
La cena di Natale di Io che amo solo te è un libro scritto da Luca Bianchini, pubblicato nel novembre del 2013, si tratta del seguito di ‘’Io che amo solo te’’, scopriremo che fine hanno fatto i suoi indimenticabili protagonisti con le loro nuove avventure.
“Capì che il suo cuore non era cambiato di un battito.”
Trama del libro La cena di Natale
È la vigilia di Natale, e l’aria è quella di sempre: tutti più romantici, più buoni e – ovviamente – più isterici. A Polignano a Mare, però, la magia delle feste ha un tocco in più: la neve. Sì, la neve, che trasforma il paesino in una cartolina perfetta e in un campo di battaglia tra chi ha le gomme termiche e chi no.
Ma la vera scossa della giornata non arriva dal meteo, bensì da casa di Matilde. Don Mimì, suo marito, decide di riscattare mesi di distrazioni con un colpo di scena: un anello con smeraldo che sembra uscito da un catalogo dei sogni. Matilde, manco a dirlo, è su di giri. E cosa fa una donna su di giri a Natale? Improvvisa un cenone, ovviamente. Per quella stessa sera. Nella loro casa mastodontica, ribattezzata il “Petruzzelli”, con un albero di Natale alto quattro metri e luminarie che farebbero invidia alla Tour Eiffel.
Ma non è solo una cena. È un duello. L’obiettivo è chiaro: sfidare Ninella, la consuocera, il primo grande amore di gioventù di Don Mimì. Sì, Ninella, che a 50 anni tiene ancora la testa alta come una guerriera spartana. Però, si sa, anche le guerriere hanno le loro debolezze: la tinta “biondo champagne” che le sbaglia i toni e le sicurezze. Nonostante tutto, Ninella rimane splendida, perché certe donne brillano di luce propria, anche quando la tinta non collabora.
“E la calma sembrava essere calata all’improvviso su Polignano, che vista dal mare era il più bello dei presepi. Le donne avevano iniziato a prepararsi con anticipo per la messa di mezzanotte e, soprattutto, per il grande pranzo del 25. I vicoli, malgrado il freddo, profumavano di soffritto. Solo la famiglia Scagliusi aveva deciso che si sarebbe dovuto festeggiare con un cenone anche quella sera.”
Quella sera, la tavola di Matilde sarà un’opera d’arte kitsch, una di quelle dove ogni posto è una potenziale bomba a orologeria. Tra i commensali ci sono Nancy, la diciassettenne ancora vergine, che guarda tutti con l’aria di chi sta aspettando la fine del mondo o l’inizio di qualcosa di meglio; Dora, la zia con tendenze leghiste e opinioni a tema Natale che nessuno ha il coraggio di contraddire; Chiara e Damiano, una coppia sull’orlo del dramma, visto che lui potrebbe aver messo incinte due donne (e la cosa non sembra preoccuparlo troppo); e Orlando, il ragazzo gay con un talento nascosto per il lettering, che ha passato il pomeriggio a scrivere a mano undici menù. Ah, e cosa c’è scritto su quei menù? Il piatto forte: il “supplì con la cozza tarantina”, rigorosamente preparato con il Bimby.
La serata promette bene, tra cocktail di gamberi che gridano vendetta, regali palesemente riciclati, frecciatine che volano come coriandoli e risate che servono a nascondere imbarazzi e tensioni. Ma il colpo di scena arriva puntuale: l’anello di Matilde, quello smeraldo che ha scatenato tutto, sparisce nel nulla. E all’improvviso, tutti diventano sospetti.
Tutti, tranne Ninella e don Mimì. Perché a loro, della cena, dei menù e dell’anello, non interessa niente. L’unica cosa che conta è essere seduti uno accanto all’altra, come se il tempo si fosse fermato, almeno per una sera.
“A Bari era nevicato un po’ meno. La neve si era mischiata alla pioggia creando una poltiglia sulle strade che rendeva più complicata la corsa agli ultimi regali.Alcune signore, in realtà, non vedevano l’ora di tirare fuori le pellicce che, dopo le varie ondate animaliste, erano tornate in auge, e quindi “perché lasciare a casa quella volpe argentata?”. Così, più che a Bari, quella mattina sembrava di essere a Cortina d’Ampezzo. Le più convinte, a dir la verità, avevano già prenotato la settimana bianca subito dopo il Natale con tanto di maestro di sci, perché è inutile indossare una tuta termoriflettente se poi vai a spazzaneve.”
Il racconto, pur non raggiungendo le vette del romanzo precedente, riesce a strappare sorrisi e a regalare momenti di leggerezza. Breve, ironico e colorato, è una commedia che mette in scena con vivacità i preparativi per il cenone di Natale, soprattutto in quel Sud dove le tradizioni diventano spettacolo. Non mancano però tocchi più profondi e umani, che danno spessore a una trama altrimenti frivola.
I personaggi, è vero, sembrano a tratti caricature di se stessi, ma è proprio questo il loro punto di forza: chi li ha già conosciuti li ritrova con piacere, in tutta la loro esuberanza. Essendo un seguito, è consigliabile leggere prima il romanzo precedente, ma anche preso singolarmente riesce a intrattenere con la sua leggerezza e il suo humor. Una lettura che, senza troppe pretese, fa bene all’umore.
Se dopo volete rimanere ancora un po’ insieme ai protagonisti potete proseguire con la lettura del terzo libro di questa serie “Baci da Polignano“.
Nel 2016 è uscito l’omonimo film diretto da Marco Ponti, con gli stessi favolosi attori di “io che amo solo te”, uscito nel 2015: Riccardo Scamarcio, Laura Chiatti, Michele Placido, Maria Pia Calzone, Antonella Attili, Eugenio Franceschini, Antonio Gerardi, Veronica Pivetti, Eva Riccobono, Dario Aita, Giulia Elettra Gorietti, Uccio De Santis, Crescenza Guarnieri, Ivana Lotito.
Dopo Io Che Amo Solo Te tornano le emozioni, le risate e le furie dei personaggi creati da Luca Bianchini, che ritroviamo ancora insieme nel film La Cena di Natale. Nella splendida Polignano a Mare imbiancata della neve, saranno ancora più agitati del solito: tra isterismi, introvabili capitoni, test di gravidanza, ansiolitici, ascensori bloccati, anelli scomparsi, ritrovamenti e colpi di scena, ne succederanno di tutti i colori.
Incipit di La cena di Natale
La neve era arrivata senza avvisare nessuno.
Era scesa nella notte, furtiva e lenta, adagiandosi sui tetti, nei vicoli, sopra gli scogli lontani dalla riva. Polignano si era svegliata sotto un velo bianco da sposa, che la rendeva magica, poetica e soprattutto scivolosa. Solo al mare non interessava. Si mangiava i fiocchi come popcorn, con la presunzione di essere uno spettacolo difficilmente sostituibile.
Fu proprio quello a ingannare Ninella, quando si svegliò in preda alla solita insonnia e aprì le persiane.
Vide il blu e si rasserenò, anche se il cielo era un po’ troppo opaco per i suoi gusti. Lo osservò meglio e notò che qualcosa si muoveva nell’aria: «Mamma mè… nevica» disse, e per un attimo tornò bambina. Si ricordò di quell’anno in cui la scuola aveva chiuso una settimana e lei se n’era restata in casa a guardare la finestra dicendo: «Ma al mare non si appiccica».
Per Ninella era quella la neve. Certo negli anni successivi non si sarebbe messa in macchina per andare a vederla a Monopoli, come avevano fatto alcuni compaesani. Lei si spostava a Monopoli solo per Mondo Mocassino.
Da quando aveva fatto pace con la signora Labbate era diventata una cliente affezionata del negozio. Che poi, lei, di comprare le scarpe non era proprio capace. La prendeva una strana agitazione e non capiva mai se la misura era quella giusta. Stava da sola a camminare davanti allo specchio, per convincersi, finché la commessa giungeva in soccorso con la frase: «Comunque dopo un po’ la scarpa cede». Lei, puntualmente, si fidava del consiglio e arrivata a casa se ne pentiva. Era talmente orgogliosa che non aveva nemmeno il coraggio di tornare indietro con lo scontrino, così ogni tanto regalava scarpe alle sue clienti, che per sdebitarsi consigliavano le amiche di farsi cucire i vestiti da lei. Del resto, era pur sempre la più brava sarta di Polignano.
Dal momento in cui aveva scoperto Mondo Mocassino era cambiata. Sembrava un’allegra Cenerentola di mezza età e appena il figlio della signora Labbate, Mario, la vedeva, la faceva subito accomodare sulla poltroncina dei clienti “vip”. Quella dove lui, come capocommesso, faceva sedere solo persone di un certo livello, dalla moglie del sindaco alle figlie del geometra Serripierri. Ma Ninella ormai era una di famiglia. Si sedeva sul suo trono, si rilassava e trovava ogni volta la calzatura adatta. Aveva capito che il segreto per la scarpa perfetta è non preoccuparsi mai della misura: se ci pensi troppo, vuol dire che è stretta. E, soprattutto, la scarpa perfetta non chiede mai di essere tolta, vorrebbe restare sempre attaccata ai tuoi piedi. Piedi che quella mattina erano ancora nudi, e iniziavano a sentire il gelo del pavimento e l’aria che entrava dalla finestra.
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