I love shopping a New York è il secondo libro della serie chitck lit “I Love Shopping” di Sophie Kinsella dedicata alla protagonista Rebecca Bloomwood. Continuano le tragicomiche avventure di Becky, inguaribile e fanatica regina dello shopping.
“Visitare per la prima volta un negozio è sempre eccitante, c’è quel senso di ebbrezza quando si varca la porta, quella sensazione di speranza, la convinzione che quello sarà il negozio di tutti i negozi, dove troverai tutto ciò che hai sempre desiderato, e a prezzi magicamente bassi”.
Per Becky Bloomwood, brillante giornalista economica della rivista inglese “Far fortuna risparmiando”, già protagonista di I love shopping, la vita non potrebbe essere migliore: nonostante la sua inguaribile passione per i negozi che la spinge incessantemente a comprare cose di ogni genere e ad accumulare debiti, Becky ha potuto coronare uno dei suoi sogni, lavorando come consulente alla trasmissione televisiva Caffè del mattino dove – incredibile ma vero – dispensa consigli ai piccoli investitori. E poi, come se non bastasse, si dedica alla stesura del suo primo libro: Come amministrare i propri soldi.
Quando le si offre l’opportunità di trasferirsi a New York con il fidanzato Luke, molto serio e ambizioso, dove potrà lavorare presso una televisione americana, Becky si rende conto che per lei le cose stanno davvero cambiando. È l’inizio di una nuova vita. L’occasione che aspettava da sempre. L’avverarsi di un sogno. Becky non sta più nella pelle: il Museo d’Arte Moderna, il Guggenheim, e – perché negarlo – soprattutto le mille luci delle vetrine dei negozi. .. Bloomingdale’s, Saks, Tiffany, la Quinta Avenue… Una visita è d’obbligo, anche perché ci sono offerte sensazionali, l’importante è comperare solo ciò che serve, questo è il suo motto. Certo, quando si tratta di un affare… E così, tra corse attraverso negozi e alberghi alla moda, colloqui di lavoro e pranzi, circondata da uno sfavillio di luci invitanti, Becky non si accorge che non tutto è così roseo come lei immaginava e grosse nubi si addensano all’orizzonte. Era solo un sogno? D’un tratto tutto sembra svanire nel nulla e solo l’inguaribile ottimismo e l’entusiasmo della protagonista possono aiutarla a uscire dai guai.
«Quindi, in realtà, la mia vicenda non è la storia di un insuccesso. Sì, è vero, ero indebitata. E sono stata licenziata. Ma mi sono data da fare.» Guardo dritta la telecamera. «E vorrei dire a tutte quelle persone che si trovano nei pasticci come è capitato a me: anche voi potete farcela. Agite. Vendetevi i vestiti. Cercatevi un lavoro. Ricominciate una nuova vita, proprio come sto facendo io.»
A chi piace questo genere le recensioni sono molto positive, ma io resto sempre della stessa opinione del primo romanzo: Ho letto tutta la saga per puro masochismo, dicendomi “La protagonista è una cretina, la gente così andrebbe curata, non può andarle sempre tutto bene. Non è possibile!”. Fortunatamente non è uno di quei libri da cui si può estrarre una morale, ma se si potesse sarebbe: sii oca, irresponsabile e spendacciona, combinane di tutti i colori, tanto per una strana convergenza astrale tutto si sistemerà e il mondo intero ti amerà.
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Okay. Niente panico. Niente panico. È solo questione di mantenere la calma, organizzarsi e decidere esattamente cosa portare. E poi sistemare tutto per benino nella valigia. Insomma, non sarà poi così difficile, no?
Mi allontano di un passo dal letto ingombro e chiudo gli occhi nell’assurda speranza che, se lo desidero abbastanza intensamente, l’ammasso di vestiti si trasformi come per magia in pile di abiti ordinatamente piegati. Come in quegli articoli sulle riviste in cui ti spiegano come andare in vacanza con un solo pareo e trasformarlo abilmente in sei mise diverse. (Il che, ho sempre pensato, è una truffa perché, d’accordo che il pareo costa dieci sterline, ma poi loro lo abbinano con un sacco di altri pezzi che ne costano centinaia. E noi lettrici non dovremmo notarlo!)
Ma quando riapro gli occhi l’ammasso è ancora là. Anzi, sembra addirittura aumentato, come se, mentre non guardavo, i miei abiti fossero segretamente saltati fuori dai cassetti per precipitarsi sul letto. Ovunque volga lo sguardo, per tutta la stanza, ci sono enormi grovigli di… be’, di roba. Scarpe, stivali, T-shirt, riviste… una confezione regalo di Body Shop che era in svendita, un corso Linguaphone di italiano che devo assolutamente iniziare, un aggeggio per la sauna facciale… e, posati in bella vista sulla toeletta, una maschera da scherma e un fioretto che ho acquistato ieri per sole quaranta sterline in un negozio di articoli usati.
Prendo in mano il fioretto e tento un affondo contro la mia immagine riflessa nello specchio. È stata una vera coincidenza perché sono anni che desidero darmi alla scherma, fin da quando ho letto quell’articolo sul “Daily World”. Lo sapevate che gli schermidori, fra gli sportivi, hanno in assoluto le gambe più belle? Inoltre, se sei davvero esperto, puoi sempre fare la controfigura in un film e guadagnare un sacco di soldi! E così sto pensando di trovarmi qualcuno nelle vicinanze che mi dia lezioni di scherma, e poi perfezionarmi: sono sicura che non dovrebbe volerci molto.
E dopo – questo è il mio piano segreto –, una volta ottenuto il fioretto d’oro, o quel che è, scriverò a Catherine Zeta Jones. Avrà pur bisogno di una controfigura. E perché non dovrei essere io? Probabilmente per lei un’inglese è meglio. Magari mi richiamerà per dirmi che guarda assiduamente i miei interventi televisivi, sulla tivù via cavo, e che ha sempre desiderato conoscermi! Non sarebbe fantastico? Sono sicura che andremmo perfettamente d’accordo e scopriremmo di avere lo stesso senso dell’umorismo eccetera eccetera. Salterò su un aereo per raggiungerla nella sua lussuosissima casa, conoscerò Michael Douglas e giocherò col loro bambino. Staremo bene insieme, rilassati come vecchi compagni di scuola, e qualche rivista farà un servizio sugli amici delle persone famose, finendo per parlare anche di me, e magari mi chiederanno di…
«Ciao, Bex!» Con un sussulto, le immagini felici di me che rido con Michael e Catherine svaniscono e la mia mente torna bruscamente alla realtà. Suze, la ragazza con cui divido l’appartamento, sta entrando nella mia camera, paludata in un vecchio pigiama a disegnini cachemire. «Cosa stai facendo?» mi chiede, incuriosita.