Il vampiro Marius è l’ottavo romanzo della serie Cronache dei vampiri scritto da Anne Rice. Prende vita la storia di Marius, il custode dei Divini Genitori e nasce un nuovo personaggio, Thorne, un vampiro che si era ritirato, per quasi mille anni, in una caverna di ghiaccio, rimanendo in contatto con il mondo tramite i suoi poteri medianici, risvegliatosi dalsonno millenario, il vampiro Thorne è in cerca di una guida che lo reintroduca nel mondo attuale. Il destino gli fa incontrare Marius, antico mentore di Lestat e amante di Pandora.
“Scivolai nel sonno, senza immaginare neppure lontanamente che era
l’ultima notte della nostra vita insieme,l’ultima notte del mio supremo
potere, l’ultima notte di Marius de Romanus, cittadino di Venezia, pittore
e mago, l’ultima notte della mia età dell’Oro.”
Si chiamava Thorne e da secoli dormiva in una caverna tra i ghiacci. Finché un giorno il suo sonno millenario fu lacerato da urla di orrore e di morte: si era risvegliata una regina che proclamava di racchiudere in sé il Sacro Nucleo della sua stirpe e aveva cominciato ad annientare tutti i bevitori di sangue della Terra. Thorne, grazie alle sue doti medianiche, avvertì le loro grida, attraverso i loro occhi vide la crudeltà con cui la malvagia creatura li eliminava e decise che era giunto il momento per lui di ritornare nel mondo. Doveva fermare quell’orrore, e per farlo doveva trovare lui, l’immortale. E lo incontrò in una fumosa taverna: Marius, antico mentore di Lestat e amante di Pandora, il vampiro che per secoli aveva protetto i Sacri Genitori della loro razza dannata, il solo in grado di spiegargli ogni cosa sin dall’inizio, benché sapesse che la conoscenza non avrebbe potuto, in ogni caso, garantirgli la salvezza.
Marius soddisfa l’avida curiosità di Thorne narrandogli la propria vita, un resoconto che diviene appassionata cronaca dei suoi amori, delle sue sofferenze e dei segreti finora mai svelati. La voce intima e profonda di Marius ci accompagna così attraverso i secoli, testimone diretta degli eventi cruciali della Storia. È tuttavia nel presente, nella giungla più intricata, che Marius andrà incontro al proprio destino reclamando giustizia per il vampiro più vecchio dell’universo.
“La mia antica solitudine mi chiamava. Volevo che in quelle stanze tornasse a regnare il silenzio.”
Romanzo vampiresco d’obbligo per gli amanti del genere, Marius non ha il carisma di Lestat, ma l’intensità dei sentimenti con i quali si avvicina agli altri vampiri che incontra durante il suo lungo cammino e l’amore che riesce a a provare per diversi mortali lo rendono unico.
Non posso farci niente adoro il modo di scrivere della Rice, per chi ama più azione, non è il libro giusto. Invece per chi ha letto i precedenti, qui non troverà novità, ma una piacevole nuova visione.
Si chiamava Thorne. Nell’antico linguaggio delle rune il suo nome era più lungo – Thornevald – ma quando divenne un bevitore di sangue, fu abbreviato. Ed era Thorne anche adesso, secoli più tardi, mentre stava sdraiato e sognava nella sua caverna in mezzo al ghiaccio.
Quando arrivò per la prima volta nella terra glaciale sperava di dormire in eterno, ma di tanto in tanto veniva destato dalla sete di sangue, allora, grazie alla facoltà di volare, si innalzava nell’aria e andava in cerca dei cacciatori delle nevi.
Si cibava di loro, badando di non prendere mai troppo sangue per evitare che qualcuno morisse a causa sua. Quando aveva bisogno di pellicce e stivali prendeva da loro anche quelli, poi tornava nel suo nascondiglio.
Quei cacciatori delle nevi non appartenevano al suo popolo: avevano la pelle scura, gli occhi a mandorla e parlavano una lingua diversa. Li aveva già conosciuti in tempi antichi, quando si era spinto nella terra d’Oriente insieme allo zio commerciante. A Thorne non era mai piaciuto il commercio, lui preferiva la guerra, tuttavia, nel corso di quelle avventure aveva imparato molte cose.
Durante il suo sonno nel Nord sognava. Non poteva evitarlo. Le doti medianiche gli permettevano di sentire le voci di altri bevitori di sangue e, suo malgrado, attraverso i loro occhi osservava il mondo come lo vedevano loro. A volte non gli dispiaceva, anzi. Gli oggetti moderni lo divertivano. Ascoltava canzoni lontane, elettriche. Grazie ai suoi poteri psichici riusciva a comprendere congegni come i motori a vapore, le ferrovie e persino i computer e le automobili. Sentiva e riconosceva le città che si era lasciato alle spalle, benché fossero passati secoli da quando le aveva abbandonate.
Era stato assalito dalla consapevolezza che non sarebbe morto. La solitudine di per sé non poteva annientarlo, la trascuratezza non bastava. Così dormiva.