Io no è il primo libro di Lorenzo Licalzi, pubblicato nel 2001, genere narrativa. E’ la storia a quattro voci di due fratelli della media borghesia milanese, Francesco e Flavio, e delle loro compagne, Elisa e Laura.
“Si può sapere perché ti sei fatto tatuare un punto interrogativo?”
“Secondo te, uno che si fa tatuare un punto interrogativo è in grado di darti qualche risposta?”
Con un’abile costruzione letteraria a piani paralleli, la storia è narrata a più voci, vengono raccontate le inquetudini di un ragazzo (prima) e di un uomo (poi) alla ricerca di se stesso. Il protagonista principale è un “ribelle” (al padre, al fratello, alla vita, al mondo). L’oggetto, in fin dei conti, è la fuga in giro per il mondo da se stesso dopo un tragico evento che turba il delicato equilibrio che il protagonista aveva trovato. Forse è proprio l’arrestarsi da questa fuga che permette al protagonista di farsi raggiungere da quel se stesso che ha sempre tentato di fuggire per scegliere di diventare “grande”.
“Rassegnazione. Rassegnazione ci vuole, imprescindibile requisito che ogni uomo dovrebbe possedere per barcamenarsi e galleggiare sul mare mosso dagli scempi del post-femminismo. Un beato rincoglionimento in attesa di tempi migliori. Un sottile spaesamento in difesa di una fiera debolezza virile. L’ultima nicchia ecologica nella quale rifugiarsi prima dell’estinzione ascetica. Ecco, io oggi mi sento così: rassegnato. E non solo con le donne.”
Flavio e Francesco sono fratelli. Il primo è un pragmatico uomo d’affari, dirige con successo l’azienda di famiglia e ha saputo far sua una vita che ha trovato già pronta. Il secondo, musicista e viaggiatore, è di quelli che fin da piccoli vanno a sbattere contro il mondo, e da grandi si ritrovano disillusi pur senza perdere l’ironia. Difficile immaginare due vite più diverse, due orbite più distanti. Eppure la corrispondenza tra le certezze di Flavio e le inquietudini vagabonde di Francesco è troppo precisa per non far pensare a due opposti che, inesorabilmente, tornano ogni volta ad attrarsi. E poi ci sono le donne, ad aggrovigliare i destini: c’è Laura, moglie di Flavio da sempre innamorata di un altro, ed Elisa, l’incontro travolgente, la scintilla che Francesco non sapeva neppure di stare aspettando.
“Attendere non significa aspettare un’occasione più favorevole ma non avere coraggio.”
Io no è la storia di questi amori: sovrapposti, sfasati, ricambiati, nascosti; è, soprattutto, il racconto esilarante e drammatico di un grande viaggio, quello che ognuno intraprende alla ricerca di se stesso. O di qualcuno che gli assomiglia. Questo romanzo ha vinto il Premio “Maria Rusconi 2001 come migliore romanzo di esordio, dal quale è stato tratto un film con la regia di Simona Izzo e Ricky Tognazzi, interpretato da Ines Sastre, uscito ad autunno 2003.
Ho trovato questo romanzo divertente, a tratti commovente, le risate e lacrime si mescolano durante la lettura. Già dalle prime pagine sembra di leggere la scenografia di un film commedia. All’inizio ho avuto molta difficoltà ad ambientarmi, forse alcune gag sono troppo esagerate per miei gusti, nel complesso è stata una lettura gradevole.
Giamaica, dicembre ’81
Principessa, come stai?Già, ma perché te lo chiedo, tu non mi puoi rispondere.
Io sto bene, ti penso sempre e ci sono giorni che mi sembra di non potercela fare a restare ancora lontano da te, ma poi mi ricordo che sono in missione, che devo cercare il posto dove prima o poi andremo a vivere, e allora la malinconia diventa un po’ più sopportabile. Certo, sapere che tra poco è Natale non è il massimo, per fortuna che qui dove sono non c’è neve… E nemmeno babbi natale per strada!
Sono partito da Miami, e da quasi due mesi sono in Giamaica (hai visto? sembrava tanto lontana quando ne parlavamo e invece…). Lo so, non ti scrivo da un bel po’, scusami, ma prima di farlo volevo davvero capire come fosse la vita qui. Ho girato tutta l’isola, con gli autobus, in autostop e a piedi, e sono stato anche sulle montagne. Quand’ero a Kingston mi sono fatto accompagnare a Trench Town da un amico giamaicano (da solo un bianco è meglio che non ci metta piede) alla ricerca delle radici del reggae. Le ho trovate! Ho visto la vecchia casa di Bob, il campetto dove giocava a pallone e anche il posto dove suonava con i Rude Boys. A proposito, salutami i miei di Rude Boys, soprattutto Federico, digli che prima o poi gli scrivo un’altra lettera, a quello stronzo che non è voluto venire con me.