Le parole segrete è un romanzo fantasy di Joanne Harris edito da Garzanti e pubblicato nel 2008, è il primo libro della saga Fantasy Runemarks, a cui fa seguito Le parole di luce.
«Nel villaggio di Malbry facevano di tutto per non sognare mai. Dormivano su assi anziché su materassi, evitavano le cene pesanti, e quanto alle storie della buonanotte… be’. Questo non vuol dire che la magia fosse scomparsa. In effetti, negli ultimi quattordici anni il villaggio aveva assistito, in un modo o nell’altro, a più magia di ogni altro posto nei Mondi di Mezzo. Ed era colpa di Maddy, ovvio. Maddy Smith era una sognatrice, le piacevano i racconti, e peggio.»
Con Le parole segrete Joanne Harris continua a esplorare la realtà fantastica che l’ha fatta amare da milioni di lettori, fondendo le atmosfere di Chocolat con le antiche mitologie, a cominciare da quelle nordiche, dominate da Odino e Thor. Maddy affronta un percorso di crescita, dall’innocenza perduta alla consapevolezza del proprio destino, oltre le cupe regole dell’Ordine.
Il romanzo è veramente una favola senza tempo e parte cinquecento anni dopo “la fine del mondo”, siamo nella Terra di mezzo, nel paese di Malbry e qui conosciamo la protagonista, Maddy, una bambina intelligente, curiosa, trasgressiva. Tutte doti che sono malviste dai “saggi” della comunità, ma cosa ancora peggiore nel palmo della sua mano c’è il segno di una runa, quasi un marchio infamante.
E da qui parte una avventura travolgente con incantesimi, nemici dai poteri oscuri, dei e tanto altro che sicuramente terrà il lettore incollato alle pagine del libro. Nel villaggio di Malbry non è facile essere giovani e coltivare i propri sogni. Le regole e la disciplina la fanno da padroni; i giochi e gli incantesimi sono stati proibiti. Eppure Maddy non ha mai smesso di credere nel potere dei sogni e della magia.
Lei è diversa da tutti: è ribelle, curiosa, testarda, e sulla mano ha il marchio di una runa. Per molti si tratta di un segno maledetto, ma non per il Guercio, il misterioso straniero che racconta storie affascinanti, l’unico amico che Maddy abbia mai avuto. È lui a svelarle il misterioso linguaggio delle rune e a introdurla in quell’universo proibito e vietato dove sono nascosti gli incantesimi, la conoscenza e il segreto delle sue origini.
Mentre il futuro inciso sulla sua mano si avvicina giorno dopo giorno, una terribile catastrofe minaccia di distruggere per sempre quel mondo perduto. Maddy è l’unica in grado di salvarlo: sarà un’avventura appassionante, una corsa contro il tempo, una guerra contro nemici dai poteri oscuri.
“Il trucco, come la magia, è di non pensare troppo intensamente a quello che stai facendo, di passare attraverso il mondo come in un sogno, libero da idee su ciò che è possibile e ciò che non lo è.”
Le recensioni non hanno la via di mezzo, voti bassissimi e voti altissimi, queli bassi evidenziano troppa lentenza nello sviluppo della trama e poca caratterizzazione dei personaggi che non riescono a catturate l’attenzione del lettore. Mentre c’è chi ha proprio amato questo libro, specialmente gli appassionati di miti e leggende del Nord, scoprendo e riaffermando le lodi per la scrittura di questa autrice. Questo è uno dei tanti casi dove le recensioni non contano, bisogna leggerelo per dare un giudizio.
Le sette di un lunedì mattina, cinquecento anni dopo la Fine del Mondo, e i goblin erano stati di nuovo in cantina. La signora Scattergood, la padrona della Locanda dei Sette Dormienti, giurava che erano topi, ma Maddy Smith sapeva che non era così. Solo i goblin potevano aver scavato nel pavimento di mattoni. E poi, per quel che ne sapeva, i topi non bevevano birra.
Ma sapeva pure che nel villaggio di Malbry, così come in tutta la valle dello Strond, non si parlava mai di certe cose, compreso qualsiasi fatto curioso, misterioso o in qualche mo-do inusuale. Avere immaginazione era giudicato male quasi come darsi delle arie. Perfino i sogni erano odiati e temuti, poiché era attraverso i sogni (o così diceva il Libro del Bene) che gli Illuminati erano arrivati dal Caos; ed era nel Sogno che persisteva il potere delle Fate, in attesa dell’occasione di rientrare nel mondo.
E così gli abitanti di Malbry facevano di tutto per non sognare mai. Dormivano su assi anziché su materassi, evitavano le cene pesanti, e quanto alle storie della buonanotte… be’. I bambini di Malbry avevano molte più probabilità di sentire parlare del martirio di sant’Elmo o delle ultime Purificazioni dalla Fine del Mondo che di storie di magia dal Mondo Sotterraneo. Questo non vuol dire che la magia fosse scomparsa. In effetti, negli ultimi quattordici anni il villaggio di Malbry aveva assistito, in un modo o nell’altro, a più magia di ogni altro posto nei Mondi di Mezzo.
Ed era colpa di Maddy, ovvio. Maddy Smith era una sognatrice, le piacevano i racconti, e peggio; e in quanto tale era abituata a essere incolpata di qualsiasi cosa irregolare avvenuta nel villaggio. Se una bottiglia di birra cadeva da uno scaffale, se il gatto si infilava nella latteria, se Adam Scattergood lanciava un sasso a un cane randagio e colpiva una finestra, nove volte su dieci la colpa ricadeva su Maddy. E se protestava, la gente diceva che aveva sempre avuto un temperamento irre-quieto, che la loro sfortuna era cominciata il giorno in cui era nata e che non poteva venire niente di buono da una bambina che portava il marchio di una runa, quel segno rugginoso sulla mano della bambina Smith…
…che alcuni vegliardi chiamavano la Ruina della Strega e che, per quanto si strofinasse, non voleva venir via.
Forse era quello, oppure si poteva dar la colpa ai goblin, altrimenti noti come Popolo Divino o Fate, che quest’estate avevano preso a fare le loro pagliacciate: razziare cantine, rubare pecore (oppure di tanto in tanto dipingerle di blu), fare gli scherzi più sporchi come lasciare sterco di cavallo sui gradini della chiesa, mettere della soda nel vino della comunione per renderlo frizzante o sostituire l’aceto con piscio in tutti i vasi di cipolle sottaceto nel negozio di Joe Grocer.
E siccome quasi nessuno osava menzionarli, o perfino ammettere che esistessero, Maddy venne lasciata a sbrigarsela da sola, e a modo suo, con le canaglie che provenivano da sotto la Collina.
Nessuno le chiese come fece. Nessuno osservò la bambina Smith all’opera. E nessuno le diede mai della strega, tranne Adam Scattergood, il figlio della sua padrona, un bravo ragazzo per molti versi, ma, se gli girava, incline al linguaggio scurrile.
E poi, dicevano, perché pronunciare la parola? Quel marchio di sicuro parlava da sé.
Ora Maddy esaminava il segno color ruggine. Sembrava una lettera o un sigillo e, a volte, luccicava debolmente nel buio, o bruciava come se qualcosa di caldo fosse stato premu-to su quel punto. Stava bruciando ora, vide. Lo faceva spesso quando il Popolo Divino era vicino: come se qualcosa dentro di lei fosse inquieto e prudesse per liberarsi.
Quell’estate aveva bruciato più spesso che mai, mentre i goblin sciamavano in quantità inaudite, ed espellerli era un modo per placare il prurito. Le sue altre facoltà rimanevano inesplorate e perlopiù inutilizzate; e anche se questo, ogni tanto, era difficile da sopportare, come fingere di non avere fame quando in tavola c’è il tuo piatto preferito, Maddy capiva perché dovesse essere così.
Incantesimi e amuleti con le rune erano già un guaio. Ma le malie, le malie vere, erano un affare pericoloso, e se una voce del genere fosse giunta alla Fine del Mondo, dove i servitori dell’Ordine lavoravano giorno e notte allo studio della Parola…
Perché il più profondo segreto di Maddy, noto solo al suo più caro amico, l’uomo conosciuto come il Guercio, era che lei si divertiva a fare magie, per quanto vergognoso potesse essere. Per di più pensava anche di poter essere brava e, come chiunque abbia talento, desiderava moltissimo farne uso e mostrarlo ad altre persone.
Ma questo era impossibile. Nella migliore delle ipotesi, era ritenuto darsi delle arie.
E nella peggiore delle ipotesi? C’era chi era stato Purificato per molto meno.