Un grido fino al cielo è un romanzo della scrittrice statunitense Anne Rice, pubblicato nel 1982.
Il romanzo è ambientato nell’Italia del 700, in particolare nel mondo dell’opera, l’autrice ha svolto un ampio lavoro di documentazione, consultando numerosi testi di storia e storia della musica, di medicina e anatomia per creare questa storia: il protagonista, Tonio, erede di una nobile famiglia veneziana, a 15 anni viene drogato, rapito e castrato, da quel momento vivrà solo per coltivare la sia passione per la musica e per la vendetta.
Guido è il suo insegnante: anch’egli educato alla lirica, ha però perso la voce e Tonio rappresenta la sua unica speranza di riscatto. Insieme, soffrono e lottano per vivere e amare non come emarginati, ma come veri uomini.
La storia gira fondamentalmente attorno a tre pilastri narrativi.
Il primo è sicuramente il sentimento di amore e odio, Tonio infatti ama disperatamente la musica e ciò che riesce a produrre con la sua voce, però la violenza così terribile come quella della castrazione rovina in un certo senso l’emozione che il canto produce nell’animo del giovane.
Il secondo perno attorno al quale ruota la vicenda sono le passioni, le relazioni che Tonio instaura con altri personaggi: intense, sofferte, mai banali.
La castrazione, infatti, se ben fatta, non implica l’impossibilità di avere rapporti sessuali; tuttavia, il fatto di non essere completamente uomo fa vivere a Tonio la propria sessualità in maniera più ampia, non rifiutando niente e sperimentando tutto.
Il terzo punto è l’ambientazione del romanzo, così viva da sembrare essa stessa un personaggio, si diventa parte integrante della storia, non semplici spettatori.
Uno stile di scrittura che non delude, la descrizioni degli ambienti e dei luoghi che sembra un meraviglioso dipinto d’epoca fanno di questo libro una lettura accattivante anche se impegnativa per la drammaticità degli avvenimenti, la crudezza delle descrizioni e l’intensità delle emozioni vissute.
L’edizione italiana è quasi impossibile da reperire.
Guido Maffeo venne castrato all’età di sei anni e mandato a studiare presso i migliori maestri di canto di Napoli.
Undicesimo figlio di una numerosa famiglia di contadini, Guido aveva conosciuto soltanto fame e crudeltà; per tutta la vita si ricordò di aver ricevuto il suo primo pasto decente e un letto morbido da coloro che avevano fatto di lui un eunuco.
Lo portarono nella città di montagna di Caracena e gli diedero una bellissima stanza, con un vero pavimento di pietra levigata; su una parete vide per la prima volta nella sua vita un orologio ticchettante e ne fu intimorito. Gli uomini dalle parole gentili che lo avevano portato via dalle braccia di sua madre gli chiesero di cantare per loro e dopo gli diedero in premio un calice di vino rosso con molto miele.
Quegli uomini lo spogliarono e lo immersero in un bagno caldo, ma era così piacevolmente assonnato che ormai non aveva paura di nulla. Mani delicate gli massaggiarono il collo e, mentre scivolava nell’acqua, Guido capì che gli stava accadendo qualche cosa di meraviglioso e di importante. Nessuno gli aveva mai prodigato tante attenzioni.
Era quasi addormentato quando lo sollevarono e lo legarono con delle cinghie sopra un tavolo. Per un attimo gli sembrò di cadere. Gli avevano disposto il capo più in basso dei piedi. Ma si riaddormentò, saldamente legato e quelle mani vellutate che lo accarezzavano in mezzo alle gambe gli diedero un sottile e perverso piacere. Quando avvertì il coltello, aprì gli occhi e urlò.
Inarcò la schiena. Lottò con le cinghie. Ma una voce rassicurante gli sussurrò all’orecchio un gentile rimprovero: «Ah, Guido, Guido.»
Il ricordo di tutto quello che era accaduto allora non lo abbandonò mai.