Il vento soffia dove vuole è un romanzo scritto da Susanna Tamaro, pubblicato il 06 ottobre 2023, da Solferino. Trent’anni dopo Va’ dove ti porta il cuore, l’autrice ci riporta all’interno di complesse dinamiche generazionali, regalandoci pagine che sovrastano il vociare confuso di questi tempi. Un romanzo ricco di umorismo che è un inno alla forza dei legami familiari e all’importanza di dare un senso alla nostra vita.
“Tutto ciò che esiste nel grande si riflette nel piccolo. Come nelle galassie si formano buchi neri che divorano tutto ciò che si avvicina alle loro orbite, anche nelle nostre piccole vite a volte si aprono voragini capaci di inghiottirci.”
Trama del libro “Il vento soffia dove vuole”
Ci sono momenti nella vita in cui si sente il bisogno di prendersi una pausa e ripercorrere con calma, senza le continue incombenze quotidiane, le tappe della nostra esistenza.
Un viaggio che, anche nei momenti difficili e bui, ci ha portato a provare un sentimento di riconoscenza e gratitudine verso chi ha condiviso con noi il cammino, le prove, le epifanie. Così Chiara, alla soglia dei sessant’anni, approfittando dell’improvviso silenzio che avvolge la sua casa in collina, decide di scrivere tre lettere.
La prima alla luminosa figlia adottiva, Alisha, ormai ventenne; la seconda alla diciottenne Ginevra, la problematica figlia naturale; e la terza all’amato e solido marito Davide, con il segreto intento che un giorno la farà leggere anche al piccolo Elia, arrivato in un momento di grande crisi familiare.
Sono tutte, in qualche modo, lettere d’amore, declinate nei diversi linguaggi in cui si esprime questo sentimento invincibile e misterioso che ci lega indissolubilmente gli uni agli altri, aprendo nel nostro cuore porte segrete che non sapevamo di avere.
“Qualcosa ci ferisce, ma da questa ferita noi preferiamo distogliere lo sguardo. Dato che non sanguina e non si infetta, ce ne dimentichiamo presto e continuiamo a vivere come se nulla fosse mentre a una ferita se ne aggiunge con il tempo un’altra e un’altra ancora; soltanto quando il corpo, nella sua infinita saggezza, grida «Basta!» noi ci spaventiamo, ma a quel punto è difficile andare a ritroso, sciogliere ciò che è annodato da così tanto tempo dentro di noi. Dov’è il bandolo della matassa? Ormai siamo prigionieri di un caotico groviglio e abbiamo sempre meno tempo per sbrogliarlo.”
Incipit del libro “Il vento soffia dove vuole”
Cara Alisha,
È il 26 dicembre e sono seduta in cucina.
Potrei starmene in salotto, magari davanti al camino acceso, ma il fuoco è un piacere che richiede compagnia, guardarlo da soli rischia di suscitare strane idee: i ciocchi bruciano, come bruciano le nostre vite divorate dal tempo, di loro rimane polvere come polvere un giorno rimarrà dei nostri corpi; e poi la cucina è il luogo della vita, è qui che pranziamo e ceniamo in famiglia, è qui che abbiamo avuto i nostri battibecchi, le nostre discussioni, è qui che, ogni tanto, sono scoppiate per fortuna le risate ed è sempre qui che abbiamo preso le varie decisioni tutti insieme.
Ricordi quando, ai primi di dicembre, ho lanciato l’idea del «Natale liberi tutti»? Hai notato l’attimo di incredulo silenzio che è seguito?
«È uno scherzo?» ha chiesto Ginevra.
«No, una proposta seria.»
«Allora basta invertire i termini» hai commentato, sorridendo. «Pasqua con i tuoi, Natale con chi vuoi.»
«E chi si è visto, si è visto» è stata la conclusione di tua sorella. L’unico ad avere un’espressione desolata era il piccolo Elia.
«Ma come? Niente albero, niente presepe, niente regali?»
Ho dovuto rassicurarlo.
«Tranquillo. Faremo tutto come si deve, regali, albero, poi il 26 liberi tutti!»
La prima a partire sei stata proprio tu senza aspettare Natale, dato che la meta che avevi scelto era lontana, mentre Ginevra si era procurata un invito dalla sua amica Diamante che ha una casa a Cortina ed Elia era sembrato felice di passare le vacanze con la famiglia del suo amico del cuore. Ricordi la risata che si era fatta Ginevra quando tuo padre aveva annunciato che avrebbe seguito un corso per imparare a scalare le cascate di ghiaccio con i suoi amici del Cai?
«Ma papà, sei vecchio!»
«Non c’è vecchiaia del corpo se non c’è quella dell’animo» le aveva risposto serafico Davide mentre Elia lo fissava con gli occhi sgranati.
«È pericoloso, papà.»
Il 25 comunque abbiamo festeggiato Natale come al solito, con i nonni, gli zii e i tuoi cugini arrivati dal Molise carichi come ogni anno di cibi tradizionali e di regali. Erano delusi di non vederti, ti salutano tanto.Il pomeriggio della Vigilia ci sono stati momenti di panico perché non si trovava più il Bambino. Ero sicura di averlo messo via assieme agli altri personaggi del presepe, invece nella scatola non c’era. Tutti gli altri erano lì: i pastori, le pecore, le papere con il loro stagno, l’angelo da sistemare sul tetto di paglia; non mancava nessuno, tranne lui, il Bambino. Più non si trovava, più Elia si agitava. «I negozi oggi sono chiusi» continuava a ripetere. «Chiusi, chiusi! I negozi sono chiusi! Come facciamo?»
«Che problema c’è?» gli ha risposto Ginevra irritata. «Prendiamo una noce, ci disegniamo sopra gli occhi e la bocca e lo mettiamo nella culla. Tanto è solo una convenzione, no?» ma Elia non ne voleva sapere.
Allora tuo padre ha pensato di rimediare tentando di dare forma a qualcosa che assomigliasse a un bambino con la plastilina. Già mi aspettavo una battuta acida di Ginevra del tipo «Non vedi che sembra un porcello?» dato il colore rosa shocking del pongo, quando fortunatamente il nostro fido Felix ha fatto riapparire da sotto il divano, con un rapido colpo di zampa, il piccolo Gesù, avvolto in una nube di pelliccia invece che di paglia ma, per fortuna, intero. Chissà, forse era là sotto dal gennaio scorso! Comunque, trovato il Bambino, la pace è nuovamente ridiscesa in casa e a mezzanotte Elia ha potuto farlo planare nella culla, come da tradizione.
Al piano di sopra tutte le valigie erano pronte. Passandoci davanti ho pensato che, in fondo, sembrava un Natale celebrato in una stazione ferroviaria: erano tutti lì ma tutti con la mente proiettata alle partenze di stamattina. Ginevra stava già pensando allo scintillante lusso della Cooperativa di Cortina, Elia ai giochi che avrebbe fatto con la sua squadriglia e Davide ai ramponi che avrebbe infilzato nel ghiaccio.
«Sei sicura di voler rimanere sola?» mi ha sussurrato tuo padre ieri sera a letto.
«Hai paura del colpo della strega?» ho scherzato.
«No, che possa succederti qualcosa.»
«Cosa vuoi che mi succeda? Sono solo un po’ stanca.»
Non sembrava convinto: «Davvero non vuoi che resti?».
«No, ti fa bene andartene per un po’ in montagna, e poi so che con i tuoi amici sarai felice.»
«E tu?»
«Io sarò felice di starmene un po’ da sola.»Questa mattina la sveglia è suonata all’alba e alle undici la casa era già vuota. Ho messo a posto l’inevitabile scia di disordine lasciata dalla loro partenza e dopo aver mangiato qualche avanzo della cena natalizia sono andata a riposare sul divano con un bel plaid caldo sulle gambe.
Da sei anni ormai viviamo in questa casa sulla collina e in sei anni non mi è mai capitato di trascorrere un giorno e una notte completamente sola. Mi è successo, certo, quando ero più giovane e abitavamo in città, quando vostro padre viaggiava molto per lavoro e voi eravate ancora al di là del nostro orizzonte. Ma la solitudine in un condominio è molto diversa da quella di una casa circondata dai boschi dove i rumori, per lo più sconosciuti, generano inquietudine e i silenzi sono davvero silenzi.