La dodicesima e ultima puntata della pluripremiata serie tv Homeland, che racconta l’America post 11 settembre, comincia così:
“Mi chiamo Nicholas Brody. Sergente del corpo dei Marines degli Stati Uniti. Quando guarderete questo video, avrete letto molte cose su di me. E su quello che ho fatto”.
L’autoanalisi di un popolo ossessionato dalla minaccia del terrore. Undici puntate alle spalle, un crescendo drammatico in cui i protagonisti sono stati travolti dagli eventi ma forse più da se stessi.
Homeland è una serie basata sul binomio verità/menzogna che si ispira all’israeliano “Prisoners of War”.
Claire Danes interpreta Carrie Mathison, un ufficiale della CIA che ritiene che il marine statunitense Nicholas Brody (Damian Lewis), detenuto da Al-Qaeda come prigioniero di guerra, faccia parte di una cellula dormiente e che sia un grosso rischio per la sicurezza nazionale.
Il governo federale e i suoi superiori alla CIA però considerano Nicholas Brody un eroe di guerra. Nella difficoltà di provare la sua tesi e convincere il suo capo a mettere sotto sorveglianza Brody, Carrie chiede aiuto all’unica persona di cui si può fidare: il suo mentore Saul Berenson. I due lavorano insieme per indagare sulla figura di Nicholas Brody e prevenire un altro attacco terroristico sul suolo americano.
Gli ascolti in costante crescita negli USA l’hanno portata al rinnovo per una seconda stagione che andrà in onda negli Usa in autunno.
“Questo non devo dimenticarlo”