Il testamento è un romanzo di John Grisham, pubblicato nel 1999. Un anziano miliardario prima del suicidio riscrive rabbiosamente il testamento e manda un messaggio ai figli, alle ex mogli, agli adulatori e ai tirapiedi che l’hanno sempre circondato. Un messaggio che scatenerà una feroce battaglia legale, e che per molti diventerà una questione di vita o di morte.
“Siamo all’ultimo giorno. Anzi, direi all’ultima ora. Sono un vecchio, solo e non amato, malato, sofferente e stanco di vivere. Sono pronto per l’altro mondo: può essere solo migliore di questo.”
Troy Phelan è un grande magnate americano, la cui fortuna viene valutata 11 bilioni di dollari. Dopo aver apparentemente lasciato come legittimi eredi le sue tre ex mogli e i suoi sette figli, si uccide. Ma pochi istanti prima del suicidio, l’anziano miliardario esibisce il suo ultimo testamento secondo il quale l’enorme eredità spetterà a una sconosciuta figlia illegittima, Rachel Lane, missionaria in Brasile. Toccherà all’avvocato Nate, in crisi a causa dell’alcol e del recente divorzio, difendere i diritti di Rachel contro i soprusi dei presunti eredi.
«Ma tu veneri il denaro, Nate. Appartieni a una cultura in cui tutto si misura in base al denaro. È una religione.»
«Vero. Ma anche il sesso ha la sua importanza.»
«Va bene, denaro e sesso. Che cos’altro?»
«La fama. Tutti vogliono diventare celebri.»
«È una cultura da compatire. Persone che conducono un’esistenza frenetica, lavorano giorno e notte per guadagnare soldi e comprare cose con cui fare colpo sugli altri. Tutti vengono valutati in base a ciò che possiedono.»
Altri libri di Grisham mi hanno coinvolto molto di più di questo, a tratti l’ho trovato un pò noioso, però anche quando non dà il meglio di sè,questo scrittore è sempre un fuoriclasse!
1
Siamo all’ultimo giorno. Anzi, direi all’ultima ora. Sono un vecchio, solo e non amato, malato, sofferente e stanco di vivere. Sono pronto per l’altro mondo: non può che essere migliore di questo.
Sono proprietario del grattacielo di vetro nel quale mi trovo e possiedo il 97 per cento della società che vi ha sede, sotto di me, il terreno che lo circonda per quasi un chilometro in tre direzioni, le duemila persone che ci lavorano e le altre ventimila che non ci lavorano. Possiedo, inoltre, il condotto sotterraneo che porta gas al grattacielo dai miei giacimenti nel Texas e le linee che lo riforniscono di energia elettrica, e sono utente esclusivo
del satellite dal quale un tempo, invisibile nell’alto dei cieli, impartivo ordini a un impero personale che si estendeva in ogni angolo del mondo. Il mio patrimonio supera gli undici miliardi di dollari. Possiedo argento nel Nevada, rame nel Montana, caffè in Kenia, carbone in Angola, gomma in Malaysia, gas naturale nel Texas, greggio in Indonesia e acciaio in Cina. La mia società ne possiede altre che producono energia elettrica e computer, costruiscono dighe, stampano giornali e trasmettono segnali al mio satellite. Ho consociate con filiali in più paesi di quanti chiunque riuscirebbe a elencare.
Una volta possedevo tutti i gingilli adeguati alla mia posizione: yacht, jet, belle bionde, case in Europa, haciendas in Argentina, un’isola nel Pacifico, scuderie di purosangue, perfino una squadra di hockey. Ma sono diventato troppo vecchio per queste cose.
I soldi sono la causa della mia sventura.
Ho avuto tre famiglie, tre ex mogli che hanno messo al mondo sette figli, sei dei quali viventi e impegnati a fare il possibile per tormentarmi. Per quanto mi risulta, sono il padre di tutti e sette, e ne ho seppellito uno. Ma è più giusto dire che fu sua madre a seppellirlo. Io ero all’estero.
Ho tagliato i ponti con tutti loro, mogli e figli. Oggi si riuniscono qui perché sono in punto di morte ed è giunta l’ora di dividere i soldi.