La lista del giudice è un Legal Thriller di John Grisham, pubblicato il 23 novembre 2021, da Mondadori, tradotto da Luca Fusari e Sara Prencipe. Il primo libro dell’autore con un serial killer e segna il ritorno di Lacy Stoltz, l’investigatrice, già protagonista nel L’informatore, che lavora per la commissione disciplinare giudiziaria della Florida, piccolo organismo che si occupa di investigare sulla cattiva condotta da parte dei giudici. Un caso irrisolto da più di vent’anni, un delitto perfetto, conduce a una serie di omicidi e a un indiziato insospettabile. Può un giudice essere uno spietato serial killer?
“Questo Paese conta una media di quindicimila omicidi all’anno. Un terzo rimane irrisolto. Sono cinquemila quest’anno, l’anno scorso, quello precedente. Dal 1960, fanno più di duecentomila. Ce ne sono così tanti che è impossibile dire se una vittima sia morta per mano di un serial killer. La maggior parte degli esperti ritiene che sia uno dei motivi per cui lasciano tracce: vogliono che qualcuno sappia che esistono. Si nutrono della paura e del terrore. Come ho detto, non vogliono essere presi, ma vogliono che qualcuno lo sappia.”
La trama – La lista del giudice
Lacy Stoltz si è trovata troppe volte di fronte a casi di corruzione nella magistratura nel corso della sua carriera di investigatrice presso un’apposita commissione in Florida. A quasi quarant’anni vorrebbe cambiare lavoro, ma proprio quando sembra essersi decisa viene contattata da una donna misteriosa e molto spaventata. Jeri Crosby si presenta sotto falso nome e sostiene di sapere chi ha assassinato suo padre vent’anni prima, un caso rimasto irrisolto. Ha assolutamente bisogno dell’aiuto di Lacy perché è convinta che l’autore dell’omicidio sia un giudice irreprensibile. Jeri non si è mai persa d’animo, si è messa sulle sue tracce, usando diverse identità, e ha segretamente condotto delle indagini minuziose, scoprendo via via altre vittime uccise nello stesso modo. I suoi sospetti sono più che fondati, ma mancano delle prove schiaccianti perché il giudice in questione è un uomo dall’intelligenza fuori dal comune e molto scaltro, conosce in anticipo le mosse della polizia e soprattutto conosce la legge. Questa volta Lacy non si trova di fronte a un caso di corruzione: l’uomo che si nasconde dietro la toga potrebbe essere un serial killer. Lacy deve scoprire la verità a tutti i costi senza rischiare di diventare l’ennesima vittima della sua lista.
“Papà amava fare lunghe passeggiate nel bosco dietro il cottage. Spesso lo accompagnava anche la mamma, che però soffriva di artrite. Una bella mattina di primavera del 1992 la salutò con un bacio, prese il bastone da passeggio e imboccò il sentiero. L’autopsia rivelò che era morto per asfissia, ma c’era anche una ferita alla testa. Non fu difficile supporre che avesse incontrato qualcuno che lo aveva colpito, stordito e poi finito con la corda di nylon. Fu trascinato lontano dal sentiero e abbandonato in un burrone, dove lo trovarono nel tardo pomeriggio. La scena del delitto non rivelò nulla: niente oggetti contundenti, niente impronte di scarpe o di scarponi… La terra era arida. Niente segni di lotta, nessun capello o fibra di tessuto. Niente. La corda è stata analizzata dai tecnici della Scientifica, ma non ne è emerso nulla. Nel dossier c’è la descrizione. Il cottage non dista molto dal paese ma è piuttosto isolato, perciò non c’erano testimoni, niente di diverso dal solito. Nessun furgone o auto con targhe di un altro Stato. Nessuno sconosciuto che si aggirava per la zona. Ci sono molti posti per parcheggiare e nascondersi a spiare e poi andarsene senza lasciare tracce. In ventidue anni non è emerso nulla, Lacy. È un caso vecchio e irrisolto. Abbiamo accettato la dura realtà, il fatto che non sapremo mai chi è il colpevole.»”
L’unica cosa prevedibile di John Grisham è la sua imprevedibilità, un uomo nascosto dietro la tunica nera che non accetta tangenti, ma potrebbe prendere vite non è previsto. La legge è qualcosa di cui tutti dovremmo fidarci, indipendentemente dalla nostra opinione personale su coloro che lavorano per la sua l’applicazione, ci aspettiamo almeno che abbiano un livello minimo di integrità, che non siano loro stessi dei criminali.
Non è un thriller legale classico e non c’è nemmeno un mistero, perché sappiamo chi è il cattivo non appena apriamo il libro, è un gioco frenetico del gatto e del topo, tra un investigatore e un astuto e letale avversario. Un legal thriller corposo che però questa volta esce dall’aula e si inoltra negli angoli più paludosi della mente di assassino squilibrato. Le recensioni sono molto positive.
“Nel frattempo però aveva alcuni fascicoli da chiudere e qualche giudice su cui indagare. Di solito cominciava la giornata con un discorso di incoraggiamento per costringersi a recarsi in ufficio, ma non oggi. Jeri Crosby e la sua storia incredibile su un giudice assassino la incuriosivano. Nutriva qualche dubbio sulla sua veridicità, ma era abbastanza curiosa da fare il passo successivo. E se fosse stato tutto vero? E se Lacy Stoltz avesse coronato la sua carriera stellare con un altro exploit? Un altro momento di gloria che avrebbe scavalcato cinque o sei casi rimasti a prendere polvere e guadagnato la prima pagina sui giornali. Si disse di smettere di sognare e di cominciare a prepararsi.”
Incipit – La lista del giudice
1
La chiamata arrivò sul telefono fisso, attraverso una rete vecchia di almeno vent’anni che aveva resistito a tutti i progressi tecnologici. Rispose una receptionist tatuata di nome Felicity, una ragazza nuova che se ne sarebbe andata prima di aver capito come funzionavano le linee. Sembrava se ne andassero tutti, soprattutto gli impiegati. Il ricambio era continuo e assurdo. Il morale basso. La Commissione disciplinare giudiziaria si era appena vista tagliare i fondi per il quarto anno di fila da un governo che sapeva a malapena della sua esistenza.
Felicity riuscì a inoltrare la telefonata alla scrivania sommersa di scartoffie di Lacy Stoltz. «C’è una chiamata sulla linea tre» annunciò.
«Chi è?» volle sapere Lacy.
«Boh. È una donna.»
Non il miglior modo di rispondere. Al momento, però, Lacy era annoiata, e non aveva intenzione di sprecare l’energia emotiva che sarebbe servita per riprendere adeguatamente la ragazza e per metterla in riga. Le abitudini e i protocolli stavano andando a rotoli. La disciplina dell’ufficio veniva meno mentre la CDG sprofondava in una spirale di caos senza guida.
In quanto veterana, la veterana, era importante che Lacy desse l’esempio. Ringraziò, premette il tasto con la lucina intermittente e rispose. «Lacy Stoltz.»
«Buon pomeriggio, Miss Stoltz. Ha un minuto?»
Voce femminile, educata, senza tracce di accento, sulla quarantina abbondante, diciamo quarantatré. Lacy faceva sempre il gioco delle voci. «Con chi ho il piacere di parlare, prego?»
«Per adesso mi chiamo Margie, ma uso anche altri nomi.»
Lacy, divertita, per poco non si lasciò sfuggire una risatina. «Be’, almeno è sincera. Di solito ci metto un po’ a districarmi tra i nomi falsi.»
Le chiamate anonime erano all’ordine del giorno. Le persone che volevano contestare qualcosa ai giudici erano sempre guardinghe e poco convinte a farsi avanti e affrontare il sistema. Quasi tutti temevano ripercussioni dall’alto.
Margie disse: «Vorrei parlarle in privato, in un posto tranquillo».
«Il mio ufficio lo è, se le va.»
«Oh no» scattò subito la donna, che sembrava spaventata. «Non va bene. Conosce il Siler Building, lì vicino?»
«Certo» rispose Lacy mentre andava alla finestra per osservarlo: era una delle tante sedi anonime del governo nel centro di Tallahassee.
«Al piano terra c’è una caffetteria. Possiamo trovarci là?»
«Direi di sì. Quando?»
«Adesso. Sono già al secondo latte macchiato.»
«Aspetti un attimo. Cinque minuti e arrivo. E come fa a riconoscermi?»
«L’ho vista sul sito. Sono in fondo, lato sinistro.»
L’ufficio di Lacy era davvero un posto tranquillo. Alla sua sinistra c’era una stanza vuota, lasciata libera da un ex collega che si era trasferito in un’agenzia più grande. L’ufficio dall’altra parte del corridoio era stato convertito in ripostiglio di fortuna. Andò verso Felicity e infilò la testa nello studio di Darren Trope, che lavorava lì da due anni e stava già cercando un altro posto.
«Sei impegnato?» gli chiese, interrompendo qualsiasi cosa stesse facendo.
«Non particolarmente.» Non importava cosa stava o non stava facendo. Se Lacy aveva bisogno di qualcosa, Darren doveva obbedirle.
«Mi serve un favore. Sto andando al Siler per incontrare una sconosciuta che ha appena ammesso di usare un nome falso.»
«Uh, mi piacciono i misteri. Di certo è meglio che starmene qui a leggere di un giudice che ha fatto qualche commento lascivo a una testimone.»
«Quanto lascivo?»
«Abbastanza esplicito.»
«Foto, video?»
«Non ancora.»
«Fammi sapere se riesci a procurarteli. Allora, ti va di raggiungermi tra un quarto d’ora e scattare qualche foto?»
«Certo. Nessun problema. Hai idea di chi sia?»
«Zero.»
Lacy uscì dall’edificio, fece lentamente il giro dell’isolato, si godette una boccata di aria fresca ed entrò nell’atrio del Siler Building. Erano quasi le quattro del pomeriggio e non c’erano altri clienti che bevevano caffè a quell’ora. Margie era seduta a un tavolino in fondo alla sala, sulla sinistra. Fece un cenno di saluto rapido, come per non farsi notare. Lacy sorrise e le andò incontro.
Afroamericana, sulla quarantina abbondante, professionale, attraente, istruita, pantaloni e tacchi. Era più elegante di Lacy, anche se ultimamente alla CDG era concesso qualsiasi tipo di abbigliamento. Il vecchio capo pretendeva una tenuta formale, ma era andato in pensione da due anni e quasi tutte le regole se n’erano andate con lui.
Lacy passò davanti al bancone dove la barista, con i gomiti appoggiati al piano di formica, oziava completamente rapita dal cellulare rosa che stringeva tra le mani. Non alzò lo sguardo, non si diede la pena di salutare la nuova cliente, e Lacy decise che avrebbe rinunciato comunque a un’altra dose di caffeina.
Senza alzarsi, Margie allungò una mano e disse: «Piacere di conoscerla. Vuole un caffè?».
Lacy sorrise, le strinse la mano e sedette al tavolino quadrato. «No, grazie. Margie, giusto?»
«Per adesso.»
«Okay, cominciamo male. Perché usa un nome falso?»
«Mi ci vorranno ore per raccontarle la mia storia, e non sono sicura che voglia ascoltarla.»
«E allora che bisogno c’era di chiamarmi?»
«Ascolti, Miss Stoltz…»
«Lacy.»
«Ascolta, Lacy. Non hai idea del trauma emotivo che ho subito per arrivare a questo punto della mia vita. Adesso sono a pezzi, okay?»
Sembrava stesse bene, giusto un po’ tesa. Forse era il secondo latte macchiato. I suoi occhi saettavano di qua e di là. Erano graziosi e incorniciati da una spessa montatura viola, anche se probabilmente le lenti erano di figura. Gli occhiali facevano parte del personaggio, un ingegnoso travestimento.
«Non so bene cosa dire. Perché non cominci a raccontarmi qualcosa?» fece Lacy.