che non lo ha mai abbandonato.
Quella curiosità che spinge gli uomini a compiere grandi cose. Ma anche l’umiltà di cambiare idea, di quella saggezza che molti scienziati posseggono, la consapevolezza che anche le certezze momentanee possono essere stravolte da altre scoperte.
Nel capitolo “Non si può perdere ciò che non si possiede” viene narrato un episodio in cui Leonardo usò tutti i suoi soldi per comprare da un venditore di uccelli una coppia di cardellini, una gazza, dei canarini, un merlo e un piccolo pappagallino verde e poi quando fu abbastanza lontano dall’abitato e vicino al bosco si fermò, aprì la gabbia che ospitava il pappagallino. Inserì una mano e fece salire l’uccellino sul suo dito indice. Quindi lo portò fuori, gli accarezzò la testolina e gli diede un bacio, lo osservò con attenzione e poi lo lasciò volare via e lo stesso fece con gli altri uccelli.
“Sembrava assolutamente incantato, come un bambino che osserva le peripezie di un acrobata. Io quasi non lo sentivo, preoccupato com’ero all’idea di dovere correre appresso a quegli uccelli per riacciuffarli.
«Sono parecchi anni che prendo nota del comportamento degli uccelli. Ma per riuscire a creare una scienza capace di spiegare il loro volo, non basta comprenderne l’anatomia, occorre prima studiare e capire i venti.»
«I venti?»
«Certo. È comprimendo l’aria sotto l’ala che l’uccello si mantiene in volo e non cade, perché sotto di essa l’aria diventa più pesante quando l’ala si piega e la spinge verso l’alto, dove l’aria è più leggera.»
Erano idee nuove per me, su cui non avevo mai riflettuto.
«Ma come si fa a studiare l’aria che nemmeno si vede?» domandai.
«Osservando i movimenti dell’acqua» fu la sua risposta. «Sai, Francesco, ogni cosa in natura è collegata…»
«Maestro, ma quegli uccelli?» lo interruppi preoccupato. «Come facciamo adesso?»
Lui mi osservò e sul suo viso comparve un’espressione divertita. Poi, si chinò di nuovo, aprì la gabbia dei cardellini e quelli, con un fruscio d’ali e un cinguettio, spiccarono il volo verso il cielo. Lo stesso fece poi con i canarini e con la gazza.
Se ne volarono via tutti, alcuni fermandosi sugli alberi poco distanti, altri proseguendo oltre.
Ero sbalordito.
«Adesso li ha persi tutti, maestro!»
«Persi? Li avrei persi se prima fossero stati di mia proprietà ed essi non lo sono mai stati» rispose lui con serenità. «Occorre rispettare tutto ciò che vive in natura e il dono più prezioso della natura è la libertà. Io ho semplicemente restituito a quelle creature la libertà che esse avevano temporaneamente perduto.»
Quelle parole e il gesto che avevo visto fare a Leonardo, il quale aveva speso fino all’ultimo soldo per un atto di puro altruismo nei confronti di chi, poi, mai avrebbe potuto dimostrargli riconoscenza, mi colpirono nel profondo. Fu in quel momento che qualcosa scattò dentro di me e decisi che di quell’uomo sarei divenuto seguace e, volesse il cielo, allievo.”
Incipit di “Leonardo. Il romanzo di un genio ribelle”
VITA DI LIONARDO DA VINCI
Dalle memorie di
Francescho da MelzoCastello di Cloux, addì 1 maggio 1519
«Il re sta per venirmi a trovare. Il re. Viene a trovare me…» sussurra con voce roca il maestro, sollevando faticosamente il capo dal cuscino.
A quel suono mi risveglio dal torpore in cui ero scivolato e lo aiuto a posare di nuovo sul giaciglio quella meravigliosa testa circondata dai lunghi e bianchissimi capelli.
Leonardo mi guarda con i suoi profondi occhi chiari e nel suo sguardo, per quanto invecchiato e attraversato da un’infinita stanchezza, si può ancora cogliere un guizzo di quella curiosità e di quel piglio indagatore che hanno caratterizzato ogni attimo della sua esistenza.
«Cerchi di riposare, maestro» gli dico accarezzandogli la fronte. È ancora calda, la febbre non è scesa.
Poi, gradualmente, i lineamenti si distendono e il respiro si fa regolare. Si è di nuovo addormentato.
Sono ormai quattro giorni che trascorro le notti su una poltrona accanto al letto del maestro. La sua salute è andata peggiorando durante l’inverno e, anche se con l’arrivo della primavera sembrava avesse dato segni di ripresa, un mancamento pochi giorni fa lo ha di nuovo costretto a letto. Poi sono arrivati la febbre e i deliri.
Succede spesso la notte. Di colpo si sveglia, richiamato da qualcosa che il suo cervello inarrestabile ha ridestato, grida un nome, ricorda un momento della sua vita e poi, come niente fosse, torna nuovamente a dormire.
Non è stato però un delirio quel suo chiamare il re. Sua cristianissima maestà Francesco I è a Saint-Germain-en-Laye, dove la sua consorte, la regina Claudia, gli ha dato un secondo figlio. Ma ogni volta che gli è stato possibile il sovrano è sempre venuto a trovare mastro Leonardo. Lo fa da tre anni, da quando lo ha chiamato accanto a sé, in Francia, mettendogli a disposizione questa dimora a Cloux, a dieci minuti di strada dal palazzo reale di Amboise.
Questo piccolo castello di campagna dove ora viviamo, un tempo proprietà del maggiordomo e scudiero di re Luigi XI, poi passato a Carlo VIII e ora nei possedimenti di Luisa di Savoia, madre del re, è l’ideale ultima dimora per Leonardo. Più dei 1.000 scudi l’anno di pensione che Francesco I gli aveva assicurato, era stata questa la condizione che aveva convinto il maestro ad accettarne l’offerta. La possibilità di trascorrere gli ultimi anni che gli restano in serenità, dopo il travagliato periodo romano, in perpetuo colloquio con la natura e con se stesso e in totale autonomia creativa.
Solo io l’ho accompagnato a dorso di mulo, oltre le Alpi e lungo la valle della Loira, per questo ultimo trasloco. Io, il fedele domestico milanese Batista de Vilanis e la cuoca francese Maturine. Il suo tanto amato Salaì se n’è invece rimasto a Milano, a badare ai propri piccoli affarucci personali.
E qui sono diventato il suo unico assistente e segretario particolare, oltre che, pochi giorni fa, con mio profondo dolore perché ha reso tangibile una possibilità finora solo ipotetica, suo esecutore testamentario. Ma da qualche mese, mentre tra le altre cose lo aiuto a compilare un libro di pittura dove egli vuole riversare tutti i suoi insegnamenti filosofici e i consigli pratici per i giovani pittori, ho ripreso a lavorare a un progetto parallelo.
Recuperando appunti raccolti nel corso degli anni, trascrivendo sue annotazioni contenute nelle migliaia di fogli e quaderni che ci siamo portati appresso dall’Italia dentro due grandi bauli, recuperando notizie da scambi epistolari e conversazioni con chi lo ha conosciuto bene, oltre a quelle intrattenute con lui stesso, durante le passeggiate che fino a pochi giorni fa eravamo soliti fare ogni mattina, ho inteso raccogliere nelle pagine che seguono una memoria di mastro Leonardo da Vinci.
Non potrà essere un resoconto puntuale e completo, poiché ho avuto la sfortuna di entrare a suo servizio solo tredici anni fa, quando già aveva cinquantaquattro anni e, dunque, di tutto ciò che è accaduto prima del mio arrivo posso dare solo un racconto di seconda mano. Ma sarà una testimonianza sincera e fedele, per quanto possibile, quella che intendo lasciare del mio maestro anche per raddrizzare certi torti e maldicenze che si sono dette e ripetutamente diffuse sul suo conto.
Interrompo dunque ora questo mio preludio per cominciare dal principio, ovvero dal giorno in cui per la prima volta i miei occhi si posarono su quell’uomo straordinario che tutto il mondo conosce come Leonardo da Vinci.
Vi consiglio anche di vedere la serie dedicata a Leonardo creata sa Massimo Polidoro sul suo canale YouTube.
Massimo Polidoro – Il mondo sottosopra (Recensione)
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