Le Sette Sorelle. La sorella perduta è il settima capitolo di una serie di sette romanzi scritti da Lucinda Riley, pubblicato in Italia nel 2021, da Giunti e tradotto da Federico Zaniboni e Giulia Taddeo. Tutte e sei le sorelle partecipano alla ricerca di Merope, la sorella perduta.
Sette stelle, sette sorelle, sette libri per sette storie, la settima storia è quella di Merry che ci trasporta da Ginevra alla Nuova Zelanda, dall’Irlanda al Canada, dall’Inghilterra alla Francia, sembra che l’elusiva sorella non voglia essere trovata, aggiungendo un altro tassello per ricostruire l’enigma di questa saga.
«Forse Pa’ Salt l’ha trovata, voleva adottarla e poi è successo qualcosa e ha perso le sue tracce?»
Trama del libro “ La sorella perduta”
Le sei sorelle D’Aplièse hanno intrapreso ciascuna il proprio incredibile viaggio alla scoperta della propria identità, ma hanno ancora una domanda senza risposta: chi e dov’è la settima sorella?
Mentre Ally, Maia e Ma’ sono ad Atlantis a guardare Electra in tv, l’avvocato Georg Hoffman bussa inaspettatamente alla loro porta. Per molti anni lui e Pa’ Salt hanno cercato di trovare la settima sorella e sembra che finalmente ci sia una pista concreta da seguire: l’indirizzo di una vigna in Nuova Zelanda e il disegno di un anello di smeraldo a forma di stella.
CeCe, che vive in Australia è la più vicina delle sorelle e così lei e la sua compagna Chrissie, vengono mandate a investigare. Devono riuscire a trovare la ragazza prima della commemorazione per la morte di Pa’ Salt nel mare Egeo, ma l’impresa non sarà così facile.
Questa corsa contro il tempo e attraverso tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda al Canada, Inghilterra, Francia e Irlanda, unendoli tutti nella missione di completare finalmente la loro famiglia, le porterà da Mary McDougal, la donna che ha l’anello di smeraldo e che potrà confermare se sua figlia Mary-Kate, è davvero la sorella mancante. Ma Mary non è casa, è partita per un viaggio a seguito della morte di suo marito.
“Gli anni a Wellington mi avevano anche fatto capire quanto protetta e idilliaca fosse stata la mia infanzia, trascorsa in quell’autentico Giardino dell’Eden che era la Gibbston Valley: le montagne attorno a noi formavano una barriera fisica rassicurante e la terra fertile, come per magia, dava frutta succulenta in abbondanza.”
Recensione
Quando ho iniziato a leggerlo pensavo che fosse l’ultimo volume e quindi che tutti i misteri sarebbero stati svelati, invece è stato frustrante scoprire, non solo che ogni domanda non ha una risposta, che devo aspettare la pubblicazione di un ultimo libro, la storia di Pa’ Salt, per concludere l’intera serie.
Questo libro è meno avvincente rispetto ai precedenti, manca di magia, mi sono annoiata leggendolo, sono andata avanti solo per scoprire il finale rivelatore, che come ho scritto è mancato anche quello. La storia è stata allungata e appesantita per allungare il brodo.
La narrazione avviene su varie linee temporali: ai giorni nostri troviamo Merry McDougal, che lascia la Nuova Zelanda per un Grand Tour intorno al mondo e le sei sorelle D’Aplièse che seguono gli indizi per trovarla; poi seguiamo la storia di Nuala Murphy, figlia di un contadino nell’Irlanda occidentale del1920, un momento critico per l’indipendenza irlandese; ed infine la storia di Mary O’Reilly, nella valle irlandese di Argideen del nel 1955.
“Estrassi il mio portagioielli per riporlo nella cassaforte della camera, ma qualcosa mi spinse ad aprirlo. Presi l’anello, i sette piccoli smeraldi luccicarono alla luce della stanza. Poi mi stesi sul letto, infilai gli occhiali da lettura e afferrai il diario.
È giunto il momento, Merry…
Lo aprii, accarezzando con le dita l’inchiostro ormai sbiadito di cui erano fitte le pagine.
28 luglio 1920…”
Come per gli altri libri ho preferito le storie ambientate nel passato, la narrazione nel presente, e soprattutto la ricerca della sorella che ho trovato troppo fantasiosa, non mi ha soddisfatto. Il pensiero di dovere leggere ancora un altro libro per arrivare alla conclusione mi ha infastidita, spero almeno che dia un degno finale per la bella idea originale.
“Le occasioni di incontrare qualcuno che ci piace e che ricambia le nostre attenzioni sono così rare. E in quei momenti c’è un’unica cosa da fare. Disfare le valigie e aprire il proprio cuore…”
Il mito di Merope
Merope è una figura della mitologia greca. Essa è una delle Pleiadi, figlia di Atlante e Pleione. Ha sposato Sisifo, che fu punito per aver ingannato la morte, e con lui ha avuto un figlio di nome Glauco. Tra le sette sorelle, Merope è stata l’unica a sposare un mortale e nella sua vita ha sfidato più volte gli dei. A causa di ciò, tra le sette stelle che compongono le Pleiadi, Merope si nasconde e si vergogna, ed è la meno luminosa delle sette stelle delle Pleiadi, dalle quali fugge dall’inseguimento di Orione.
«Atlantis, la mitica dimora di Atlante, padre delle Sette Sorelle» sorrise Mary-Kate. «Vostro padre era davvero fissato con i miti greci.»
«Parecchio, sì. In casa abbiamo questo enorme telescopio, che sta in una specie di osservatorio all’ultimo piano. Già da piccolissime sapevamo a memoria tutte le stelle della costellazione di Orione e dintorni» raccontò CeCe. «A me non interessavano, a essere sincera, finché non mi sono trasferita a Alice Springs e ho scoperto che le Sette Sorelle sono delle divinità anche nella mitologia aborigena. Mi sono sempre chiesta come mai esistessero così tante leggende sulle Sette Sorelle, praticamente ovunque: nella cultura maya, in quella greca, giapponese… queste sorelle sono famose in tutto il mondo.»
«Esistono anche nei racconti maori» aggiunse Mary-Kate. «Le chiamano le figlie di Matariki: ciascuna di loro ha doti speciali, e dona alle persone qualcosa di diverso.»
Curiosità su “La sorella perduta”
Gibbston, chiamata anche “la valle dei vigneti”, è uno dei più scenografici distretti vinicoli. Le vigne si insinuano, in modo talvolta impervio, tra le aspre montagne di scisto e le gole del fiume Kawarau. L’elevata altitudine di quest’area dà luogo a inverni freddi, estati calde e secche, e un’elevata escursione termica tra notte e giorno. Queste condizioni climatiche favoriscono la produzione di vini eccellenti che riscuotono riconoscimenti in tutto il mondo: pinot nero, chardonnay, pinot grigio, riesling e sauvignon bianco.
Il “Cumann na mBan”, il Consiglio delle donne irlandesi fu fondato nel 1914, all’inizio era composto da suffragette, sindacaliste e socialiste che si sentivano escluse dai Volontari Nazionali, tutti maschi. Era l’alba di un cambiamento sociale, che introduceva i diritti per le donne, e il diritto dell’Irlanda a diventare una repubblica, se necessario usando la forza e le armi.
All’avvicinarsi della “rivolta di Pasqua” del 1916, Cumann na mBan era ufficialmente una forza paramilitare, insieme ai Volontari irlandesi e all’Esercito Cittadino irlandese. Infatti, il giorno della rivolta di Pasqua alcune componenti parteciparono all’assalto all’ufficio postale centrale, armate di pistole, e incitando tutta Dublino all’insurrezione, di fatto aiutando a innescare la rivoluzione irlandese.
L’Irlanda, l’Isola di Smeraldo, è forse più conosciuta nel mondo per il calore della sua gente, ma è anche una nazione con una storia lunga e turbolenta. Il desiderio di indipendenza dall’impero britannico, che ha dominato sulle terre irlandesi per oltre 700 anni, dall’invasione anglo-normanna del 1169. Nel XX secolo, la contea di West Cork è stata determinante nella lotta per l’indipendenza.
L’Irlanda diventa una repubblica nel 1949. Dopo il 1922, come dominio del Commonwealth britannico, tutti i cittadini irlandesi rimasero sudditi britannici e il re continuò a essere capo di stato, anche se dal 1936, quasi tutti i riferimenti al monarca dal diritto costituzionale irlandese erano stati rimossi. Infine, il Republic of Ireland Act del 1948 abolì le ultime funzioni del re, da allora in poi il Presidente dell’Irlanda avrebbe esercitato queste funzioni al suo posto, rendendo l’Irlanda una repubblica completamente indipendente.
La rivolta di Pasqua del 1916
L’Irlanda chiedeva da molti anni una qualche forma di autogoverno, in particolare prima dell’inizio della Grande Guerra. Quando questa richiesta fu negata dal parlamento britannico, l’Irish Republican Brotherhood (IRB) decise di prendere in mano la situazione e pianificò un’insurrezione. Il 24 aprile 1916 i ribelli presero il General Post Office di Dublino e altri edifici strategici. Patrick Pearse, il leader dei ribelli, lesse il suo proclama che dichiarava l’Irlanda una repubblica indipendente. Ma immediatamente, il governo britannico schiacciò la ribellione e dichiarò la legge marziale in Irlanda. La violenza che ne risultò distrusse gran parte del centro di Dublino e 450 persone furono uccise, con 2000 feriti, molti dei quali civili.
Chi era Michael Collins
Michael Collins, conosciuto anche come Mick, è stato un patriota e politico irlandese, una delle figure di spicco della Guerra d’indipendenza. Il ragazzo di Clonakilty nel West Cork, fece parte della Rivolta di Pasqua, preparando armi e addestrando truppe, oltre a essere un consigliere finanziario dell’IRB. Combatté a fianco di Patrick Pearse e fu arrestato e imprigionato quando l’insurrezione fu soffocata dagli inglesi.
Dopo il suo rilascio, scalò i ranghi della neonata Dàil Éireann (Assemblea d’Irlanda), diventando ministro delle Finanze. Quando la guerra anglo-irlandese iniziò nel gennaio 1919, divenne direttore dell’intelligence per l’Esercito Repubblicano irlandese, e fu determinante nell’organizzare la guerriglia contro le truppe britanniche.
Chi era Charlie Hurley
Charlie Hurley fu uno dei tanti eroi del West Cork durante la guerra anglo-irlandese. Divenne un volontario attivo nell’IRA, e come molti fu imprigionato a Beare Island nel 1918, dopo essere stato scoperto dagli inglesi in possesso di armi e piani di insurrezione. Fu rilasciato solo dopo una serie di scioperi della fame.
Il 19 marzo 1921, mentre si stava riprendendo dalle ferite riportate in un’imboscata agli inglesi, la casa in cui era nascosto fu circondata e lui cercò di fuggire per risparmiare la vita della famiglia che lo aveva ospitato. Gli spararono e lo uccisero, il suo corpo fu recuperato segretamente dalle donne del Cumann na mBan in modo che avesse un funerale nel cimitero di Clogagh.
Chi erano Sean e Tom Hales
I fratelli Hales, anche loro del West Cork, fanno la loro comparsa nella Sorella perduta. Sia Sean che Tom e i loro molti fratelli hanno combattuto coraggiosamente e hanno avuto ruoli di primo piano – fino a quando Tom fu catturato nel luglio 1920, torturato e imprigionato.
Tom fu rilasciato dal carcere nel dicembre 1922, dopo che il trattato era stato concordato, e tornò in un West Cork diviso. Repubblicano convinto, non poteva accettare i termini del trattato e si sentì tradito da Michael Collins. Sean, d’altra parte, si schierò con il governo a favore del Trattato, vedendolo come un passo verso il loro vero obiettivo: una repubblica d’Irlanda unita. E così i fratelli entrarono in guerra tra loro. La guerra civile irlandese durò dal giugno 1922 al maggio 1923.
A questo punto, Michael Collins era stato eletto comandante in capo dell’Esercito Nazionale pro-Trattato, combattendo a fianco di Sean Hales. Durante le ostilità, fu ucciso in un’imboscata il 22 agosto 1922, all’incrocio di Béal na Bláth. Ancora oggi non si sa chi abbia sparato il colpo mortale, anche se le prove puntano contro “Sonny” O’Neill, un tiratore addestrato che prese parte all’imboscata. Le tragedie aumentarono mentre la guerra civile continuava, e Sean Hales fu ucciso a Dublino solo poche settimane dopo.
Incipit del libro “La sorella perduta”
1
Ricordo esattamente dov’ero e cosa stavo facendo quando vidi mio padre morire. Mi trovavo più o meno dov’ero adesso, affacciata alla veranda di legno che circondava casa nostra, a guardare i raccoglitori farsi strada lungo i filari ben curati, gravidi di grappoli per la vendemmia di quell’anno. Stavo giusto per scendere i gradini e raggiungerli, quando con la coda dell’occhio vidi quell’omone che era mio padre sparire di colpo. Subito pensai che si fosse inginocchiato per prendere un grappolo d’uva caduto – detestava gli sprechi di ogni genere, concetto che attribuiva alla mentalità presbiteriana dei suoi genitori scozzesi –, ma poi vidi i raccoglitori precipitarsi verso di lui dai filari vicini. Si trovava a un buon centinaio di metri dalla veranda, e quando lo raggiunsi, trafelata, qualcuno gli aveva strappato la camicia e stava cercando di rianimarlo con il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, mentre un altro aveva chiamato il numero di emergenza. L’ambulanza arrivò solo venti minuti dopo.
Già quando lo sollevarono sulla barella, capii dal volto ormai cereo che non avrei mai più sentito la sua voce potente, tanto carica di solennità, ma che in un attimo sapeva trasformarsi in una risatina gutturale. Con le lacrime che mi rigavano il viso, l’avevo baciato delicatamente sulla guancia rossastra e segnata dalle intemperie, gli avevo detto che gli volevo bene e dato l’addio. Ripensandoci, quell’esperienza tremenda era stata surreale: il suo passaggio dall’essere così pieno di vita a, be’… nient’altro che un corpo vuoto, esanime, era impossibile da accettare.
Dopo mesi di dolori al petto, che fingeva fossero dovuti alla cattiva digestione, papà si era finalmente convinto a vedere un medico. Risultò che aveva il colesterolo alto, e avrebbe dovuto seguire una dieta. Io e mia madre avevamo perso le speranze, vedendolo continuare a mangiare quello che voleva e bere una bottiglia del suo vino rosso ogni sera. Perciò non avremmo dovuto stupirci, se mai fosse arrivato il peggio. Forse lo credevamo indistruttibile, e del resto il suo carattere forte ma bonario contribuiva all’illusione, ma, come aveva cupamente sottolineato mia madre una volta, alla fine non siamo che carne e ossa. Almeno aveva vissuto come voleva fino all’ultimo. Aveva anche compiuto settantatré anni, dato di cui semplicemente non riuscivo a tenere conto, viste la sua prestanza fisica e la gioia di vivere che sprigionava.
Di conseguenza mi sentii ingannata. Dopotutto avevo solo ventidue anni e, anche se avevo sempre saputo che i miei genitori mi avevano avuta tardi, colsi il senso di questa circostanza soltanto alla morte di papà. Nei pochi mesi trascorsi da quando era mancato, avevo provato rabbia per quell’ingiustizia: perché non ero entrata prima nella loro vita? Mio fratello Jack, che di anni ne aveva trentadue, se ne era goduti ben dieci in più insieme a papà.
Mamma ovviamente percepiva la mia rabbia, anche se non le avevo mai detto nulla apertamente. E poi mi sentivo ingiusta, perché non era in alcun modo colpa sua. Le volevo un bene dell’anima; eravamo sempre state molto legate, e vedevo quanto anche lei fosse addolorata. Facevamo del nostro meglio per confortarci a vicenda, e in qualche modo ne uscimmo insieme.
Anche Jack era stato meraviglioso, dedicandosi quasi a tempo pieno a sistemare le odiose incombenze burocratiche successive al decesso. Si era anche fatto carico da solo di The Vinery, l’azienda fondata da mamma e papà, che almeno per questo compito l’aveva già preparato a dovere.
Fin da bambino, infatti, lo portava con sé ad assistere al ciclo annuale di coltivazione dei suoi preziosi vigneti che, tra febbraio e aprile, a seconda del tempo, avrebbero prodotto i grappoli destinati alla vendemmia, per poi culminare nelle deliziose – e recentemente premiate – bottiglie di pinot nero che giacevano nel magazzino, pronte per essere esportate in tutta la Nuova Zelanda e in Australia. Illustrava con cura al figlio le diverse fasi del processo, e all’età di dodici anni Jack sarebbe stato probabilmente già in grado di dirigere il personale, tante erano le nozioni impartitegli da papà.
A sedici anni Jack aveva ufficialmente annunciato di voler lavorare con lui e, un giorno, rilevare The Vinery, con enorme gioia di papà. Si era laureato in economia, dopodiché aveva cominciato a lavorare a tempo pieno al vigneto.
«Non c’è niente di meglio che trasmettere una florida eredità» aveva detto papà qualche anno prima brindando in suo onore, al ritorno dal tirocinio di sei mesi svolto da Jack presso un’azienda vinicola nelle Adelaide Hills, in Australia. Ormai lo riteneva pronto.
«Forse un giorno sarai dei nostri anche tu, Mary-Kate. Brindiamo ai McDougal, che possano produrre vino su questa terra ancora per secoli e secoli!»
Se Jack aveva scommesso sul sogno di papà, non era stato lo stesso per me. Forse perché mio fratello era sinceramente affascinato dalla produzione dei vini pregiati: oltre a saper riconoscere a naso una vite selvatica a chilometri di distanza, era anche un ottimo uomo d’affari. Dal canto mio, ero cresciuta guardando papà e Jack perlustrare le vigne e sgobbare in quello che chiamavano affettuosamente The Lab (nient’altro che un grande capanno col tetto di lamiera, in realtà). Erano altre, però, le cose che avevano catturato il mio interesse. Ormai consideravo The Vinery un’entità separata da me e dal mio futuro. Questo non mi aveva impedito di lavorare nel nostro negozietto durante le vacanze scolastiche e universitarie, o di aiutare quando c’era bisogno, ma il vino non era decisamente la mia passione. Nonostante la percepibile delusione di papà al mio annuncio di voler studiare musica, aveva avuto la delicatezza di capire.
La serie delle Sette sorelle è composta da
Le sette sorelle (The Seven Sisters) (2014)
Ally nella tempesta (The Storm Sister) (2015)
La ragazza nell’ombra (The Shadow Sister) (2016)
La ragazza delle perle (The Pearl Sister) (2017)
La ragazza della Luna (The Moon Sister) (2018)
La ragazza del Sole (The Sun Sister) (2019)
La sorella perduta (Missing Sister) (2021)
Atlas. La storia di Pa’ Salt (The Story of Pa Salt) (2023)