L’ora delle streghe è il primo libro della saga delle Streghe Mayfair scritta da Anne Rice, pubblicato nel 1990. Romanzo ambizioso e appassionante, dove la Rice unisce due storie apparentemente lontane, trascinandoci nel mondo al di fuori del tempo dove si consuma l’eterno scontro tra bene e male, vita e morte, luce e tenebra.
“Quando muoiono coloro che amiamo, i nostri osservatori, i nostri testimoni, coloro che conoscono e comprendono i nostri piccoli schemi privi di significato, le parole scritte nell’acqua con un fuscello, e non rimane altro che corrente incessante. Quando guardo nel futuro, vedo soltanto quant’è debole la maggioranza delle persone e quanto poco fa per combattere il destino. Si può lottare, sapete. Si può veramente lottare. Non devi essere una pedina del gioco di qualcun altro. Il futuro è un tessuto di possibilità intrecciate, alcune diventano probabilità, e alcune probabilità diventano inevitabilità, ma vi sono sempre sorprese nella trama e nell’ordito, che possono lacerarlo.”
New Orleans: sotto il portico di una vecchia casa fatiscente, ogni giorno una donna siede immobile su una sedia a dondolo, lo sguardo spento. Un misterioso giovane, pallido ed elegante, e il solo visitatore, ma scompare nel nulla quando qualcuno cerca di avvicinarlo… San Francisco: un restauratore di case, Michael Curry, annegato nel gelido oceano, ha vissuto una straordinaria esperienza di risurrezione. Nella sua permanenza nel regno delle ombre, ha avuto delle visioni e ha ricevuto un incarico da svolgere al suo ritorno tra i vivi…
La prima parte ci presenta i vari personaggi, descritti minuziosamente, nella seconda parte si narra della vita di tutte le streghe della famiglia Mayfair, dalla prima alla penultima, raccontato tramite vecchi documenti trovati, mentre nella terza parte viene narrato il presente con la tredicesima strega.
“Sento vicina la tenebra, sento risplendere la luce. E tanto più acutamente sento il contrasto fra le due.”
Le recensioni per questo libro sono quasi tutte positive, il mio libro preferito della Rice è Intervista col Vampiro, ma la saga delle streghe Mayfair conquista gli amanti di questo genere, anche se la prima parte può sembrare in alcuni punti un po’ prolissa, quando comincia la storia delle streghe non si può che non rimanere incollati al libro.
PARTE I
INCONTRO
UNO
Il dottore si svegliò in preda al terrore. Aveva sognato ancora una volta la vecchia casa di New Orleans. Aveva visto la donna sulla sedia a dondolo. Aveva visto l’uomo dagli occhi castani.
E ancora adesso, nella tranquilla stanza d’albergo di New York, riviveva lo stesso inquietante disorientamento. Aveva parlato di nuovo con l’uomo dagli occhi castani. Sì, aiutala. No, è soltanto un sogno e voglio uscirne.
Il dottore si sollevò a sedere sul letto. L’unico suono era il rombo soffocato del condizionatore. Perché gli era tornato in mente, quella notte, in una stanza del Parker Meridien? Per un momento non riuscì a liberarsi dalla sensazione ispirata dalla vecchia casa. Rivedeva la donna: la testa china, lo sguardo vacuo. Quasi gli sembrava di sentire il ronzio degli insetti contro le zanzariere del portico. E l’uomo dagli occhi castani parlava senza muovere le labbra. Un manichino di cera infuso di vita.
No. Basta.
Si alzò, attraversò silenziosamente la moquette, si fermò davanti alle tende bianche, guardò i tetti fuligginosi e le fioche insegne al neon che palpitavano sui mattoni dei muri. La luce del primo mattino appariva dietro le nubi, sopra la facciata di cemento che gli stava di fronte. Lì non c’era un caldo debilitante, non c’era il profumo soporifero delle rose e delle gardenie.
A poco a poco la sua mente si schiarì.
Pensò all’inglese nel bar. Era stato lui a far tornare tutto alla sua memo-ria. Aveva detto al barista di essere appena arrivato da New Orleans, e che senza dubbio quella era una città hantée. L’inglese, un uomo affabile, con l’aria di un autentico gentiluomo del vecchio mondo, l’abito a righe sottili e la catena di un orologio d’oro fissata al taschino del panciotto. Dove capitava di vedere un uomo come quello, ormai? Un uomo dalle inflessioni nette e melodiose d’un attore teatrale britannico e gli occhi azzurri, lumino-si e senza età?
Il dottore s’era girato verso di lui e aveva detto: «Sì, ha ragione su New Orleans, ha senz’altro ragione. Anch’io ho visto un fantasma a New Orleans, non molto tempo fa…» Poi s’era interrotto, imbarazzato. Aveva fissato il bourbon che aveva davanti, la luce rifratta dalla base del bicchiere di cristallo.
Un ronzio di mosche in estate; un odore di medicinali. Tanta torazina? Non ci sarà un errore?
Ma l’inglese s’era comportato con rispettosa curiosità. Aveva invitato il dottore a cenare con lui, aveva detto che collezionava quel genere di storie. Per un momento il dottore s’era quasi lasciato tentare. C’era una pausa nel congresso e quell’uomo era simpatico, gli ispirava una fiducia istintiva. E il bar del Parker Meridien era allegro e simpatico, pieno di luce, di movimento, di gente. Era così lontano da quel tetro angolo di New Orleans, dal-la città vecchia e triste, incancrenita nei suoi segreti, nel caldo perenne dei Caraibi.
Ma il dottore non poteva raccontare quella storia.