Schiacciò il pedale sul freno rallentando l ‘auto sulla quale viaggiava ormai da dodici lunghe ore, abbassò il finestrino, inspirò, riempì i polmoni di più aria possibile. Assaporò il profumo che si insinuava nelle narici. Era un profumo misto di mirto e pini, di panni puliti e terra gialla, lo trasportò indietro nel tempo, era il profumo della valle di Montegiove. La strada era dritta, spalleggiata da alberi trafitti da raggi solari, la sua meta era infondo e quando la vide si chiese ancora una volta perché fosse tornato.
Aveva appena vent’anni quando giurò che non avrebbe mai più messo piede in quel paese, che niente lo avrebbe convinto ad incrociare nuovamente la sua vita con quella dei suoi abitanti, giurò a sé stesso che Pietrachiara sarebbe scomparsa per sempre ed era stato così fino a qualche mese prima, fino al momento in cui fermò la sua vita per fare quella maledetta vacanza. Può la vacanza perfetta distruggere tutto?
Più si avvicinava a quella che doveva essere la casa della sua infanzia, più sentiva che tutto gli appariva estraneo. Cercò con lo sguardo e con il cuore la casa bianca con le finestre in legno, adornate da gerani colorati.
Rallentò fino a fermarsi nello spiazzale di fronte la casa e si rese conto che di colori non ne erano rimasti tanti. Spense il motore dell’auto e stette li seduto, immobile, a fissare quella casa. Quello era il momento giusto di fare marcia indietro e tornare nel suo mondo, nessuno avrebbe mai saputo di questo suo ritorno.
Nel silenzio di quel primo pomeriggio di maggio, il rumore dell’auto attirò l’attenzione delle orecchie, seppur non più giovani, di una donna che stava concedendosi il suo pisolino pomeridiano. Si tirò fuori dalle profondità della poltrona e con movimenti incerti andò a controllare chi si fosse introdotto nella sua proprietà.
L’uomo stava per accendere il motore ed andare via, quando vide la porta d’entrata aprirsi e venire fuori una forma minuscola di donna che lo fissava incuriosita.
Tutta la visione aveva il tono armonico del grigio, dalla casa ai capelli della donna, fino al suo umore nel rivedere gli occhi di quella donna che lo scrutavano.
Quegli occhi erano l’unica cosa che non fosse cambiata e somigliavano a quelli che aveva incrociato poche ore prima nello specchio del bagno di un autogrill. Erano anche l’unica pennellata di colore di tutto il quadro.
Uscì dall’auto, il rumore della portiera lo riportò alla realtà, si avvicinò alla donna con passi lenti, gli occhi fissi l’uno nell’altro, come i duellanti in un film western.
– Giorgio? – esclamò la donna con voce acuta ed incredula.
L’uomo si immobilizzò nell’udire quel nome, in quel momento desiderò ardentemente sparire. Raccolse e riordinò velocemente l’orgoglio ferito, l’ira e la frustrazione che lo investirono. Una voce rabbiosa rispose:
– No, non sono Giorgio –
Giorgio era poco più alto di lui, la camminata spavalda che manifestava il suo carattere, gli occhi erano dello stesso verde chiaro dei suoi, aveva labbra fini e volto ovale coperto da una folta barba scura, almeno era così l’ultima volta che lo aveva visto sulla copertina di una rivista di sport estremi. La sua allegria era sempre accompagnata da una forma di menefreghismo legato ad egoismo, aveva un fascino magnetico, era ironico, esuberante ed era morto, per lui. Il passato invece era vivo, i ricordi stavano ancora lì, in fermo immagine, bloccati e pesanti come macigni sulla coscienza.
La donna si ritrasse leggermente, corrugò le sopracciglia e chiese allo sconosciuto
– Allora chi sei? –
Lui fissava l’espressione dell’anziana che oscillava tra delusione e curiosità, provò dispiacere nel dover deludere le sue aspettative.
In quel preciso momento gli balenò in testa l’idea più assurda che avesse mai potuto avere. Si disse “Sarà solo per poche ore e poi perché non posso essere Giorgio? In fondo lui me lo deve”.
La voce uscì dalla bocca fu più rapida del ragionamento stesso e con un largo finto sorriso rispose:
– Nonna, nonna. Ti fai prendere sempre in giro, certo che sono io. –
Allargò le braccia più che poté per un abbraccio lungo diciotto anni e fu inebriato dal profumo dei ricordi.
– Il mio Giorgio – disse lei.
– Il tuo Giorgio – rispose lui.
Ketty Vasi
“Io Giorgio” è un racconto breve, nato come esercizio di scrittura, che ho deciso di condividere con il salotto virtuale di Pausacaffè.
5 commenti
Be', con tutti i farabutti che si fingono nipoti per truffare soldi ai vecchi, questo inganno a fin di bene scalda il cuore. Piacevole racconto!
Continua? Perchè è tornato?
Zio … pensavo di fare una figuraccia 😀 mi sono passata il tempo un pomeriggio d'estate.
Montblanc… continua… ho qualche ideuzza in testa…
Ciao! Volevo segnalarti un'iniziativa carina per i blogger! Occorre scrivere un racconto sul tema “Scene di ordinaria follia…in ufficio”. Qui trovi il regolamento:
http://www.euroffice.it/_pages/cms_cp430.aspx
che ne pensi?
buona serata!
Bello bello bello bello…brava! 🙂
Noooooo ma non puoi lasciarmi cosi..
.voglio sapere come continuaaaa!!!