Madeleine Wickham è tornata con nuovo romanzo, Begli Amici!, pubblicato il 3 giugno 2014, racconta con il suo usuale tono ironico e acuto, e con una fine analisi psicologica dei personaggi, come un evento inaspettato possa in pochi secondi cambiare radicalmente la vita delle persone, scatenando i peggiori istinti, incrinando amicizie, sgretolando rapporti che sembravano solidi, portando lo scompiglio in una comunità solo in apparenza unita e pacifica.
“Ma tutte e tre, compresa la mamma, avevano dimenticato che quella domenica era la Giornata del Nuoto a casa Delaney. Non potevano assolutamente mancare alla Giornata del Nuoto. Ci andava tutto il villaggio, perfino quelli ai quali non piaceva nuotare.”
È una splendida e calda domenica di maggio e come tutti gli anni i Delaney aprono i cancelli della loro bella casa di campagna e invitano tutto il villaggio per una nuotata in piscina. È un appuntamento da non perdere e tra i partecipanti c’è Louise, con le figlie Amelia e Katie, che non intende rinunciare alla festa anche se suo marito Barnaby, da cui si è da poco separata, le lancia sguardi risentiti: quello infatti avrebbe dovuto essere il suo giorno con le bambine. Louise, però, non ha intenzione di lasciarsi turbare. In fondo che colpa ne ha lei se Amelia e Katie preferiscono giocare in piscina piuttosto che pescare con il padre?
Mentre le figlie sguazzano felici in acqua, Louise prende il sole beata, persa nei pensieri rivolti al suo nuovo amore, Cassian, un giovane avvocato affascinante e molto, molto ambizioso. La giornata scorre tranquilla finché dalla piscina provengono un gran trambusto e grida di allarme: c’è stato un grave incidente e la festa si trasforma in un vero e proprio incubo.
All’improvviso Louise si ritrova al centro di recriminazioni, gelosie, invidie e cattiverie, travolta da un gioco di potere più grande di lei. In breve tempo, l’intero villaggio viene coinvolto in un dramma familiare senza esclusione di colpi.
“E poi ci fu lo spaventoso crac della tavola che scattava verso l’alto, colpendo il capo della bambina con una forza terribile e maligna. E poi ci fu silenzio, mentre il corpicino apparentemente senza vita si inabissava lentamente nell’acqua.”
Ricordatevi quando acquistate il libro che Madeleine Wickham è Sophie Kinsella, ma non scrive come Sophie Kinsella, dimenticate la sua tipica leggerezza, questa storia racconta dell’ipocrisia delle relazioni, dei sensi di colpa, ci ricorda che nella vita a volte basta un attimo e tutto può cambiare.
1
Era maggio ed erano solo le dieci del mattino, ma il sole splendeva già caldissimo. Sotto i piedi l’erba del giardino era tiepida e secca, e la brezza, che si insinuava sotto l’abito di cotone di Katie, era piacevole come una carezza. Katie si mosse contorcendosi un po’. Aveva voglia di lanciarsi in qualche piroetta, o di lasciarsi rotolare lungo il pendio del prato finché non si fosse fermata a corpo morto sul fondo. E invece doveva restarsene in piedi, immobile come una roccia, con l’elastico che le passava intorno alle gambe così teso da procurarle dei segni rossi. Si chinò e lo spostò leggermente.
«Katie!» Amelia, che stava per saltare, si bloccò e la guardò irritata. «Non ti devi muovere!»
«Ma mi fa male! È troppo stretto!» Katie girò la testa e riuscì a intravedere il retro dei polpacci. Notò una piccola linea rosa. «Guarda! Mi sta lasciando il segno sulla pelle!»
«Be’, allora avvicinati alla sedia. Ma tieni teso l’elastico.» Katie fece un sospiro melodrammatico e si spostò un po’ più vicino alla sedia.
Se la dovevano cavare con una sedia perché il gioco dell’elastico richiedeva tre persone e loro erano soltanto in due. A volte la mamma giocava con loro, ma quel giorno aveva troppo da fare, si era anche arrabbiata quando glielo avevano chiesto, e così avevano dovuto trascinare una sedia in giardino e farle passare l’elastico intorno alle gambe, proprio come se fossero stati arti umani. Adesso l’elastico era teso, due sottili linee bianche, a pochi centimetri sopra l’erba. Quella sola vista riempiva Katie di grande aspettativa. Quel gioco le piaceva da morire. A scuola lo facevano tutti i giorni nell’intervallo; durante le lezioni infilava spesso una mano in tasca per controllare che l’ingarbugliata matassa di elastico fosse ancora al suo posto.
«Bene» annunciò Amelia in tono sbrigativo e deciso. Cominciò a saltare scavalcando l’elastico teso, mordicchiandosi il labbro e atterrando con i piedi esattamente nei punti previsti. Alla fine, saltò fuori dall’area di gioco senza neppure sfiorare l’elastico.
«Adesso tocca a me» disse Katie speranzosa.
«No, non tocca a te» ribatté Amelia. «Non sai come si gioca all’elastico?»
«Nella mia classe» disse Katie, inarcando espressivamente le sopracciglia «giochiamo in modo che ognuna di noi faccia un giro. Una dopo l’altra. Mrs Tully dice che è il sistema più giusto.» Amelia non rimase molto colpita.
«È il sistema che si usa solo con i più piccoli» dichiarò. «Da noi la persona che salta va avanti finché non sbaglia.»
«Ma tu non sbaglierai mai!» protestò Katie. Si grattò la gamba nel punto dove l’elastico l’aveva stretta troppo.
«Invece mi capiterà, prima o poi» disse Amelia gentilmente. «E comunque» aggiunse «sai già che dopo toccherà a te: non credo che la sedia voglia giocare.» Katie guardò la sedia, benevolmente immobile sull’erba, e ridacchiò.
«Potremmo chiederglielo» iniziò a dire. Ma Amelia aveva già ricominciato a saltare.