La città delle ossa è un libro di Michael Connelly, uscito nel 2002, è l’ottavo romanzo della serie con protagonista il detective Hieronymus (Harry) Bosch.
“La vecchia signora aveva cambiato idea. Non voleva più morire. Ma quando l’aveva deciso era ormai troppo tardi. Aveva conficcato le unghie nell’intonaco della parete fino a spezzarsele, poi aveva portato le mani al collo, cercando di infilarle sotto la corda. Si era rotta quattro dita dei piedi sferrando calci al muro. Tutto questo rivelava una disperata voglia di vivere, tanto che Harry Bosch si chiese cosa l’avesse spinta a suicidarsi. Perché il gusto della vita l’aveva abbandonata, per ripresentarsi solo al momento in cui aveva infilato la testa nel nodo scorsoio e aveva fatto cadere la sedia?”
Per Harry Bosch i casi irrisolti sono ferite aperte. Non importa a quando risalgano, il grido delle vittime che reclamano giustizia è troppo forte perché possa ignorarlo. Questa volta quel grido viene da lontano, ed è l’eco del crimine più atroce e spregevole: l’omicidio di un bambino. I resti della piccola vittima sono venuti alla luce fortuitamente in un bosco di acacie, dove giacevano da vent’anni. Emerse dal suolo scuro, come se avessero atteso con impazienza di essere ritrovate, quelle ossa sono per Bosch il segno di quanto la sua città sia marcia e corrotta. Ora tocca a lui scoprire a chi appartenevano, ricostruire un po’ per volta quella vita spezzata, sfidando l’indifferenza della polizia, già pronta ad archiviare un caso che non ha più linfa, e cercando di tenere a bada il morboso assalto dei media, che sembrano andare a nozze con un caso del genere.
Con l’ostinazione che una vicenda così ignobile gli detta, Bosch annaspa tra indizi contraddittori e lotta contro i suoi eterni fantasmi che risichiano di trascinarlo a fondo. Ma sa anche che quella è l’unica strada da seguire per consegnare il colpevole alla giustizia, facendosi finalmente beffa della sua prolungata impunità.
Le indagini del detective Bosh sono sempre coinvolgenti, quando si prende in mano un suo libro non si molla più.
“Allungando la mano, Bosch puntò il dito sulla frase. «Perché l’hai chiamata così?» Lei si strinse nelle spalle. «Perché stiamo mappando quella che per noi diventerà una città» rispose, facendo scorrere il dito sulle linee dello schema. «Almeno è così che la vedremo, finché lavoreremo qui. La nostra piccola città.» Bosch fece un segno d’assenso. «In ogni assassinio c’è la storia di una città.» Kohl alzò gli occhi su di lui. «Chi l’ha detto?» «Non lo so. Qualcuno di sicuro.» Poi si rivolse a Corazón, che era accoccolata sopra le minuscole ossa sparpagliate sul terreno e le studiava con la lente d’ingrandimento, mentre la videocamera la riprendeva. Si sforzò di pensare a una battuta, ma in quel momento la sua ricetrasmittente iniziò a suonare. La tolse dalla cintura e rispose. «Sono Edgar. Dovresti venire, Harry. Abbiamo trovato qualcosa.» «Arrivo.» Edgar era fermo in un punto quasi pianeggiante, a una quarantina di metri dal boschetto di acacie. Una mezza dozzina di cadetti e Julia Brasher avevano formato un cerchio e stavano scrutando qualcosa tra i cespugli. L’elicottero della Polizia volava basso sulle loro teste. Bosch si unì a loro e guardò in basso. Vide il teschio di un bambino, parzialmente sepolto nel terreno, con le orbite vuote che lo fissavano. «È stata la Brasher a trovarlo» annunciò Edgar.”