L’ombra del coyote è il quarto romanzo thriller di Michael Connelly con protagonista il detective Harry Bosch, edito nel 1995.
“Nel mondo le persone civili, quelle che si nascondono dietro la cultura, le arti, la politica… e perfino la legge, sono le uniche da cui guardarsi. Hanno trovato un travestimento perfetto… ma sono le più depravate. Sono loro le persone più pericolose.”
La vita di Harry Bosch è un disastro. La sua casa sulle colline di Los Angeles, danneggiata dal terremoto, è destinata alla demolizione. La sua donna lo ha lasciato e lui si è attaccato alla bottiglia con una perseveranza che lo sta distruggendo. Come se non bastasse, è stato sospeso dalla polizia per aver aggredito il suo capo, scaraventandolo contro una vetrata. Ora è costretto a recarsi in terapia da una psicologa, la dottoressa Carmen Hinojos, che dovrebbe aiutarlo a modificare i suoi comportamenti violenti.
La strada per la “redenzione” passa attraverso una tragedia che lo ossessiona da sempre, senza che sia mai stato capace di affrontarla veramente: la morte di sua madre, una giovane prostituta, uccisa brutalmente trent’anni prima.
Bosch inizia così una sua indagine personale per scoprire l’assassino, rimasto impunito per tutto quel tempo. Le sue domande provocano il panico nelle stanze del potere e, a mano a mano che la verità viene a galla, diventa sempre più evidente che qualcuno è disposto a tutto, anche a uccidere, pur di tenerla nascosta. Qualcuno molto in alto, molto astuto e molto pericoloso.
“Io penso una cosa, figliolo. La persona giusta s’incontra una volta sola nella vita. Quando la trovi, tienila stretta. E non importa cosa ha fatto in passato. L’unica cosa che conta è di non perderla.”
Credo che questo sia un capolavoro per gli amanti del genere, un romanzo avvincente con profondi risvolti psicologici, ricco di suspance e colpi di scena, con un finale perfetto.
«C’è qualcosa in particolare di cui vuole parlarmi?»
«Per esempio?»
«Non so, potrebbe cominciare dall’incidente.»
«Ah, l’incidente. Sì, qualcosa da dire ce l’ho.»
Lei aspettò, ma lui rimase in silenzio: aveva deciso ancor prima di arrivare a Chinatown che avrebbero dovuto tirargli fuori le parole una a una.
«Perché non me ne parla, detective Bosch?» chiese lei dopo un po’. «Lo scopo delle nostre sedute…»
«Vuol sapere cosa penso? Che tutta questa faccenda è una stronzata! Una grandissima stronzata.»