L’uomo di paglia è un romanzo thriller di Michael Connelly, edito nel 2009, il secondo con protagonista il giornalista Jack McEvoy ed il terzo con l’agente Rachel Walling.
“Ebbi la sensazione che gli atomi si scontrassero creando una nuova sostanza di valore inestimabile.”
Due settimane. Questo è quanto rimane a Jack McEvoy da trascorrere alla sua scrivania nella redazione del Los Angeles Times.
La crisi della carta stampata in un’epoca in cui l’informazione viaggia su internet, non risparmia neanche un reporter di nera che, dodici anni prima, si era guadagnato la celebrità svelando al mondo l’identità del Poeta, un serial killer che firmava i suoi omicidi con i versi di Edgar Allan Poe.
E anche se è abituato a scrivere di morte, McEvoy non ha intenzione di andarsene con un elogio funebre di se stesso: il suo ultimo articolo dovrà essere qualcosa di memorabile. La sua occasione si chiama Alonzo Winslow, un giovane spacciatore nero in galera per aver strangolato una donna bianca, chiudendone poi il cadavere nel bagagliaio della macchina. Una confessione estorta dalla polizia, un caso chiuso sbrigativamente, una storia che odora di discriminazione lontano un miglio.
Con queste premesse, non è difficile rimettere in discussione l’esito delle indagini. Quando poi dalle sue ricerche emerge inaspettatamente un collegamento con un omicidio avvenuto anni prima a Las Vegas, nella sua mente si affaccia il pensiero di avere di nuovo a che fare con un serial killer.
E McEvoy sa che non può essere da solo ad affrontare questa sfida, ma che, come dodici anni prima, ha bisogno dell’aiuto di Rachel Walling, profiler dell’FBI.
Quello che invece non sa, è che da quando questa storia è iniziata, qualcuno sta seguendo ogni sua mossa. Qualcuno che serpeggia nel web con abilità…
Forse il libro è più forzato rispetto a i precedenti, ma vale la pena leggerlo. L’ex reporter Connelly in questo romanzo denuncia il killeraggio in atto contro il giornalismo cartaceo ed è presente anche una componente razziale molto forte, l’America simbolo della civiltà moderna cova al suo interno intolleranza verso il popolo nero.
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La fattoriaCARVER PERCORSE A GRANDI FALCATE la sala controllo, passando in rassegna lo schieramento delle quaranta torri. Davanti a lui la distesa dei server in file perfettamente ordinate. Emettevano un mormorio di quieta efficienza. Nonostante l’assoluta competenza in materia, Carver non poteva fare a meno di meravigliarsi ogni volta al cospetto del progresso tecnologico. Quantità immense in spazi così ridotti. Tutti i giorni gli scorreva davanti un torrente, anzi, meglio, un fiume in piena di dati, che poi risaliva in alti fusti d’acciaio. A lui non rimaneva che entrarci, dare un’occhiata e scegliere. Come separare al setaccio l’oro dalla sabbia.
Ma ancora più facile.
Alzò lo sguardo per controllare le spie della temperatura. Nella sala server tutto era perfetto. Abbassò gli occhi sugli schermi delle postazioni: i suoi tre ingegneri erano al lavoro sullo stesso progetto.
Grazie all’abilità e alla prontezza di Carver, avevano sventato un tentativo di violazione del sistema. Adesso era arrivato il momento della resa dei conti.
L’aspirante intruso non era riuscito a penetrare nella web farm, la “fattoria”, ma aveva lasciato tracce di sé ovunque. Carver osservò con un sorriso i collaboratori mentre raccoglievano le briciole di pane che aveva perso lungo la strada e risalivano all’IP attraverso i nodi di traffico, una ricerca a ritroso ad alta velocità fino alla fonte originaria. Di lì a poco Carver avrebbe saputo chi era il suo antagonista e scoperto per chi lavorava, che cosa stava cercando e quale profitto contava di ottenere. Aveva tutte le intenzioni di scatenare una rappresaglia che avrebbe annientato lo sventurato contendente. Carver non aveva pietà. Mai.
Dall’alto si udì il ronzio della porta antirapina.
«Schermi» disse Carver.
I tre ragazzi alle postazioni digitarono contemporaneamente i comandi sulla tastiera e il loro schermo si oscurò. La porta si aprì ed entrò McGinnis, insieme a un uomo in giacca e cravatta. Carver non lo aveva mai visto.
«Questa è la nostra sala controllo. Da qui, oltre la vetrata, può vedere quello che noi chiamiamo lo “schieramento dei quaranta”» disse McGinnis. «Qui sono concentrati tutti i servizi di housing. E qui è dove verrebbero principalmente ospitati i dati del vostro studio. In queste quaranta torri sono alloggiati quasi un migliaio di server dedicati. Naturalmente di spazio ne abbiamo ancora. Non restiamo mai senza.»
L’uomo in giacca e cravatta annuì pensieroso.
«Non è lo spazio che mi preoccupa. La nostra prima esigenza è la sicurezza.»
«Certo, per questo siamo qui. Volevo presentarle Wesley Carver. Da noi, Wesley ricopre diversi ruoli. È responsabile dello sviluppo tecnologico, della sicurezza, nonché il progettista capo del centro dati. È lui la persona che può dirle tutto quello che le serve sapere.»
La solita commedia. Carver strinse la mano a Giacca-e-Cravatta. Gli fu presentato come David Wyeth, dello studio legale Mercer & Gissal di St. Louis. Un nome che sapeva di tweed e camicie bianche fresche di bucato. Carver notò che Wyeth aveva una macchia di salsa barbecue sulla cravatta. McGinnis portava a pranzo da Rosie’s Barbecue chiunque arrivasse in città.
Carver recitò meccanicamente la sua parte, toccando tutti gli argomenti e raccontando all’avvocato in calze di seta tutto quello che voleva sentire. Wyeth era in missione “carne alla brace e due diligence”. Sarebbe tornato a St. Louis raccontando la buona impressione ricevuta: avrebbe detto ai colleghi che la strada da seguire era quella, se volevano tenersi al passo con i tempi e con l’evoluzione della tecnologia.
Da parte sua, McGinnis avrebbe ottenuto un altro contratto.
Mentre parlava, Carver non aveva smesso nemmeno per un secondo di pensare all’intruso cui stava dando la caccia. Era là fuori, da qualche parte, ignaro della giusta punizione che incombeva su di lui. Carver e i suoi giovani discepoli avrebbero saccheggiato il suo conto in banca, gli avrebbero rubato l’identità e nascosto foto di uomini che facevano sesso con bambini di otto anni sul computer, per poi mandarlo in crash con un virus replicante: non riuscendo a ripararlo, l’intruso avrebbe chiamato un tecnico, le foto sarebbero state scoperte e qualcuno avrebbe avvertito la polizia.
Quel tizio non sarebbe più stato un problema. Un’altra minaccia sventata dall’uomo di paglia, lo Spaventapasseri.
«Wesley?» disse McGinnis.
Carver si riprese dai suoi pensieri. Giacca-e-Cravatta aveva fatto una domanda. Non ricordava già più come si chiamasse.
«Prego?»
«Il signor Wyeth ha chiesto se è mai capitato che qualcuno si infiltrasse nei server.»
McGinnis, che conosceva già la risposta, aveva un sorriso sulle labbra.
«No, signore, mai. In tutta onestà, qualche tentativo c’è stato. Ma senza successo e con conseguenze catastrofiche per chi ci ha provato.»
Giacca-e-Cravatta annuì con gravità.
«Noi rappresentiamo la crema della società di St. Louis. L’integrità dei file e la lista dei clienti sono di primaria importanza per quello che facciamo. È per questo che sono venuto qui di persona.»
“Per questo e per lo strip club dove McGinnis ti ha portato” pensò Carver, ma non aprì bocca. Offrì invece un sorriso che non aveva nulla di cordiale. Era solo contento che McGinnis gli avesse ricordato il nome di Giacca-e-Cravatta.
«Non si preoccupi, signor Wyeth» replicò. «In questa web farm i vostri clienti sono al sicuro.»
Wyeth ricambiò il sorriso.
«Era quello che volevo sentirmi dire.»