Il quaderno di Maya è un romanzo di Isabel Allende, la scrittrice cilena amatisima dalle lettrici italiane, pubblicato nel 201, narra di amori difficili, frammenti di storia cilena ancora carichi di sofferenza, famiglie disgregate, disagio giovanile, marginalità e degrado trovano come contraltare il valore delle tradizioni locali, il rispetto per l’ambiente e un modello di vita comunitaria nell’affermazione del valore della diversità e del rispetto reciproco.
“Sono Maya Vidal, diciannove anni, sesso femminile, nubile, senza un innamorato per mancanza di opportunità e non perché sia schizzinosa, nata a Berkeley, California, passaporto americano, temporaneamente rifugiata in un’isola nel Sud del mondo. Mi hanno chiamato Maya perché la mia Nini ha una passione per l’India e perché ai miei genitori non è venuto in mente un altro nome, pur avendo avuto nove mesi di tempo per pensarci. In indi maya significa “incantesimo, illusione, sogno”. Niente a che vedere col mio carattere.”
Maya Vidal è l’adolescente protagonista di questo romanzo, caduta nel circuito dell’alcol e della droga riesce a riemergere dai bassifondi di Las Vegas e in fuga da spacciatori e agenti dell’Fbi approda nell’incontaminato arcipelago di Chiloé, nel sud del Cile.
In questa parte remota di mondo, Maya imparerà ad apprezzare le gioie di una vita semplice legata ai ritmi della natura. Una vita molto diversa da quella che si sta lasciando alle spalle. Imparerà a conoscere le sue origini e a fare pace con se stessa fino a trovare anche l’amore.
“Alla mia Nini ha sempre dato fastidio l’artificio del finale felice nelle favole; è convinta che nella vita non ci siano finali, ma confini, si gironzola di qua e di là, s’inciampa e ci si perde. Premiare l’eroe e castigare il cattivo le sembra una limitazione, ma per mantenere l’impiego doveva attenersi alla formula tradizionale, la strega non può avvelenare impunemente la donzella e sposarsi in bianco con il principe.”
Ancora una volta la protagonista di questo romanzo è una giovane donna coraggiosa e dipinta con colori intensi, il romanzo affronta con delicatezza le relazioni umane: le amicizie incondizionate, le storie d’amore palpabili come quelle più invisibili, gli amori adolescenziali e quelli lunghi una vita , il tutti con un ritmo incalzante, una prosa disincantata e ironica per questa nuova prova narrativa che si tinge di noir e per l’ennesima eccezionale galleria di donne volitive e uomini capaci di amare.
Una settimana fa, all’aeroporto di San Francisco, la nonna mi abbracciò senza piangere e mi ripetè che, se avevo minimamente a cuore la mia esistenza, non dovevo mettermi in contatto con nessuno finché non avessimo avuto la certezza che i miei nemici non mi cercavano più. La mia Nini è paranoica, come tutti gli abitanti della Repubblica popolare indipendente di Berkeley, perseguitati dal governo e dagli extraterrestri, ma nel mio caso non stava esagerando: qualsiasi precauzione non sarebbe stata di troppo. Mi consegnò un quaderno con cento pagine perché tenessi un diario della mia vita, come avevo fatto dagli otto ai quindici anni, quando ancora il destino non mi aveva girato le spalle. “Avrai tempo per annoiarti, Maya. Approfitta per scrivere delle enormi sciocchezze che hai commesso, magari in questo modo ti rendi conto della loro portata” mi disse. Esistono diversi miei diari, sigillati con nastro adesivo industriale, che mio nonno conservava sotto chiave nel suo studio e che adesso la mia Nini tiene in una scatola da scarpe sotto il letto. Questo dovrebbe essere il mio quaderno numero nove. La mia Nini è convinta che mi serviranno quando entrerò in analisi, perché contengono la chiave per sciogliere i nodi della mia personalità; ma se li avesse letti, saprebbe che contengono una tale quantità di frottole da disorientare lo stesso Freud. In linea di massima mia nonna diffida dei professionisti che guadagnano a ore, visto che a loro non conviene ottenere risultati rapidi. Tuttavia fa un’eccezione per gli psichiatri, perché uno di loro la salvò dalla depressione e dalle trappole della magia quando si era ficcata in testa di mettersi in contatto con i morti.
Per non offenderla, misi il quaderno nello zaino, ma non avevo intenzione di usarlo, anche se qui, in effetti, il tempo si dilata e scrivere è un modo per occuparlo. Questa prima settimana di esilio è stata lunga per me. Mi trovo su un’isoletta quasi invisibile sulla carta geografica, calata in pieno Medioevo. Mi risulta complicato scrivere della mia vita, perché non distinguo tra i ricordi e ciò che è frutto della mia immaginazione; la pura verità può risultare tediosa e per questa ragione, senza rendermene conto, la modifico o la enfatizzo, anche se mi sono riproposta di correggere questo difetto e di mentire il meno possibile in futuro.
2 commenti
…è proprio quando dobbiamo iniziare tutto da zero che , inaspettatamente la Vita ci sorprende e ci insegna il valore delle piccole cose…
ho letto la pagina che hai aggiunto del libro…la nonna la invita a scrivere…
a volte comprendiamo i nostri passi, solo rileggendoli, avendoli scritti mentre eravamo ancora coinvolti…rileggendoli , in seconda analisi, si riesce a comprenderne a fondo il senso…
grazie per la segnalazione…interessante lettura per Natale..
serene ore Galatea..
un sorriso..
dandelìon
è proprio tutto vero quello che hai scritto, ed a volte dobbiamo anche toccare il fondo per poter risalire… un buon fine settimana a te 😀