Voglio dedicare un post alla mia città: Messina.
Gli antichi recitavano che Messina, siede in su la riva del Mare Ionio e del Mar Tirreno dove, come in luogo arcano e magico, vi è l’incontro e l’intreccio di due masse acquee complementari, ma di composizione differente.
Ed anche a causa di ciò è come se nella stessa città vivesse un dualismo di sensazioni e sentimenti che si infrangono gli uni sugli altri.
Situata nell’angolo nord est della Sicilia, Messina conta più di 243.000 abitanti ed è la terza città metropolitana della Sicilia, e il tredicesimo comune d’Italia per numero di abitanti.
La città anticamente era chiamata Zancle, dal greco “falce”, per la forma del suo porto naturale, detta anche “porta della Sicilia” per la sua vicinanza alla Penisola.
Da questa porta sono entrate le più importanti civiltà del passato: fenici, greci,romani, bizantini, saraceni, normanni, angioini, aragonesi, borboni; le acque dello Stretto sono state attraversate da re, principi, papi, pirati, navi da guerra, opere d’arte e merci di ogni genere, insomma è passata la storia del mondo.
La leggenda narra che Urano, che rappresentava il cielo stellato, in unione con Gea, la Terra, diede alla luce i sei Titani, le sei Titànidi, i tre Ciclopi e i tre Ecatonchìri, ma poiché temeva di essere spodestato li rinchiuse nel Tartar. Gea spronò i propri figli a ribellarsi alle volontà del padre ed il più giovane Krono (Il tempo) assalì nel sonno il padre con una falce datagli dalla madre e liberò i fratelli. La falce cadde sulle rive del mare Ionio proprio in Sicilia, ancorandosi con la terra e formando la questa bellissima città chiamata appunto Zancle (Falce).
Come si denota dalla sua leggenda, Messina ha origini antichissime, l’omonimo stretto compare già nell’Odissea di Omero: Ulisse e i suoi uomini, nel loro viaggio di ritorno dalla guerra di Troia, approdarono all’isola della maga Circe e vi erano rimasti per circa un anno. Una volta ripartiti, erano riusciti a passare indenni in mezzo alla trappola rappresentata dal mostro Scilla e dal terribile gorgo Cariddi approdando in Sicilia (l’isola di Trinacria), dove però i compagni di Ulisse, ignorando gli avvertimenti ricevuti da Circe, avevano ucciso e mangiato alcuni dei buoi sacri del dio del sole Elio.
Questo sacrilegio fu duramente punito da Zeus, che colpì Ulisse e i suoi compagni con il terribile naufragio, subito dopo che essi erano ripartiti dalla Sicilia. La loro nave fu spinta di nuovo dalla tempesta nella trappola di Scilla e Cariddi e il solo Ulisse si salvò per miracolo riuscendo a raggiungere a nuoto le rive dell’isola di Ogigia, dove la ninfa Calipso lo tenne con sé.
I ritrovamenti archeologici attestano la presenza di un villaggio dell’età del bronzo.
Fu fondata dai greci provenienti da Calcide (l’isola Eubea) nel 750 a.c. con il nome di Zancle. La sua posizione al centro del mediterraneo facilitò lo sviluppo.
Successivamente passò sotto la tirannia del popolo dei messeni, quando Anassilao di Reggio, intorno al 486 a.C. la conquista diventando tiranno di di Rhegion (Reggio Calabria) e Zancle, che assunse in quel periodo il nome di Messana.
I Romani la conquistarono nel 264 a.C., fu proclamata libera e alleata di Roma “Civitas foederata”, esente da ogni tributo sia di guerra che di granaglie, e Cicerone all’epoca la definì città grandissima e ricchissima.
Marco Tullio Cicerone che nelle Verrine scrive:
“Gaio Eio (questo me lo concederanno senza discutere tutti coloro che si sono recati a Messina) è il mamertino più ragguardevole in quella città sotto tutti i punti di vista. La sua casa è senza paragone la più nobile di Messina, e senza dubbio la più conosciuta, la più disponibile per i nostri concittadini, un modello di ospitalità. Prima dell’arrivo di Verre questa casa era così adorna da rappresentare un ornamento anche per la città. Infatti proprio Messina, che deve le sue bellezze alla posizione naturale, alle mura e al porto, è addirittura sprovvista e priva di quegli oggetti di cui costui si diletta. 4. Ora, in casa di Eio c’era una cappella privata molto antica, oggetto di grande venerazione, lasciatagli dai suoi antenati: in essa spiccavano quattro bellissime statue di squisita fattura, universalmente note, che potevano deliziare non solo codesto fine intenditore, ma anche ciascuno di noi, che costui chiama profani: la prima era Cupido di marmo, opera di Prassitele […] Ma, per tornare alla cappella privata di Eio, c’era da una parte questa statua marmorea di Cupido, di cui sto parlando, dall’ altra un Ercole di bronzo di fattura egregia, attribuito se non erro a Mirone (e l’attribuzione è sicura). Parimenti, di fronte a queste divinità, stavano due piccoli altari che potevano far comprendere a chiunque il carattere sacro della cappella: si trovavano inoltre due statue in bronzo di mo deste proporzioni, ma di straordinaria eleganza, che rappresentavano nel portamento e nel modo di vestire quelle fanciulle che, con le braccia sollevate, sostengono sul capo un canestro con certi arredi sacri secondo il costume delle ragazze ateniesi: si chiamano appunto Canefore. […]”
Essendo Messina città di transito obbligata nel Mediterraneo, si racconta che anche l’apostolo Paolo venne e sbarcò a sei miglia di distanza dalla Città in quel punto della costa detto da allora in poi Cala S. Paolo. Grazie a lui i messinesi si convertirono al cristianesimo.
l fervore religioso dei messinesi crebbe così rapidamente che molti espressero il desiderio di visitare i luoghi santi, per conoscere la madre di Gesù, Maria, che era ancora vivente. Nell’anno 41 d.C. mandarono a Lei un’ambasceria insieme alla stesso S. Paolo sulla medesima nave. Giunti gli ambasciatori in Gerusalemme, ebbero in risposta dalla Madre di Gesù la seguente lettera scritta in ebraico e tradotta in latino nel 1940 dal greco-messinese Costantino Lascaris:
“Maria Vergine, figlia di Gioacchino, umilissima serva di Dio, Madre di Gesù Cristo Crocifisso, della Tribù di Giuda, della stirpe di Davide, ai Messinesi tutti salute e benedizione di Dio Padre Onnipotente. Consta per pubblico strumento che voi ci avete mandato legati e nunzi, e che già per le prediche di Paolo Apostolo vi è nota la via della Verità, e che il figlio nostro, generato da Dio, si è fatto uomo, e dopo la sua resurrezione è salito al cielo. E perciò Benediciamo Voi e la Stessa Città, della quale vogliamo essere perpetua protettrice.”
La lettera era legata con alcuni capelli della Vergine, che da allora in poi vennero custoditi nella Cattedrale. Maria fu sempre venerata in Messina sotto il nome di Madonna della Lettera. L’originale della Sacra Lettera fu accuratamente nascosta dal Senato messinesi che poi fu ritrovata nell’archivio pubblico ma subito dopo se ne persero le tracce con i disastrosi terremoti che colpirono la città. Queste notizie sono narrate anche dallo storico Flavio Lucio Destro.
Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente fu prima in possesso dei Bizantini, l’imperatore Bizantino Arcadio, nel 407 d.c. la nominò Protometropoli della Magna Grecia e della Sicilia, sostituendo, l’antico gonfalone con le tre torri, con la croce d’oro in campo rosso, attualmente visibile nello stemma della città.
Successivamente scoppiarono numerose guerre tra i Califfati arabi e gli imperatori bizantini, gli Arabi andavano sottraendo ai Bizantini vaste provincie dell’Impero ed anche la Sicilia divenne terra di conquista soprattutto per la posizione strategica dell’isola, per il controllo del Mediterraneo.
Messina durante la dominazione araba decadde economicamente, ma la dominazione araba portò anche delle innovazioni rivoluzionarie soprattutto nel campo dell’agricoltura con nuove colture (tra le altre gli agrumi), e nuovi sistemi di irrigazione, la possibilità di trasportare acqua all’interno dei territori più aridi permise la coltivazione di un numero maggiore di terre, con evidenti benefici sulla popolazione.; anche nella pesca gli arabi dimostrarono notevoli capacità innovative.
Nel 1060 venne conquistata dai Normanni, popolazione di origine scandinava, e sotto il dominio di Ruggero II la città si riprese economicamente e demograficamente e divenne città libera tra le più ricche e belle della Sicilia, che la vide patria di importanti personaggi, come il grande pittore quattrocentesco Antonello da Messina.
Dal suo porto partirono i Crociati per la Terra Santa con l’editto di Ruggero Secondo, ebbe il titolo di Caput Regni e Consolato del Mare.
Nel 1189, il re inglese Riccardo Cuor di Leone, mentre si recava in Terrasanta per la terza crociata, si fermò a Messina per recuperare la dote della propria sorella Giovanna d’Inghilterra, già sposa del re Guglielmo II di Sicilia. I contrasti con il re Tancredi indussero Riccardo a occupare la città insediandosi nel castello di Matagrifone dal quale dominava e spadroneggiava in città.
Il massimo splendore fu raggiunto proprio sotto il dominio di Svevi, gli Angioini ed gli Aragonesi, divenne la capitale del Regno di Sicilia e soprattutto una delle città del Mediterraneo più fiorenti, grazie soprattutto al suo porto ed alla sua vocazione commerciale.
La sua Zecca batté Moneta per tutto il Regno Normanno con il motto MSNC – Messana Nobilis Siciliane Caput.
Messina fu la città eroica durante Vespri siciliani, la ribellione scoppiata a Palermo all’ora dei vespri di Lunedì dell’Angelo del 30 marzo 1282, contro i dominatori francesi dell’isola, gli Angioini, avvertiti come oppressori stranieri. Carlo I d’Angiò tentò invano di sedare la rivolta con la promessa di numerose riforme. Alla fine decise di intervenire militarmente, con 75.000 uomini e duecento navi, iniziarono l’assedio di Messina, Alaimo di Lentini, nominato Capitano del Popolo, organizzò la resistenza nella città. Carlo non risparmiò nessun civile per espugnare la città, né anziani, né donne e né bambini. La città anche se stremata respinse i continui attacchi con la partecipazione di tutta la popolazione.
L’8 agosto, Dina e Clarenza, due giovani e coraggiose donne messinesi, durante il loro turno di pattugliamento sul colle della Caperrina (oggi Montalto), si accorsero che i soldati francesi di Carlo d’Angiò erano entrati in città. Era notte fonda e gli uomini dormivano stanchi per le recenti battaglie sostenute. Ed allora le donne ebbero la brillante idea di svegliare la città scagliando pietre sugli assalitori e a suonando le campane, in breve tempo fecero accorrere Alaimo che respinse i nemici con le truppe cittadine, tutti in città si diedero da fare per respingere i Francesi, nobili, giuristi, mercanti, artigiani, sacerdoti e soprattutto donne, Giovanni Villani cronista del medioevo scrive: “….Stette lo re con sua oste intorno a Messina da due mesi, e dando la sua gente alcuna battaglia dalla parte ove non era murata, i Messinesi colle loro donne, le migliori della terra, e co’ i loro figlioli piccioli e grandi, subitamente in tre dì feciono il detto muro e ripararono francamente gli assalti dei Franceschi”.
I messinesi resistevano in maniera eroica fin dal mese di Aprile.
Michele Amari, storico e politico, nella sua opera La Guerra del Vespro del 1843 , racconta la concitazione e l’ansia febbrile di quelle ore in cui la sorte della città sarebbe stata definitivamente segnata.
«…Ma accadde che questi uomini del presidio, comportandosi come dei novellini -e del resto lo erano perché erano normali cittadini- quel giorno, l’8 agosto, nel tardo pomeriggio a seguito di un gran rovescio di pioggia, per mettersi in un riparo, abbandonarono i loro posti di guardia, di modo che i Francesi colta l’occasione, furono pronti a salire l’erta attraverso gli uliveti. Alaimo, appena gli fu data la brutta notizia, comprese che se passava un altro istante Messina era perduta; ma l’istante lo sfruttò straordinariamente bene, in un fiato si lanciò alla riscossa, portandosi dietro tutto il popolo, e urtò e poi riconquistò la strategica postazione facendo una strage di francesi; poi caduta la notte, al lume delle fiaccole tornarono a ripristinare le barricate. La Notte del Campidoglio trascorse a Messina con l’infaticabile Alaimo che impartiva ordini perentori e assegnava i compiti ad ogni singolo messinese, uomini e donne di ogni età. Drappelli di uomini validi giorno e notte dovevano avvicendarsi per vegliare le postazioni fisse; mentre pattuglie di donne dovevano fare la guardia girando in continuazione per gettare gli allarmi. I Francesi a notte fonda, tentarono un altro l’assalto al monte Capperina; ma superati in silenzio i ripari, s’imbatterono proprio in una pattuglia di due donne Dina e Clarenza; due coraggiose donnette di cui l’ingiusta storia tramanda appena il nome, eppure salvarono loro due la città. Fu la prima, la Dina a gridare “all’arme”, scagliando nello stesso tempo sui nemici intravisti un masso, che atterrò parecchi soldati; mentre la Clarenza andò a martellare a stormo le campane; l’allarme si espanse in un baleno e si sentì nella notte un solo grido: “Alla Capperina il nemico !”; e verso là andarono tutti senza chiedersi se c’era pericolo o no, o tutti così là, a notte fonda, forse guidati per il solo gran piacere di trovarlo il pericolo, a patto che ci fosse un odiato francese. Sul posto c’era già Alaimo, che sugli attoniti nemici piombò con tutta la popolazione accorsa come una furia; e non solo li ricacciarono indietro, ma un gruppo di spavaldi uscirono fuori dalle mura, e a piedi, mentre quelli erano a cavallo, li incalzarono fin sotto il quartier generale di Carlo d’Angiò…»
Dalla vicenda di Dina e Clarenza nacque anche una canzone popolare:
«…Deh com’egli è gran pietate
Delle donne di Messina,
Veggendole scapigliate
portar pietre e calcina.
Iddio gli dea briga e travaglio
A chi Messina vuol guastare…»
La leggenda popolare narra che pure la Madonna intervenne per dare sostegno al popolo Messinese, la apparizione di una Bianca Signora che rincuorava i combattimenti messinesi e incuteva spavento nei loro nemici. avvenne proprio sul colle Caperrina (Montalto).
Anni dopo, esattamente nel 1286, frate Nicola ebbe una visione della Madonna che desiderava venisse costruita una Chiesa a lei dedicata proprio sul quel colle.
Il frate convocò tutti i capi della città ed il popolo stesso sul colle, quando all’improvviso si vide una colomba bianca scendere dal cielo.
La colomba ad un palmo dalla terra sembrava stesse descrivendo il perimetro della Chiesa, proprio come successe nella visione del frate.
Nel Giugno del 1295 veniva ultimata la Chiesa di Montalto, dedicata alla Madonna, legata anch’essa agli atroci anni dei Vespri Siciliani.
L’episodio è rappresentato nel campanile del Duomo di Messina.
Intorno al 1350 Giovanni Boccaccio scrive il Decameron, la quinta novella della quarta giornata è la Lisabetta da Messina:
Lisabetta è una giovane ragazza messinese, orfana di padre, che vive insieme ai suoi tre fratelli, originari di San Gimignano e divenuti ricchi conducendo affari e commerci particolarmente redditizi. La giovane donna, non ancora maritata, commette lo sbaglio d’innamorarsi di Lorenzo, un modesto ragazzo di Pisa che aiuta i fratelli nel loro lavoro. Il giovane appartiene a un ceto inferiore a quello di Lisabetta e di conseguenza il loro amore assume immediatamente implicazioni sociali assai complicate per l’epoca, esemplificate dalla mentalità ristretta dei tre fratelli, rispetto alla quale invece la passione tra i due protagonisti si afferma come qualcosa di assolutamente spontaneo e naturale.
Nel 1548, Ignazio de Loyola fondò a Messina il primo Collegio dei Gesuiti al mondo, il famoso Messanense Collegium Prototypum Societatis Iesu, prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i Gesuiti fonderanno con successo nel mondo. Il Collegium in seguito si trasformò nel Messanense Studium Generale, ossia l’Università di Messina. Tra gli uomini di cultura messinesi è da ricordare in particolare Francesco Maurolico (1494-1575) letterato e scienziato, con interessi in vari settori del sapere e della vita cittadina.
Nel 1571 dal porto di Messina partì la flotta cristiana, al comando di Don Giovanni D’Austria, che sconfisse i Turchi nella Battaglia di Lepanto, e Messina accolse la flotta al rientro dalla vittoriosa spedizione. Tra le persone ferite sbarcate dalla flotta c’era Miguel de Cervantes (Miguel Saavedra de Cervantes), che rimase ricoverato nel Grande Ospedale della città per diversi mesi a causa della ferita riportata, alla mano sinistra, in battaglia.
Sulla punta estrema del porto svetta il forte Campana, ordinato da Carlo V e realizzato nel 1546 per chiudere l’insieme di batterie difensive istallate lungo il porto stesso per respingere le incursioni delle armate turche che, dalla parte opposta, ingrandendosi il forte Campana, si staglia, invece, il forte San Salvatore, sulla cui porta si trova una lapide del 1614 che ne ricorda la funzione difensiva.
Nel 1674 si ribellò alla Spagna e ne subì successivamente la repressione.
Fu toccata da un grave terremoto nel 1783.
Entrò a far parte del Regno d’Italia dopo la spedizione dei Millegaribaldina del 1860.
Dopo il Congresso di Vienna anche a Messina si diffuse la Carboneria. Venivano pubblicati diversi giornali che trattavano argomenti letterari, scientifici, artistici, ma anche esprimevano l’aspirazione alla libertà; vi collaboravano Giuseppe La Farina.
Fu Messina, con i moti del 1º settembre del 1847, nella zona di piazza Duomo, ad iniziare il Risorgimento Italiano; vi furono morti e feriti ma la rivolta fu subito repressa. Seguirono processi e condanne ma fu giustiziato solo il calzolaio Giuseppe Sciva, di 27 anni, il 2 ottobre 1847. Nel 1848, nuovamente ribellatasi ai Borbone di Napoli, Messina subì per otto mesi pesanti bombardamenti da parte dei cannoni della sua stessa cittadella, in mano all’Esercito delle Due Sicilie e dovette ancora una volta capitolare alle truppe comandate dal generale Filangeri che la flotta borbonica riuscì a sbarcare. Questi bombardamenti procurarono al re Ferdinando II di Borbone il soprannome di Re Bomba. I messinesi si difesero con grande eroismo, ma alla fine dovettero cedere. Alcuni giovani, detti Camiciotti (cioè in camicia), per non arrendersi si gettarono col tricolore nel pozzo del convento della Maddalena.
Il 27 luglio 1860 i Garibaldini, vittoriosi a Milazzo, entrarono in città, anche se i soldati borbonici resistettero nella cittadella fino alla primavera dell’anno successivo (cadde il 12 marzo 1861). Dopo qualche mese Messina ricevette la visita di Vittorio Emanuele II, ma l’unificazione d’Italia portò alla soppressione di prerogative fiscali e commerciali locali, nella restaurazione delle quali la città sperava.
Nel 1884 Ilya Ilyich Mechnikov, anche noto come Elia Metchnikoff, scoprì a Messina, dove si era trasferito da qualche anno proveniente dalla Russia, la fagocitosi, cioè il processo di ingestione da parte della cellula di particelle di grandi dimensioni, che fa parte anche dei meccanismi di difesa dei vertebrati contro l’infezione batterica. Per tale scoperta Mechnikov fu insignito nel 1908 del Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia. Nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi del Novecento a Messina erano fiorenti sia le attività economiche che la cultura. Vi erano illustri letterati, musicisti, giuristi; all’Università insegnarono famosi docenti, tra cui Giovanni Pascoli
Nel 1908 subì le distruzioni di un altro terribile terremoto e ancora dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Una pagina significativa dell’amicizia fra la città ed il popolo russo è legata al tragico: il terremoto del 1908. I primi soccorritori giunti a Messina furono proprio i marinai della flotta imperiale russa, che si trovava nel porto di Augusta per delle esercitazioni.[15]Il terremoto di Messina è considerato uno degli eventi più catastrofici del XX secolo. Si verificò alle ore 05:21 del 28 dicembre 1908 e in 37 “lunghissimi” secondi danneggiò gravemente le città di Messina.
Fu nuovamente danneggiata dai bombardamenti angloamericani del 1943, che causarono migliaia di morti. Per la tenacia nel resistere alle catastrofi e nel rinascere ancora una volta, la città fu decorata con una medaglia d’oro al valor militare ed una al valor civile.
Dal primo al tre giugno 1955, mentre era Ministro degli esteri il messinese Gaetano Martino, la città ospitò la Conferenza di Messina, passo fondamentale e decisivo che avrebbe portato alla costituzione dell’Euratom e della CEE (Comunità Economica Europea), diventata in seguito Unione europea.
E’ stata visitata da tantissimi personaggi, per citarne qualcuno:
Johann Wolfgang Goethe visitò la città dello Stretto nel 1787, ne rimase particolarmente colpito “…dallo stupendo scenario nel quale è incastonata la città, distesa tra le falde dei monti Peloritani, degradanti verso la costa, e lambita dal mare, che rinvia al ricordo di miti suggestivi e di antiche leggende…”
Giovanni Paolo II arriva in visita pastorale a Messina l’11 Giugno 1988: “Chi non sa che la vostra città, “porta della Sicilia”.
Nel Museo Regionale di Messina si possono ammirare due delle ultime opere di Caravaggio. Il pittore sbarcò a Messina di ritorno da Malta, dove si era rifugiato dopo aver ucciso con un coltello un uomo nel corso una rissa a Roma nel 1606. Qui egli aspettò invano il perdono papale, che aveva implorato più volte.
Uno degli orgogli Messinesi è Antonello da Messina, soprannome di Antonio di Giovanni de Antonio (Messina, 1429 o 1430 – Messina, febbraio 1479), il principale pittore siciliano del ‘400, raggiunse il difficile equilibrio di fondere la luce, l’atmosfera e l’attenzione al dettaglio della pittura fiamminga con la monumentalità e la spazialità razionale della scuola italiana. I suoi ritratti sono celebri per vitalità e profondità psicologica.
Sembrerebbe che lo scrittore inglese per antonomasia, l’emblema della letteratura inglese, in base alle più recenti ricerche (University of Southampton del Prof. John Richmond) dimostrano che William Shakespeare, era messinese.
Il 23 aprile 1564 (stessa data di nascita del drammaturgo), a Messina veniva alla luce Michelangelo Florio, figlio di Giovanni Florio e Guglielmina Crollalanza, scappati in Inghilterra per sfuggire alla Santa Inquisizione. Il cognome stesso, Shakespeare, altro non sarebbe che la traduzione letterale del cognome della madre: Shake (Scrolla)-speare (lancia). Michelangelo Florio fu autore di “Tantu traficu ppi nenti”, e de “I secondi frutti” un volumetto di proverbi che conterrebbe molte delle citazioni presenti poi anche in “Amleto”. Sarebbe così anche spiegato del perché Shakespeare sapeva così tanto dell’Italia ed ha messo tanto dell’Italia nelle sue opere.
Oggi Messina è lo scalo dei traghetti per il Continente, il primo in Italia per numero di passeggeri in transito e si sta candidando anche tra i primi porti d’Italia per traffico crocieristico.
La storia millenaria, la cultura, la posizione geografica, le bellezze naturali, il Campanile, il Ruggito del suo Leone ne fanno di Messina una città unica e incantevole in Europa e nel Mediterraneo.
Una delle attrazioni della città è il duomo, uno dei più antichi, ma anche dei più nuovi d’Italia, poiché varie calamità, in particolare i sismi, l’hanno colpito più , l’ultimo, quello memorabile del 1908, fece più di 60mila morti.
La costruzione della cattedrale si ritiene ultimata verso il 1150, in epoca normanna, ma la sua consacrazione avvenne sotto gli Svevi, il 22 settembre 1197, alla presenza dell’imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, e di sua moglie, la regina Costanza, ultima principessa normanna che portò in dote il regno di Sicilia.
Soltanto negli anni ’20 del secolo scorso, in occasione della ricostruzione dopo il terremoto del 1908, venne restituita alla chiesa l’originaria sobrietà propria delle cattedrali normanne, mentre il campanile che contiene l’orologio astronomico più grande del mondo è un’opera di recente costruzione, grazie all’Arcivescovo Mons. Angelo Paino che nel 1930 fece ricostruire il campanile su progetto dell’architetto Francesco Valenti, e fece elaborare un piano per la realizzazione di un orologio astronomico meccanico, realizzato dalla ditta Ungerer di Strasburgo nel 1933. La parte tecnica è stata concepita da Frédéric Klinghammer, mentre dal punto di vista artistico si basa su piani di Théodore Ungerer. I meccanismi riprendono in parte quelli dell’orologio astronomico di Strasburgo. L’orologio astronomico di Messina è considerato il più grande orologio astronomico del mondo e il più complesso.
La mia città è di una bellezza sconvolgente, purtroppo la mentalità dei suoi governanti e cittadini non ha mai valorizzato i suoi pregi, anzi ne l’hanno deturpato. Spero nelle nuove generazioni per riportarla alla gloria che merita.
Fonti:
http://www.messinafortificata.it/citta-di-messina/storia-di-messina.html
http://www.granmirci.it/
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Messina
https://it.wikipedia.org/wiki/Orologio_astronomico_di_Messina
https://angloamericanstudio.wordpress.com/2014/02/21/william-shakespeare-o-florio-crollalanza-era-inglese-o-messinese/comment-page-1/
1 commento
un panorama che mi è molto familiare…quando lo vedo è un’emozione sempre forte, perchè vuol dire che ritorno per un po’ alle mie radici, forti e profonde.
ciao da Massimo