La scelta è il romanzo d’esordio di Maria Luisa Leotta, pubblicato da Vertigo nella Collana Approdi, a febbraio 2013.
Claudia, trentatré anni, vive una vita segnata dall’abbandono del marito. Incapace di trovare sostegno nella famiglia, decide di iniziare una sorta di autoanalisi scrivendo un romanzo. Sarà un originale ed interessante alternarsi di parti narrate e di “libro nel libro”, che metterà in luce emblematici parallelismi. Sarà proprio questo confronto tra persone e personaggi a guidare Claudia verso La Scelta.
Come è scritto sul resto della copertina, questo romanzo si può paragonate ad una piccola teca piena di chiavi.
Ciascuna di esse apre la porta che conduce ad una interpretazione nuova.
Incipit del libro “La scelta di Maria Luisa Leotta”
Catania.
Giardini Bellini.
Paradisiaco fazzoletto verde di terra, sperduto nella landa sconfinata della città.
Il sole mi batte sul viso e si addentra nelle mie profondità Attraverso il fenomeno della traspirazione cutanea, Giuseppe fuoriesce dai miei pori e, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sento serena.
Claudia S., 33 anni, medico della Asl, sposata, separata, senza figli, stesa al sole come un panno ad asciugare.
Faccio un rapido appello delle mie certezze.
Tutto ok.
Tutto in ordine.
Il sole mi abbrustolisce il viso. La voce di mia madre dentro la mia testa incomincia a urlare qualcosa circa il rapporto raggi uva/invecchiamento cutaneo.
Mamma, taci.
L’unica cosa che il nome uva mi suggerisce è il frutto dagli acini sodi e maturi.
Intanto saranno già tre quarti d’ora che un dolore mi affligge al basso ventre.
In un primo momento avevo pensato ai morsi della fame, ma una disgustosa sensazione di nausea mi avverte che la mia non può essere fame.
Negli ultimi minuti, poi, il dolore si è intensificato. È come
se qualcuno avesse piantato un chiodo nel mio utero e ora usasse un ferro di maggior diametro per allargare la ferita. Il ferro continua a girare, ma il mio apparato muscolare si oppone alla sua penetrazione.
Sento il sangue scorrere lungo il canale vaginale e ricordo che la stessa cosa è avvenuta ventotto giorni fa.
È il ciclo.
La duecentottantasettesima mestruazione della mia vita.
Ricordo come fosse oggi la mia prima mestruazione.
Avevo undici anni. Ero in camera mia, come ogni venerdì a quell’ora (ora in cui la mamma organizzava nel salone di casa le sue riunioni femministe) e qualcosa pressava il mio stomaco.
Mi alzai, corsi in bagno e vidi i miei jeans inondati di sangue. Pensai di essere affetta da un male incurabile.
Stavo morendo.
Era orribile. Era orribile pensare che le mie più intime parti corporee si sarebbero dissolte nel water e sarei morta, intrisa di sangue e di merda.
Pensai che un simile evento avrebbe giustificato un’incursione nella sala-riunioni. Mi trascinai nel salone, aprii la porta e vidi mia madre al centro di un cerchio di donne nude che, a gambe larghe, si esaminavano reciprocamente.
Mia madre mi lanciò uno sguardo severo, poi si accorse che stavo piangendo e uscì dalla stanza.
Le dissi quello che stava accadendo e, contro ogni aspettativa, mi abbracciò felice.
Poi rientrò nella stanza e dopo pochi minuti ne venne fuori una vecchia signora dalle enormi mammelle flaccide dondolanti che mi baciò.
Poi fu una lunga processione di seni più o meno flaccidi, di ventri più o meno grassi, di sederi più o meno rilassati che mi porsero le loro congratulazioni.
Mia madre non aggiunse altro. Il significato di quelle gocce di sangue che continuavano a imbrattarmi gli abiti rimase oscuro.