Cosa è mai una firmetta è un romanzo di Andrea Vitali, pubblicato il 4 ottobre 2022, da Garzanti. Una vecchia zia, un’eredità in vista, e una giovane moglie che sa quello che vuole.
“Alle quattro e trenta del pomeriggio di domenica, Bazzi Birce e il suo Prinivelli entrano nell’appartamento che il lungimirante Bazzi Vinicio ha comperato e intestato alla figlia. È privo di vita da talmente tanto tempo, non ne ha mai avuta in verità, che sembra stupito di vederci due persone. Le parole echeggiano, le piastrelle soffrono come ossa giovani. Le persiane sono chiuse, c’è una penombra polverosa. Il Prinivelli quasi cammina sulle punte. Bazzi Birce, davanti a lui, avanza, elenca e sospira. Cucina, salotto, camera da letto, ripostiglio, cameretta, bagno padronale, bagnetto. Ah, dal salotto, terrazzino con vista sulla strada sottostante. Certo bisogna arredarlo, nel caso che…, dice Bazzi Birce.
Nel caso che?, abbocca il Prinivelli.”
Trama di “Cosa è mai una firmetta”
Di stare a Bellano il venticinquenne Augusto Prinivelli, perito industriale, non ne può più. Sogna un’altra vita, sogna la città. Così ha cercato e trovato lavoro a Lecco presso la Bazzi Vinicio-minuterie metalliche. E non è finita. Quando l’anziana zia Tripolina, con cui vive da che è rimasto orfano, dovesse morire, venderà il putrido caseggiato di quattro piani di cui lei è proprietaria, manderà al diavolo quei morti di fame che sono in affitto e tanti saluti. Ma l’Augusto non ha fatto i conti col destino. La mattina di mercoledì 8 febbraio 1956, infatti, irrompe sulla scena Bazzi Birce. È la figlia di Bazzi Vinicio, il titolare dell’azienda, ed è colpo di fulmine. Corteggiamento, brevissimo; fidanzamento, un amen; nozze. E per il futuro? No, niente figli, piuttosto, il caseggiato… Venderlo? Alt! Un momento. Lo sa l’Augusto cosa ne verrebbe fuori rimettendolo a posto? No? Lo sa lei, la Birce, imbeccata dal padre, che per certe cose ha il fiuto giusto. E poi non si può stare ad aspettare che la zietta muoia, perché a dispetto di tutto e di tutti pare un tipo coriaceo. Non si potrebbe invece farle mettere una firmetta su un atto di cessione? Cosa sarà mai! Andrebbe tutto a posto in un niente. Oltretutto bisognerebbe arginarla la zietta, perché morta la vicina ha già trovato una nuova affittuaria. È una giovane vedova trasferita da Colico che la notte sembra lamentarsi spesso, forse avrebbe bisogno di un dottore. Sì, ma di che tipo?
“L’ombrello aperto gli fa pensare ai preservativi, usati per curiosità, per provare, un’unica volta, per conto suo, una sera, solito sabato di merda, in camera sua: poi, una volta finito, aveva chiuso tutto in un fazzoletto buttato via la mattina di lunedì in stazione a Lecco. Chissà perché li chiamano goldoni.”
In questo romanzo l’autore sperimenta nuovi percorsi. L’osservazione del paesaggio umano che abita il suo mondo letterario si fa ancora più tagliente e impietosa. Capace di strappare un sorriso a ogni piega del racconto con le sue fulminanti invenzioni, non risparmia lo scavo tra gli istinti primordiali dei suoi personaggi, fino a metterne a nudo il cinismo che li divora. Le recensioni sono positive soprattutto da parte dei suoi fedelissimi lettori, che non sono pochi, le storie di paese di Vitali piacciono e divertono, anche se a volte sono strampalate, ma è proprio questo il bello.
“Ci sa fare. Riguardo alle donne tratta le belle come le brutte. Anzi, con le brutte ha un tatto particolare, le avvolge con una parlantina che quando era in mezzo a chiodi e viti nemmeno si sognava. Piazza loro smalti, rossetti, creme e profumi illudendole che con quelli sarebbero diventate belle.
Gli uomini entrano per dare un’occhiata alle sue tette e al culo che si muove come un bilanciere. La scusa è un rossetto per fare un regalo o un deodorante per uso personale. In ogni caso escono sempre con qualcosa in mano, un movimento tra le gambe e in testa pensieri di cosa farebbero se. A volte azzardano qualche complimento che la Gemma lascia cadere come se fosse sorda. Non che resti insensibile. Ormai è diversi mesi che non. Certe sere ne avverte la voglia, ma quando ci pensa quella si spegne. Una marea non l’ha mai vista, ma il paragone che le viene è quello. Meglio aspettare che quella voglia si faccia piena, solida. Solo allora ci ragionerà. Sarebbe sciocco incasinarsi la vita, rovinare la gioia di quelle giornate che la trovano già col sorriso quando si sveglia al mattino…”
Incipit di “Cosa è mai una firmetta”
1.
Mercoledì 8 febbraio 1956, San Giovanni di Dio. L’alba sorge alle ore sette e sedici minuti, il tempo è sereno, i treni in orario. Verso metà mattina, quando mancano pochi minuti alle dieci, la vita di Augusto Prinivelli subisce una svolta.Il p.i., perito industriale con specialità in disegno meccanico, Augusto Prinivelli abita a Bellano dall’età di nove anni. È nato a Milano nel febbraio 1931 e subito rimasto orfano di madre, morta nel darlo alla luce. Col padre ferroviere ha vissuto fino a quando pure lui, morendo di un colpo secco nel 1940 mentre era in servizio e a guerra da poco dichiarata, lo ha lasciato solo. Sarebbe finito in un orfanotrofio se Tripolina Carezza in Giulini, sorella maggiore della sua povera madre, in pieno accordo col marito Ercole, titolare di una piccola impresa edile, non avesse deciso di occuparsene, portandoselo a Bellano. I due abitavano in un caseggiato di proprietà, quattro piani, sito in via XX Settembre 45, all’imbocco della strada che conduce in Valsassina. Privi di figli, hanno allevato l’Augusto con ogni cura, e nei limiti delle loro possibilità viziandolo un po’. Nel 1943 pure l’Ercole, all’età di sessantotto anni, se n’è andato. La Tripolina allora ha alienato la ditta, già in sofferenza a causa del conflitto mondiale, e da quel momento si è sostentata con i proventi del caseggiato che, al piano terra, ospita oggi il bar Sport, bar Pioverna fino alla primavera del 1952, e cinque famiglie nei rispettivi appartamenti dei piani sovrastanti.
Fatti i conti, allo stato attuale la Tripolina ha ottant’anni, l’Augusto venticinque e ha da poco realizzato una parte dei sogni covati sul futuro. Su tutti quello di mollare l’angusto ambiente del paese dentro il quale non si è mai sentito a proprio agio, estraneo, la condizione di orfano come un’ombra che non l’ha mai mollato: la sua domanda di assunzione presso la Bazzi Vinicio-minuterie metalliche di Lecco è stata infatti accettata qualche mese fa. Mai più gli toccherà insegnare computisteria, come ha fatto per qualche anno, nella scuola di avviamento professionale di Bellano. Ha cominciato a respirare l’aria della città, che non sarà Milano ma è sempre meglio di niente.
2.
Un paio di settimane e Lecco s’era bell’e fagocitato il Prinivelli. Al punto che aveva preso l’abitudine di tornarci anche il sabato e la domenica, per andare al cinema, alla partita o anche solo per girare a scrutare vetrine di negozi chiusi e sognando di non aver bisogno di treni per andare e tornare. Il paese una palude lontana venticinque chilometri dentro la quale affondava fino a mezza gamba ogni volta che poggiava i piedi sul marciapiede della stazione. Noia sociale e tristezza domestica. Svendeva entrambe le afflizioni alla zietta come stanchezza accumulata sul lavoro.