Scelti dalle tenebre è un romanzo gotico scritto da Anne Rice, il secondo libro della saga Cronache dei vampiri, pubblicato nel 1985.
E’ considerato come il miglior romanzo della scrittrice, la narrazione è affidata per la prima volta al vampiro Lestat, già incontrato in Intervista col Vampiro e gli eventi narrati si dipanano attraverso un arco di tempo lunghissimo.
“Sono il vampiro Lestat. Sono immortale. Più o meno. La luce del sole, il calore di in fuoco intenso… ecco, potrebbero annientarmi. O forse no… Ora sono ciò che l’America chiama una superstar del rock.”
Lestat de Lioncourt, dopo aver letto “Intervista col vampiro”, decide di dare alle stampe anche la sua versione dei fatti.
Lestat è tra noi, oggi, musicista rock adorato da migliaia e migliaia di fan. Ma le origini della sua storia sono lontane, perse in un vortice di epoche e luoghi, di incontri, apparizioni e misteri. Da Parigi a Venezia, dalla Sicilia al Cairo, una traccia scarlatta ricorda il passaggio del vampiro Lestat… e la sua vita è una lunga avventura, di passione, di sangue, di piacere e di orrori. Questo libro ne racconta la storia.
È il 1984 quando qualcosa sveglia il vampiro Lestat dal suo lungo sonno. È la musica dei Satan’s Night Out, un complesso rock che si trova poco lontano dal suo rifugio. Nel momento in cui decide di presentarsi a loro, questi stranamente lo riconoscono e lo accolgono, collegandolo però ad una serie di informazioni reperite nel romanzo Intervista col Vampiro. Letto il libro, e dopo alcuni momenti di collera che lo porteranno a ridurre il volume in pezzi, Lestat prende la sua decisione: divenire famoso con una sua band rock, trovare i migliori registi, scenografi ed artisti per le sue canzoni e i suoi video, che rimarranno segreti fino al momento in cui verranno pubblicati insieme al libro che si è proposto di scrivere.
“Non v’è stanza da letto o sala da ballo dove io non possa entrare. La morte nella luce del focolare, la morte in punta di piedi nel corridoio… ecco ciò che sono.”
In questo secondo romanzo delle Cronache dei vampiri prende maggiore consistenza rispetto agli altri il personaggio del vampiro Lestat che, mentre in Intervista col vampiro appariva come una figura arcana, malvagia, ambigua, e priva di scrupoli (in contrapposizione a Louis), viene qui riscoperto sotto una nuova luce: ora tocca a lui dare la sua versione dei fatti e raccontare la sua storia.
La Rice si riconferma come una stupenda narratrice, capace di evocare atmosfere misteriose ma affascinanti, come i suoi personaggi.
Se Louis era un personaggio malinconico, che amava la vita che aveva perso, Lestat ama a suo modo quella vita esplorandola con lo sguardo più attento che sfocia quasi nel poetico e filosofico. Non ritroviamo più quella figura austera e scontrosa, ma una creatura curiosa, affascinata da tutto quello che lo circonda, un ribelle che sfida le leggi dei tempi antichi e svelandoli ai mortali e che poco gli importa di risvegliare forze che nemmeno lui potrebbe essere capace di controllare.
Se avete amato “Intervista col vampiro” non vi rimane che leggere anche questo romanzo.
In centro un sabato sera del ventesimo secolo 1984.
Sono il vampiro Lestat. Sono immortale. Più o meno. La luce del sole, il calore continuativo d’un fuoco intenso… ecco, potrebbero annientarmi. O forse no.
Sono alto un metro e ottantasei, una statura piuttosto ragguardevole intorno al 1780, quando ero un giovane mortale. Adesso non sono tanto malaccio. Ho i capelli biondi molto folti che arrivano fin quasi alle spalle, e piuttosto ricci, che sembrano bianchi sotto la luce fluorescente. Ho gli occhi grigi, ma assorbono facilmente l’azzurro e il viola dalle superfici che ho intorno. Ho un naso piuttosto corto e sottile, una bocca ben modellata anche se un po’ troppo grande per il mio volto. Può sembrare maligna o estremamente generosa, la mia bocca. E appare sempre sensuale. Ma i sentimenti e le reazioni si rispecchiano davvero sempre in tutta la mia espressione. Il mio viso è molto animato.
La mia natura di vampiro si rivela in una carnagione bianca e lucida, che è necessario rendere opaca con la cipria davanti alle telecamere e agli obiettivi in genere.
E se ho sete di sangue divento orrendo… con la pelle incartapecorita e le vene che spiccano come corde sulle ossa. Ma ormai non permetto più che succeda. E l’unico indizio del fatto che non sono umano è costituito dalle mie unghie. È così per tutti i vampiri. Le nostre unghie sembrano di vetro. E certuni se ne accorgono anche quando non notano niente altro.
Ora sono ciò che l’America chiama una superstar del rock. Il mio primo album ha venduto quattro milioni di copie. Sto per andare a San Francisco per la prima tappa di una tournée nazionale di concerti che porterà il mio complesso dalla costa del Pacifico a quella dell’Atlantico. La MTV, la televisione rock via cavo, da due settimane trasmette notte e giorno i miei videoclip, che vengono mandati in onda anche in Inghilterra nel program-ma Top of the Pops, e sul continente, e con ogni probabilità anche in alcu-ne parti dell’Asia e in Giappone. Anche le videocassette dell’intera serie dei clip si vendono in tutto il mondo.
Sono perfino autore di un’autobiografia che è stata pubblicata la settima-na scorsa. A proposito del mio inglese, la lingua che uso nell’autobiografia, l’ho imparato grazie a un battelliere che scendeva il Mississippi fino a New Orleans circa duecento anni fa. Ho imparato di più, in seguito, dagli scrittori di lingua inglese, da Shakespeare a Mark Twain e a H. Rider Haggard, che ho letto con il passare dei decenni. L’ultima trasfusione l’ho ricevuta dai racconti polizieschi dell’inizio del ventesimo secolo, pubblicati dalla rivista Black Mask. Le avventure di Sam, Spade, l’investigatore creato da Dashiell Hammett, sono state le ultime che ho letto prima di darmi, per così dire, al-la latitanza.
E questo accadde a New Orleans nel 1929.
Quando scrivo tendo a usare un vocabolario che per me sarebbe stato naturale nel secolo decimottavo, in frasi ispirate dagli autori che ho letto. Ma, nonostante il mio accento francese, il mio modo di parlare è una via di mezzo tra la lingua del battelliere e quella dell’investigatore Sam Spade. Perciò spero che mi perdonerete se il mio stile è incoerente. E così ogni tanto rovino l’atmosfera di una scena settecentesca.
L’anno scorso sono riemerso nel ventesimo secolo.
A portarmi qui sono state due cose.
Innanzi tutto le informazioni ricevute dalle voci amplificate che avevano incominciato a diffondersi rumorosamente nell’aria più o meno all’epoca in cui mi ero steso a dormire.
Mi riferisco alle voci delle radio, ovviamente, e dei fonografi e dei televisori apparsi più tardi. Sentivo le radio delle macchine che passavano per le strade del vecchio Garden District, vicino al posto dove mi trovavo. Sentivo i fonografi e i televisori accesi nelle case intorno alla mia.
Ora, quando un vampiro si dà alla latitanza, come diciamo noi, quando smette di bere sangue e resta sepolto nella terra, presto diventa troppo de-bole per risuscitare, e piomba in uno stato onirico.
In quello stato assorbivo torbidamente le voci, le circondavo di immagini nate per reazione, come fanno nel sonno i mortali. Ma a un certo punto, negli ultimi cinquantacinque anni, incominciai a «ricordare» ciò che ascoltavo, a seguire i programmi d’evasione, ad ascoltare i notiziari e le parole e le musiche delle canzoni.
E a poco a poco incominciai a comprendere la portata dei cambiamenti subiti dal mondo. Incominciai ad attendere informazioni specifiche su guerre e invenzioni e su certi nuovi modelli del linguaggio.
Poi cominciai ad acquisire coscienza di me. Mi accorsi che non sognavo più. Pensavo a ciò che avevo udito. Ero sveglio. Giacevo sottoterra ed ero assetato di sangue vivo. Incominciai a dirmi che forse tutte le mie vecchie ferite si erano rimarginate. Che forse avevo ritrovato la forza. Che forse quella forza s’era addirittura accresciuta, come sarebbe accaduto con l’andar del tempo se non fossi mai stato ferito. E desideravo accertarlo.
Cominciai a pensare incessantemente di bere sangue umano.