Il giorno in più è il titolo del quarto libro di Fabio Volo, pubblicato nel 2007.
« Il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti. »
Sveglia, caffè, tram, ufficio, palestra, pizza-cine-letto. Giornate sempre uguali, scandite da appuntamenti che, alla fine, si assomigliano tutti, persi nel cielo grigio di una metropoli che non sa più sorridere. È la vita di Giacomo, uno che non si è mai fatto troppe domande, che è andato incontro agli avvenimenti rimanendo sempre in superficie. Un giorno, però, Giacomo incontra sul tram una sconosciuta, e se la ritrova davanti il giorno dopo, e quello dopo ancora. Per mesi. E così, quelle tre fermate lungo il tragitto per andare in ufficio diventano un appuntamento importante della giornata. O meglio, diventano “l’appuntamento”. Ma la sconosciuta ha un destino che la porterà lontano, in un’altra città. E Giacomo? Lui per la prima volta nella vita decide di non rimanere in superficie, di prendersi anche il rischio di diventare ridicolo, e parte all’inseguimento di un sogno. È l’inizio di un gioco, incredibile e coinvolgente, che improvvisamente sarà interrotto, e che porterà i due fino a un punto di non ritorno, per scoprire se vale la pena, nella vita, di giocare fino in fondo. L’amore, l’amicizia, il viaggio, i dubbi, le scelte, più una dose di gioco e sana incoscienza, una miscela dei tutti i grandi temi e le piccole sfumature care a Volo e ai suoi lettori.
“Cercavo sempre di rintanarmi in un angolo, nascosto da tutto e da tutti, piegato su me stesso a scrivere, dando le spalle al mondo. Come se il mondo fosse il passato, come se la scrittura fosse una piccola navicella silenziosa, la mia macchina del tempo che viaggiava verso un mondo perfetto, fatto di attenzioni e tranquillità. Scrivevo nel tentativo di aggiustare il mondo e di avvicinarlo a me.”
Una storia fresca e leggera, senza grandi obbiettivi ma solo quello di far sorridere, mentre lo leggevo ho sempre avuto la sensazione di essere in attesa di qualche evento che fosse in grado di dare una sterzata e uno scossone al racconto stesso. Invece questo non accade.
Sono sicuro, nel sonno, di svegliarmi in una casa in riva al mare, dove ho trascorso tutta la notte con la donna che amo, vivendo con lei momenti di assoluta felicità. Il rumore delle onde ha accompagnato prima la veglia, poi il sonno, abbracciati nel tepore dei nostri corpi nudi.
Mi sveglio invece in una camera d’albergo a Parigi e, pur sapendo ormai di uscire da un sogno, continuo a sentire il delicato rumore delle onde del mare.
Ma a Parigi non c’è il mare!
Di fronte a questa ineluttabile verità, sento crescere i rumori della strada delle grandi metropoli.
Sono le sette e venti. La sveglia è puntata alle otto, ma capita sempre più frequentemente che io mi svegli prima. Oggi, però, questo mio anticipare la sveglia è meno misterioso. Ieri sera, quando sono arrivato, ero molto stanco per la giornata intensa e per il viaggio, e verso le dieci mi sono messo a letto senza cenare, addormentandomi subito. Se non mangio è come quando mi metto a dieta: mi sveglio con meno fatica sapendo che posso fare colazione.
Forse il vero motivo di questo risveglio anticipato è dovuto all’appuntamento di oggi. Il più importante della mia vita. Non posso ancora sapere cosa realmente accadrà, ma l’emozione che vivo in questo momento è così misteriosamente affascinante che mi riporta a quelle mattine presto, quando fuori era ancora buio e mi alzavo per scoprire i regali di Natale portati nella notte. Sono rimasto a letto, preso da questi pensieri che mi fasciavano e mi avvolgevano. Mi sono alzato solo per aprire le tende, ma poi sono tornato subito sotto le coperte. Mi piace rimanere nel tepore del risveglio. Mi aiuta a entrare lentamente in ciò che mi aspetta. Guardo fuori dalla finestra e ammiro il cielo e i tetti di Parigi. Ci sono un po’ di nuvole che si muovono veloci. Riordino i pensieri, e osservo un po’ la mia vita. Sono molto intimo con me stesso nelle ore del mattino. Molto più che la sera. Mi capita spesso, quando vado a letto, di pensare alle mie cose, ma negli anni ho scoperto che al mattino sono più buono con me stesso. Più tranquillo. Quando mi sveglio prima, me ne resto a letto a sentire tutti i piccoli rumori. Anche quelli dentro di me. Ascolto quelli della casa, a volte quelli dei vicini, o quelli della strada. Oggi i rumori sono tutti nuovi. Porte che si chiudono, rubinetti aperti nella stanza confinante, chiacchiere in lingua straniera nel corridoio. Quello che prima credevo fosse il mare in realtà è il furgoncino che pulisce le strade. Questo albergo si sveglia presto.
Suona la sveglia. Decido di alzarmi. Mi faccio la doccia e mi vesto. È settembre. Esattamente il 16 settembre. Guardando fuori dalla finestra non capisco se cambierà il tempo e se pioverà. Nella vita, quando ho avuto bisogno di sapere se il tempo sarebbe cambiato, solitamente mi rivolgevo a mia nonna. Non ha mai sbagliato un colpo. La sua frase era: “Mi fanno male le gambe, domani piove”. E il giorno dopo pioveva. Da bambino avevo anche una statuetta della Madonna che cambiava colore in base al tempo, ma le gambe della nonna erano più infallibili della Madonna.