Un posto nel mondo è il terzo romanzo di Fabio Volo, pubblicato nel 2006, da Mondadori. la storia di un’amicizia, di la storia di un viaggio alla ricerca del proprio posto nel mondo.
“La prima cosa che due persone si offrono stando insieme dovrebbe essere un sentimento d’amore verso se stessi. Se non ti ami tu, perché dovrei amarti io? E poi amando se stessi si dà molta importanza alla persona con cui si decide di vivere un’intimità. Vuol dire avere una grande considerazione di quella persona. Chi non si ama può darsi a chiunque. L’amore per sé è il ponte necessario per arrivare all’altro.”
Trama del libro “Un posto nel mondo”
Michele e Federico sono due amici inseparabili, una di quelle coppie di amici che divide tutto: d’appartamento, la pizza e la birra, ma anche i sogni e le frustrazioni, le gioie e i dolori, e qualche volta le donne.
Federico, insoddisfatto della propria vita da eterno adolescente, decide di intraprendere un viaggio nella speranza di dare un senso alla sua vita.
Parte così senza soldi e senza una meta, fiducioso di trovare nel mondo la sua nuova casa.
Dopo qualche tempo ritorna, cambiato dalle esperienze vissute e soprattutto dall’amore per Sophie, ragazza francese conosciuta a Capo Verde.
La scomparsa prematura e improvvisa di Federico scuote a tal punto Michele da spingerlo a mettere in gioco tutte le certezze della sua vita e a ripercorrere il percorso tracciato dall’amico, fino a giungere anche lui a Capo Verde, dove conosce Sophie e la aiuta a completare il progetto iniziato insieme a Federico.
Scoprendo sensazioni semplici mai assaporate prima come il piacere di godere dello splendido paesaggio che lo circonda e delle persone semplici e genuine con cui viene in contatto, Michele ritrova una ragione di vita e decide di rientrare in Italia accompagnando Sophie e Angelica, la neonata figlia di Federico.
Il tema del romanzo è la richiesta di qualcosa di più dalla vita, e cioè la realizzazione del sogno che tutti hanno nel cassetto nascosto sotto il tran-tran della vita quotidiana.
“Ho pianto per quanto sono stato bene e per quanto sono stato male in tutta questa vita.
Questa vita che per fortuna ho avuto il coraggio di amare. Questa vita che mi sono preso e che ho voluto vivere fino a farla stancare al punto di desiderare un po’ di riposo, di desiderare d’addormentarmi come da piccolo sul sedile della macchina dopo essere stato dai nonni con la famiglia, stravolto per aver giovato tutto il giorno. E addormentato aspettare che mia madre mi prenda ancora una volta in braccio per portarmi finalmente a casa, dopo questa incantevole avventura.”
Incipit del libro “Un posto nel mondo”
Sono in una clinica. Seduto su una sedia scomoda in una sala d’aspetto che guarda sul cortiletto interno. Tutto è tranquillo. Silenzioso e pulito.
Francesca è a pochi metri da me in un’altra stanza. Sta per partorire nostra figlia.
Alice. Sono emozionato. Sono preoccupato. Penso a loro e penso a me. Francesca è la donna che amo. È un arcipelago. Un insieme di meravigliose isole che io, navigando nelle loro acque, visito in tutte le loro delicate forme. Di lei conosco ogni piccola sfumatura, ogni minuscolo dettaglio. Conosco i suoi silenzi, la sua gioia. I suoi mille profumi, l’ombra dei suoi baci, la carezza del suo sguardo. Amo la rotondità della sua calligrafia. La luminosità delle sue spalle nude e il suo collo a cui ho sussurrato i miei più intimi segreti. Sono incantato dalla capacità che hanno le sue mani di creare attimi di eternità dentro di me. Adoro i territori dove mi conduce quando mi abbraccia. Territori che conosco pur non essendoci mai stato. E nonostante tutta questa conoscenza riesco ancora a emozionarmi e a regalarmi istanti di stupore. Lo so: sono sdolcinato, stucchevole e patetico, ma non posso farci niente. Credo sia la conseguenza naturale di quando si incontra finalmente il piede che calza alla perfezione la scarpetta che tengo in mano da anni.
Francesca ha detto di amarmi e io le credo. Non solo perché lo dice, ma anche perché lo avverto in tante cose, nei piccoli gesti, nelle attenzioni che lei non sa nemmeno di fare. Di questo è totalmente inconsapevole, così come il mare non sa di chiamarsi mare. Mi accorgo che mi ama anche dal fatto che quando sto con lei ho spesso voglia di fischiare e canticchiare. Qualche ora fa stavamo passeggiando per strada vicino a casa. Ci regaliamo spesso questi momenti. Passeggiare insieme la notte ci fa bene. Parliamo di noi, e di come viviamo questo appuntamento importante della vita. Condividiamo il nostro sentire. Quando viviamo un momento che ci emoziona, ci chiediamo a vicenda di farci una domanda su quell’istante per aiutarci così a preservarlo meglio nella memoria. A volte invece passeggiamo senza parlare.
Amandoci abbiamo spesso buoni motivi per stare in silenzio. Non passeggiamo solo ora che Francesca è incinta, lo facciamo da sempre. Soprattutto d’estate perché ci piace sentire il suono delle TV uscire dalle finestre. A volte rimaniamo un po’ ad ascoltare i programmi e a vedere le ombre e la luce che i televisori proiettano sui muri. Questa sera ci siamo fermati di fronte alla panetteria vicino a casa. È una notte di maggio e le TV ancora non si sentono. Di fianco alla panetteria c’è il forno.
Sull’altro lato della strada c’è sempre una sedia. Serve a tenere occupato il parcheggio per quando devono caricare il pane. Mi sono seduto con Francesca in braccio. Tutto ci accarezzava: la luce del mattino che stava arrivando, il vento, il profumo di pane, i rumori di chi lavorava. L’ho guardata negli occhi, quegli occhi con cui da tempo anch’io vedo il mondo. L’ho annusata sul collo come un marinaio annusa il profumo del mare al mattino. La sua pancia ha iniziato a muoversi.