S.O.S. Amore è un romanzo di Federica Bosco, del genere narrativa rosa ed è stato pubblicato nel 2009. Una storia di donne, quelle che hanno conosciuto il lato romantico e spietato dell’amore, quelle che non si sentono adeguate e meritevoli di essere amate, quelle che sopportano per paura di essere giudicate, quelle che tra una risata e un pianto lottano alla ricerca di se stesse.
“Tutti ci inventiamo contorte soluzioni per giungere a un compromesso con la nostra coscienza, che ci permetta di sopravvivere con pochi sensi di colpa.
C’è chi fa lo zerbino, chi il domatore, chi fugge, chi tiene i piedi in due staffe, chi si crea un’altra realtà e chi crede ancora a Babbo Natale.”
Trama di “S.O.S. Amore”
Chiara ha 35 anni e una disastrosa situazione sentimentale. Vive a Milano con sua sorella Sara, sempre in lotta con il mondo. Ha una madre che le tiene in ostaggio con i suoi attacchi di panico e un pittoresco padre che vive a Cuba, che le ha mollate da piccole dopo averle sfrattate. Con questi presupposti non c’è da stupirsi che l’autostima di Chiara sia sotto terra: non crede neanche più di meritare un amore vero. Per questo accetta di iniziare una relazione clandestina col suo capo, che come da copione giura e spergiura di lasciare la moglie.
Chiara è ironica, positiva, cerca sempre di perdonare le prepotenze altrui, ma non sa affermare il suo sacrosanto diritto all’amore e finisce puntualmente per fare da zerbino a uomini egoisti e superficiali. Destinatario dei suoi sfoghi è il dottor Folli, il suo analista, a cui ogni settimana racconta un capitolo della sua disastrata vita amorosa, dalle elementari in poi. Il dottore l’aiuterà con ironia a recuperare l’autostima, riaprendo ferite mai rimarginate e affrontando nuove battaglie. Se almeno una volta nella vita vi siete sentite come Chiara (e alzi la mano chi non ci si è mai sentita!), non potrete resistere alla sua tenerezza e alla sua disarmante ironia.
“Il mondo va sempre avanti con o senza di noi e tutti ci adattiamo in un tempo brevissimo alle situazioni più inimmaginabili, agli abbandoni, ai lutti e alle catastrofi. E forse, più rimaniamo elastici meno rischiamo di farci spezzare dal dolore.”
I capitoli del libro corrispondono alle sedute dallo psicanalista di Chiara, la protagonista, che sta cercando di mettere ordine nella sua vita. Chiara nasconde le sue debolezze, le umiliazioni dietro silenzi e bugie, la sua paura del giudizio degli altri e della solitudine fa si che anche i familiari e gli amici calpestino i suoi sentimenti. Ma prima di farsi rispettare dagli altri deve trovare il rispetto per se stessa e ritrovare il coraggio di abbandonarsi a situazioni nuove e positive. Un libro a tratti leggero, a tratti ironico, a tratti riflessivo, perchè un chick-lit può essere anche questo, si legge in pochissimo tempo, allietando qualche ora tra una risata e un momento di commozione.
Incipit di “S.O.S. Amore”
“è forse chiedere troppo desiderare un uomo decente? Non sto parlando di un neurochirurgo esageratamente bello, sensibile, fedele, ben dotato, ricco e generoso, mi accontenterei di uno che quando dice “ti chiamo” lo faccia entro l’anno.
Uno che non si faccia venire un’ischemia quando deve pagare il conto, che non sia sposato, alcolista, ladro, bipolare o bugiardo patologico, perché questi li ho sperimentati già tutti”.
Mi guarda senza dire niente. Ha quella che definirei “una faccia da poker”.
Se stiamo a guardarci ancora un po’ finiamo la seduta come due sordomuti che cercano di ipnotizzarsi, e siccome ogni minuto mi costa un euro virgola tre periodico, sarà bene mettere a frutto questo tempo, accelerando la guarigione.
“Allora, dottore, mi dica la verità: è colpa mia? Sia sincero, sono io che li attiro? La prego me lo dica, non mi butterò sotto la metro.
Se me lo conferma lei sarò più tranquilla, anzi le chiedo la cortesia di mettermelo per iscritto, così se qualcuno mi chiede come mai sono sola glielo faccio vedere”.
“Perché non mi parla un po’ di sé, magari mi racconta la storia della sua vita, tanto per conoscerla meglio”.
“La mia vita? E perché dovrei raccontarle la storia della mia vita? Ha letto Oliver Twist? Ecco, una cosa simile. Perché non mi risponde e basta? Non può semplicemente consultare il manuale segreto degli analisti? Quello con le formule magiche? “Pagina 87: giovane donna ancora passabile, sfigata in amore”, possibili soluzioni: 1. Fare una vacanza studio a Lourdes di almeno sei mesi; 2. Entrare in convento (si consiglia la clausura); 3. Donare il proprio corpo alla scienza””.
“Ehm… noi preferiamo definirci psicoterapeuti… Chiara, mi dica, perché è così arrabbiata?”
“E perché lei è così innaturalmente calmo? Scommetto che se le cade la sua bella Montblanc di punta dice Perdindirindinal Lei mi sembra proprio un tipo da perdindirindina o al massimo può spingersi fino ad Accipicchia’. “Accipicchia è caduta una lavatrice sulla mia macchina!
Perbacco, mi hanno clonato il bancomat! Diamine, mia moglie mi ha messo le corna! “”.
È meglio che mi calmi o mi caccia fuori. Non so cosa mi sia preso, lo sto usando come un sacco per la boxe. È il nostro primo incontro e gli sto vomitando addosso tutta la frustrazione accumulata in anni di relazioni sbagliate.
Solo perché è un uomo non vuol dire che sia per forza una carogna… Invece sì! Dev’esserlo per forza, o sono io a essere completamente sbagliata. Mi hanno montato al contrario, ho il cuore a vista e tutti lo colpiscono, lo feriscono e lo schiacciano…
“La stupirò, ma dico anche delle parolacce, la mia preferita è “miseria ladra””.
“Lo diceva mio nonno… Io preferisco “fanculo” o “merda”, “porca puttana”, “cazzo di…””.
“Sì, credo che abbia reso perfettamente l’idea, semmai mi dovesse cadere la penna, la chiamerò per farmi dare un consiglio”.
“Scusi… è l’imbarazzo. Quando sono molto tesa dico un sacco di parolacce”.
“È normale, non si preoccupi… Ma torniamo a noi: come mai ha deciso di venire da me, c’è stato un qualche evento scatenante che le ha fatto decidere di cominciare una terapia?”
“Gliel’ho detto, ho sempre e soltanto avuto storie ai confini della realtà e ora sono stufa…”.
Sospiro.
“…Alle elementari mi piaceva un bambino, lui mi dava sempre e solo spintoni e io gli morivo dietro: più mi dava spintoni più pensavo di piacergli e gli davo tutta la merenda, i pennarelli, una volta anche la mia giacca a vento nuova… e non me l’ha più restituita. E si è fidanzato con la più bella della classe, Barbara, una bambina sciocca e viziata che però piaceva a tutti i maschi. Io ho continuato a dargli tutta la mia merenda lo stesso…”.
“È stato molto tempo fa…”.
“Oh, ma il buondì si vede dal mattino, sono sicura che sia scritto anche nel suo magico manuale: “Pagina 12: se la paziente già a sei anni dà segni di accattonaggio affettivo non ha più speranze””.
“Ma perché è così severa con se stessa? Era solo una bambina piccola e indifesa e non ha senso giudicarsi negativamente per questo. È importante che lei piano piano cominci ad amare quella bambina, a perdonarla e proteggerla”.
Lo guardo esitante, incerta se confessargli o meno il vero motivo per cui sono venuta qui, poi sparo tutto d’un fiato: “Senta, ho una relazione col mio capo da quasi due anni, lo so fa schifo e tutto il resto, lo so da sola, ma la prego non mi giudichi, io non ci avrei mai neanche pensato a diventare l’amante di un uomo sposato, mi fa effetto anche solo pensarlo, mia madre mi ha educato meglio di così! Ma lui, già dal secondo giorno che sono entrata nel suo studio, non mi ha dato tregua neanche per un minuto, dice che mi ama, che lascerà la moglie, mi coinvolge in tutti gli aspetti della sua vita, pensi che ha portato me a scegliere la macchina nuova… E perciò io aspetto e aspetto e aspetto, ma vorrei che lui si decidesse, una volta per tutte, a vivere la nostra storia alla luce del sole”.
Mi guarda a lungo e sento che già mi odia per quello che gli ho detto. Ma è il suo lavoro, no?